Capitolo quarntuno

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Lauren pov

Shanghai era una bella città. Un po' troppo congestionata forse, ma d'altronde cosa ci si può aspettare da un'ipermoderna metropoli?

La macchina ci scortò direttamente davanti all'albergo, nonostante il raggruppamento di fans davanti alla porta principale, riuscimmo ad entrare nelle nostre stanze nel giro di tre quarti d'ora. Il jet-leg giocava a mio sfavore. Non avevo chiuso gli occhi neanche per un secondo.

Mi ero goduta lo spettacolo. E non parlo solo delle nuvole, dei paesaggi che sorvolavamo, delle vette che si intravedevano... No, mi riferisco anche a Camila.
Assorta in un sonno pesante, con la testa affondata nel cuscino, i capelli disordinatamente ricadenti sul tessuto bianco, il naso immerso dentro la piuma e le labbra leggermente schiuse. Anche se avesse lasciato una sbavatura sulla fodera, l'avrei comunque trovata una cosa adorabile.

Era così bella che mi ero dimenticata del panorama che si dipingeva fuori dall'oblò, fin quando Dinah mi aveva colta sul fatto e sorridendo maliziosamente mi aveva costretta a distogliere lo sguardo. Per le restanti nove ore -il tempo che Camila era rimasta fra le braccia di Morfeo- avevo faticato per non guardarla, distraendomi con le cose più banali.

Al suo risveglio avevo tirato un sospiro di sollievo: adesso potevo spostare indisturbata lo sguardo su di lei perché magari stava parlando.
Avevo notato come le sue labbra si muovessero diversamente da quando dialogava a quando si esibiva. Durante la conversazione la bocca tendeva ad assumere un ritmo veloce, gli angoli si increspavano fra loro a volte e lei ci passava la lingua. Mentre cantava, invece, le labbra si muovevano più lentamente, più graziose, più passionali.

Un pensiero soggiunse in me: chissà se lo stesso meccanismo era applicabile ai baci. Voglio dire, aveva toccato le labbra di Chelsea allo stesso modo in cui catturava le mie? Le aveva mosse allo stesso ritmo? Aveva coordinato i movimenti in maniera più meccanica, oppure l'aveva baciata con la stessa spontaneità che usava con me?
Insomma... Eravamo state tutte e due un dialogo, oppure io ero la sua canzone?

Ci cimentammo in tre ore interrotte di prove, fra coreografie, vocalità, gorgheggi, eccetera...
Dopodiché la serata su sgombra da impegni.
Ci eravamo riunite nella camera da Dinah per discutere dei piani per quella sera, ma avevamo tutte idee controverse e prendere una decisione risultò più difficile del previsto.

Mentre le ragazze bisticciavano, io ero seduta a sorseggiare acqua. Camila si era allogata sull'altra poltrona, di fronte a me.
Teneva le gambe incrociate, la testa leggermente reclinata ed ebbi l'impressione che mi stesse fissando da un po' ormai.

I suoi occhi mi rendevano nervosa, anche durante le interviste era successo che mi sentissi estremamente imbarazzata a causa di quelle iridi color cioccolato che avevano sfiorato più volte il mio corpo.

Abbassai lo sguardo, giocando con il tappo della bottiglietta di plastica che brandivo fra le mani, la quale mi resi conto di aver stretto eccessivamente, piegandola su se stessa.

Accidenti a te Camila. Pensai.

Inspirai a fondo cercando di ritrovare un minimo di pudore, ma quando rialzai gli occhi e vidi che era ancora intenta a vagliarmi -oserei direi a mangiarmi- con il suo sguardo linceo, non potei fare a meno di avvertire una scossa partire dal mio basso ventre, percorrere la mia spina dorsale alla velocità della luce e soffermarsi sulla nuca, dove si tramandò in tutto il mio corpo sotto forma di pelle d'oca.

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