Capitolo trentaquattro - Parte due

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Lauren pov

«Camila, fermati. Dico davvero, ci stiamo allontanando troppo!» Inveii, cercando di aprire la portiera a suon di spallate.

«Lauren, piantala.» Disse con voce acerba, come se fossi io a far un torto a lei. «Ho detto che non intenzione di tornare indietro e non lo farò.» Si impuntò con severità, con la stessa autorevolezza che un padre mostra di fronte al proprio figlio.

«Ti rendi conto che può essere considerato rapimento? Potrei denunciarti per questo!» Le feci presente, additandola con estrema rigidità.

Speravo che la mia espressione indurita la facesse vacillare, ma il suo volto si contrasse in una risata genuina che mi fece perdere le staffe più di prima.

«Che cosa dico a Lucy? Se mi chiama, eh! Cosa le dico?» Cercai velocemente il telefono dentro la borsa, non sicura di quello che ci avrei fatto una volta trovato.

«Dille che non tornerai al matrimonio e che vi rivedrete domani in aeroporto.» Scrollò le spalle con noncuranza, facendolo sembrare un problema banale.

«Certo, un'ottima spiegazione sì.» Dissi sarcastica, sbuffando infine infastidita dal suo comportamento menefreghista.

L'auto sobbalzò sullo sterrato, superammo difficoltosamente alcune buche e Camila, una volta imboccata la strada principale, riprese a far correre la macchina.

«Almeno sai dove stiamo andando?» Chiesi, arrendendomi al fatto che fosse lei a comandare la situazione.

Non avevo via di fuga, né possibilità di replicare perciò sarebbe stato meglio lasciarsi trasportare dal positivismo che farsi prendere dal panico, cosa che inizialmente avevo fatto.

«No, ma un posto lo troveremo.» Abbassò leggermente il collo per squadrare le montagne rocciose accanto a noi, controllò meticolosamente i cartelli stradali, ma ogni volta drizzava le spalle e scuoteva la testa, per niente convita delle opzioni che offriva il posto.

«Un posto per cosa?» Chiesi infastidita.

Camila mi rivolse un'occhiata maliziosa, alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso e si limitò a tacere e tornare a guardare la strada.
Da dove veniva tutta questa spavalderia?

«Questo vestito è dannatamente sexy.» Mormorò sensualmente, poggiando la mano sulla mia coscia.

Accarezzò il tessuto, premendo leggermente il palmo contro di esso per sentire maggiormente la pelle. Le sue dita percorsero il mio interno coscia risolute e io già mi contorcevo sotto il suo tocco. Toccarono l'inguine e quando i polpastrelli sfiorarono il mio centro, un'ondata di calore mi traversò tutto il corpo, infuocandomi.

Puntellai le unghie contro il sedile, catturai il labbro inferiore fra i denti stringendolo fino a sentire il sapore del sangue riversarsi sulla mia lingua. Spinsi la testa contro lo schienale, girandola verso il finestrino. La sua mano, adesso, aveva preso a sfregare contro le mie mutandine con insistenza e il mio corpo veniva squassato da fremiti e brividi che inumidivano maggiormente la mia intimità.

«Ba-basta.» Balbettai, serrando le palpebre con forza per scacciare quelle sensazioni dirompenti.

«Huh?» Mugolò lei, pretendendo di non aver afferrato il concetto per colpa della mia voce troppo alterata dai respiro affannosi per poter essere compresa.

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