Dopo la domenica c'è lunedì

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Seduta alla scrivania mi tornano in mente le immagini di ieri.
Le sue mani su di me, la sua bocca, la lingua...
Mi sto eccitando solo con il pensiero.

No basta devo lavorare!

"Angelica?"
Mi volto e lui è li e mi chiama con a testa fuori dalla porta aperta di poco.
"Si?"
"Mi porti i fascicoli dell'albergo in Francia?"
"Si ok... emm ma quelli che sono giù nello sgabuzzino?"
"Perché ne hai altri da qualche altra parte?" Quanto mi da fastidio quando ad una domanda ti rispondono con un'altra domanda come se fosse una cosa ovvia.
Mi sto perdendo... "No io No. " rispondo.
"Perfetto allora sai dove è. " richiude la porta dietro di sé.
Mi alzo dalla mia scrivania.
Ho le gambe un pò intorpidite per essere stata più di due ore seduta.
Liscio la mia gonna a tubino nera e mi dirigo verso l'ascensore.

Fortunatamente non fatico troppo a trovare il fascicolo, sono stata brava nel mio lavoro.
Si ogni tanto mi faccio i complimenti da sola.
Lo prendo e torno di sopra.

Esco dall'ascensore e vedo una persona seduta alla mia scrivania girata di spalle.
Li per li non capisco chi sia.
Più mi avvicino però e più un senso di oppressione attanaglia il mio cuore.
Paura, ecco cos'è.
"Paola..." sussurro chiamando mia madre per nome. Non è mia madre da anni ho preso a chiamarla per nome.
La vedo alzarsi, e voltarsi verso di me. "Tesoro!" Mi parla con un finto sorriso stampato in faccia.
"Vieni fatti abbracciare."
Si avvicina, ma mi allontano dalla sua figura.
Mi disgusta, la sorpasso sistemandomi  verso la scrivania, non so perché ma avere un ostacolo tra di noi mi da un senso di protezione.
"Che vuoi?" Chiedo con disprezzo.
"Amore mio ho saputo che ti sposi! È un grande evento abbiamo tante cose da organizzare."
"Cosa?" Aspetta forse non ho sentito bene.
"Si, ho deciso di darti il mio aiuto. Insomma qualcuno che vuole prenderti! Organizzeremo un bel matrimonio."
No aspetta fammi capire, sta bastarda vuole partecipare alle mie nozze?
Quindi te lo sposi? Zitta voce lo sai che me lo sposo. Ma non permetterò a lei di rovinarmi una cosa bella.

"Forse non ti è chiara una cosa." Dico calma.
"Cosa?"
"Te non sei invitata."
"Cosa??" Eccola, era la nascosta. La sua faccia da stronza. Il finto sorriso è sparito. È tornata a guardarmi con cattiveria.
"Non hai capito ancora dopo tutti questi anni con chi hai a che fare? Te mi devi la tua vita brutta stronza! E lo pagherai per il resto della tua vita! Ringrazia di aver trovato un idiota che ti si prende anche sapendo che sei una nullità!" Urla sputandomi tutto il suo odio.

Per la prima volta realizzo.
Per la prima volta non mi fa male.
Per la prima volta so che sbagliano.
Per la prima volta ho persone che mi vogliono bene davvero.
Davide, Sara, Anna, Henry... e si pure Matt a modo suo...
Per la prima volta la mia paura, la mia ricerca di una loro approvazione si trasforma in odio.

La lascio parlare, la lascio sfogare tutta la sua cattiveria.
Giro intorno alla scrivania, mi trovo di fronte a lei che mi urla che sono solo una puttana.
Un unico gesto. Un gesto che non avevo mai fatto prima, che non avrei mai osato fare, per paura, terrore, ripercussioni. Ma non mi importa più adesso sono pronta, sono pronta come non lo sono mai stata in vita mia a combattere, voglio combattere per me stessa, per la mia vita, per ciò che ho di più caro e si per la mia sanità mentale.
Uno schiaffo risuona nella stanza.
Il tempo sembra fermarsi.
I rintocchi dell'orologio si fanno più lenti, l'aria intorno a me si ferma, la porta dell'ufficio di Davide si apre molto più lentamente del solito.
Poi come se niente fosse il tempo torna a scorrere normalmente.
La porta si apre, le lancette rintoccano il minuto passato, l'aria converge verso il la guancia di quella che non è mia madre. Sbarella, si aggrappa alla sedia ma scivola e cade.
Ed in quel momento la vedo davvero.
Con i capelli troppo rossi per lei, chili di cerone a tentare di coprire le sue rughe, le sue forme dure e calanti, le vene delle braccia troppo verdi.
Il trucco sempre perfetto ora sbafato, il suo rossetto, troppo rosso, uscito fuori dalle labbra.
Tutte le botte che mi ha dato, tutte le cinghiate che ho preso da lei... avrei voluto tante volte essere io a darle a lei. Ed ora invece.... quell' unico schiaffo mi fa capire.
Non sprecherò neanche il mio odio per lei.
Davide si avvicina.
Non parla, prende la mia mano. Ho conficcato le unghie nella carne, l'adrenalina sta scemando.
"Neanche odio provo più per te, mi fai solo pietà, pietà perché ti sei scavata la tua fossa da sola, pietà perché avresti potuto avere una figlia che ti amava. Ma una figlia non ce l'hai adesso lo so, perché sei te la nullità. Sei il nulla per me. Non ho più paura di te. Non ho più paura delle tue minacce e le tue parole non possono più ferirmi.
Se ti rivedo ancora qui, o se tornerete a cercarmi... sappiate che sarò pronta."
Guardo Davide che fa un cenno a due uomini, che senza accorgermene si trovavano nella stanza.
Si abbassano aiutano la donna ad alzarsi e la portano fuori dal palazzo.

Vedo due forti braccia che mi stringono a se è mi rilasso.
Mi bacia la testa.
"Voglio prendere lezioni di autodifesa" gli dico.
"Ok piccola." Risponde.
"Sono seria." Ribadisco.
"Lo so... e sarò io ad allenarti. Quindi preparati perché non sono tanto buono."
"Ahahah... perfetto! Da quand'è scusa che sei anche un istruttore?"
" Piccola ci sono ancora tante cose che non sai di me.... "
Mi mordo il labbro. "Allora voglio conoscerle."
"Ok... Ma non farlo!"
"Non devo fare Cosa?" Chiedo.
"Non morderti il labbro in quel modo o non risponderò più delle mie azioni."
Mmm. Un calore al basso ventre si spande, voglio sfidarlo.
Continuo a mordermi le labbra, guardandolo negli occhi.
Prendo la sua mano e la sposto sul mio culo.
Sorride e finalmente mi bacia.

Io sono (Conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora