Capitolo trentotto

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Camila pov

«Quindi... niente pranzo introduttivo per Chelsea.» Disse Sofia, allungando le labbra in un ghigno che la diceva lunga, come se avesse appena vinto una partita che era sicura di aver in pugno già dall'inizio.

«Come l'ha presa?» Indagò, distendendosi a pancia in giù sul letto, gomiti poggiati sul materasso, mento sui palmi, caviglie intrecciate a mezz'aria.

«Credo che se l'aspettasse.» Ripiegai ordinatamente una maglietta, assicurandomi che i bordi delle maniche coincidessero fra loro, dopodiché la riposi nella valigia.

«Da quando ci siamo riviste all'aeroporto, qualche settimana fa... Si percepiva che fra noi c'era qualcosa di diverso.» Contrassi i muscoli facciali, cercando di trovare un termine più significativo, ma non mi venne in mente niente. Diverso era la definizione giusta.

«Certo!» Scattò lei, dipingendosi un sorriso sul volto «Veleggiava la presenza degli ormoni che Lauren aveva lasciato su di te.» Mosse le dita delle mani, facendo una smorfia facciale, come se stesse ricreando l'idea di un fantasma.

«Ma sta' zitta!» La colpì col cuscino sulla guancia, scompigliandole i capelli. Reciprocò con lo stesso ringraziamento, sferrando un colpo ben assestato sulla mia fronte.

«Quindi adesso... tu e Lauren, si insomma... sai...» Gesticolò, cercando di smussare la sua innata timidezza.

Sospirai. Compresi i pensieri speranzosi, e al contempo confusi, di Sofi. Con la mano picchettai sulla sua spalla, inducendola a farsi più in là. Mi sistemai accanto a lei, ma assumendo la posizione contraria alla sua, supina.

«Non lo so. Abbiamo deciso di prenderci questa settimana di tempo, di vedere come vanno le cose, se ci sentiamo pronte a fare questo passo.» Spiegai, fissando il soffitto. C'era ancora l'impronta della suola della scarpa che Sofia aveva lanciato durante una litigata con la mamma. Aveva marchiato l'imbiancatura con una Lelli Kelly e ne andava ancora fiera.

«E come farete capirlo se non vi siete nemmeno sentite?» Domandò, aggrottando le sopracciglia. Voltai lo sguardo su di lei, spostai una ciocca di capelli che le era ricaduta sul volto, appuntandola dietro l'orecchio.

«Suppongo che certe decisioni scaturiscono proprio in base alla distanza.» Mormorai, giocando con la ciocca castana dei suoi capelli ancora intrecciata fra le mie dita.

«Ah sì? Mh...» Risultò pensierosa «Forse dovrei chiedere una pausa di riflessione a Jonas. Magari anche a noi la distanza farà bene.» Mi sforzai di non ridere, catturando il labbro inferiore fra i denti e sopprimendo la risata con grugniti.

«Alla vostra età avete già problemi di coppia?» Mi rigirai sul fianco, poi a pancia giù e raggiunsi l'altezza del suo sguardo.

«Già.» Sbuffò infastidita, abbassando gli occhi sul piumone colorato che la nonna aveva comprato per lei a Natale «Jonas dice che gli piaccio, ma lui è già fidanzato. Non voglio intromettermi fra loro, sembra una brutta cosa... Però lui è così carino e noi ci siamo baciati. Io...» Improvvisamente si interruppe, girò lentamente la testa verso di me e notando il cipiglio apparso sul mio volto, si rese conto di quanto quella storia rassomigliasse alla mia attuale situazione.

«Argh... Sofi.» Portai le mani sulla faccia, nascondendola in esse, e mi lasciai cadere in un tonfo di schiena sul materasso.

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