Capitolo 42

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'Siamo diversi e il risultato è una scultura, non un quadro.'

Il giorno successivo era un lunedì piovoso e con grandi nuvoli neri nel cielo.

Railey decise di non andare a scuola e di rimanere tutto la mattina stesa sul letto, ignorando i messaggi di Tess e August e le chiamate di Trevor.

Mentre si cambiava le cadde un foglietto dalla tasca dei pantaloni.

Lo afferrò e lesse un indirizzo scritto con una calligrafia piccola e tondeggiante.

Si morse il labbro inferiore, afferrò un paio di jeans puliti, una maglia e scese.

-Esco- annunciò sbattendosi la porta dietro di se ed entrando nell'auto di Tiana.

Partì inserendo sul navigatore la destinazione.

Riuscì in mezz'ora ad arrivarci, era un edificio grande e di un color rosso mattone, una grande scritta diceva 'Helmore'.

Parcheggiò lì difronte e suonò al campanello accanto al cancello che racchiudeva un grande giardino con alcuni bambini che giocavano.

-Salve, come posso aiutarla?-

-Sto cercando un mio parente che è stato qui pochi anni fa-

-Entri- le rispose la voce al citofono.

I due uomini di guardia le aprirono il cancello.

Si guardò attorno constatando che i bambini in quel luogo erano tenuti bene, o almeno così pareva.

Giocavano, chi insieme chi da solo, non mancavano giochi, altalene e casette in legno.

La accolse una signora di circa cinquant'anni, un vestito blu lungo fino alle ginocchio e un sorriso accogliente sul viso.

-Buogniorno, io sono Meredith Helmore-

Le porse la mano che Railey strinse leggermente.

-Railey White-

-Le serviva qualcosa signorina?-

-Si, in realtà 20 anni fa mio zio ha abbandonato un bambino in questo luogo e prima di morire mi ha chiesto di trovarlo e spiegargli alcune cose. Il bambino si chiamava Gabriel Smith-

-Mi dispiace ma non sono autorizzata a fornire dati personali- si scusò la donna con un'espressione mortificata.

Railey iniziò ad innervosirsi.

-Mi aiuti, la prego. Mio zio si chiamava Jeremy Smith, controlli negli archivi o dove vuole, ma mi aiuti-

-Non posso, mi dispiace molto-

-Fanculo- sbottò dandole le spalle e uscendo a falcate dal giardino.

Rientrò in auto e appoggiò la fronte al volante sospirando profondamente.

Inalò un po di ossigeno dalla bomboletta per l'asma e la lanciò nella borsa.

-Vaffanculo- urlò.

Trasalì sentendo bussare al finestrino.

Si voltò incontrando lo sguardo di una donna piuttosto anziana e paffuta, con i capelli infilati in una retina e un grembiule.

Abbassò il finestrino.

-Che vuole?- chiese scontrosa.

-Ho sentito la sua conversazione con la signorina Helmore, vorrei parlare, io so di Gabriel, se me lo permette le racconterò tutto-

-Certo, andiamo in quel bar laggiù?- propose Railey ansiosa.

La donna annuì mentre lei scendeva dall'auto, la chiudeva a chiave e la conduceva in un piccolo bar.

Si sedettero e Railey ordinò due tazze di cioccolata calda.

-Allora, può raccontarmi?-

-Gabriel è praticamente nato nell'orfanotrofio Helmore, arrivò quando aveva solo un mese di vita. Era un bambino così allegro e vivace, combinava un sacco di pasticci e le numerose tate che abbiamo non erano in grado di stargli sempre appresso. Era affetto da imperattività e questo gli causava problemi nei rapporti con gli altri. Col tempo, crescendo, iniziò a chiedere sempre di più dei suoi genitori, finchè all'età di 9 anni Meredith gli raccontò tutto, come agli altri bambini. Gabriel non la prese bene e divenne un bambino sempre più cupo, senza amici. La situazione peggiorava man mano che una famiglia dopo l'altra lo riportavano dopo pochi giorni averlo adottato. Non lo volevano per la sua diversità, preferivano bambini più piccoli. Appena compiuti 16 anni era pronto ad andarsene, ma Meredith non lo permise poiché il padre naturale del ragazzo aveva scritto una lettera su cui diceva che non gli era permesso di uscire finchè non avesse compiuto 18 anni. Lo aveva fatto per permettergli di avere un tetto sulle spalle ma a quel tempo Gabriel non capiva.

Furono due anni infernali, ne combinava di tutti i colori finchè non gli fu permesso di uscire. Da allora è sparito e non si è fatto più vedere. Sai io ero la sua unica amica- rise asciugandosi le guance -ogni tanto capita a fare visita alla mia famiglia. E' come un figlio per me- concluse.

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