7 Settembre 2021
Mario dormiva sempre con la luce dell'abat-jour accesa. Non riusciva più a stare al buio. Di notte i suoi mostri prendevano forma e gli tormentavano i sogni. Così si rifugiava in un mondo di luce, in cui non esisteva la paura. In cui non esistevano il terrore, la malvagità, la morte.
Era un mondo che si era inventato per sopravvivere, quello a cui non riusciva a credere per davvero, ma di cui non poteva più fare a meno per poter finalmente riposare.
Forse non dormiva per davvero da quando aveva smesso di addormentarsi con la luce spenta. Ma non aveva più spalle larghe a cui aggrapparsi quando il tormento diventava troppo lancinante. Non aveva più un corpo caldo a rassicurarlo, qualcuno che lo stringesse al chiarore della luna. Non c'era più Claudio, a tenerlo in vita anche quando la sua vita si stava lentamente esaurendo.
Da quando era tornato a Verona non aveva ancora messo piede a lavoro e, soprattutto, non aveva rivisto Claudio.
Il motivo per cui era tornato, aiutare il suo socio col nuovo software, sfumava sempre più, divenendo inconsistente. Forse non ci aveva mai creduto. Forse lui stesso aveva sempre saputo di non essere lì per quello.
In realtà aveva una voglia matta di rivedere Claudio, di osservare i cambiamenti del suo volto, la sua fisionomia identica a quella che ricordava - ne era certo - e tutto ciò che in quegli anni di lui si era perso. Aveva in mente solo lui, in quei giorni. Non poteva non pensare a quanto bene gli avesse fatto, nonostante tutto il male.
Non poteva evitare di chiedersi cosa sarebbe successo, se solo avesse potuto agire in modo diverso.
Claudio lo aveva sempre incolpato per la loro rottura. Eppure, come poteva non considerare di essere stato lui stesso a rivolgersi ad un altro amore, a guardare oltre quando le cose con Mario divenivano troppo complicate? Come poteva non rendersi conto che forse, in un mondo diverso, sarebbero stati perfetti insieme?
Aveva saputo soltanto addossargli tutte le colpe, e lui si era sentito riversare contro ogni responsabilità per la fine di quello che aveva creduto l'amore più grande che potesse mai vivere.
Era giorno. La luce dell'abat-jour era ancora accesa, ma Mario non aveva chiuso occhio.
Era a Verona da una settimana e non aveva ancora rivisto Claudio. Mancavano solo tre settimane al suo matrimonio.
Si stiracchiò nel suo vecchio letto ad una piazza e si ripromise di andar via da lì il prima possibile. Aveva trentun anni, non era più contemplato vivere a casa con i suoi.
Non che non amasse sua madre e suo padre, che avrebbero dato la loro vita per lui. Semplicemente, una volta ottenuta una propria indipendenza, era difficile privarsene in quel modo.
"Mario, la colazione è pronta!"
Sua madre aveva l'abitudine di preparargli il caffè al mattino. E anche il brutto vizio di svegliarlo per farglielo bere caldo, nonostante a Mario andasse di dormire ancora un po'.
Il sole penetrò attraverso le persiane e lui si costrinse a spegnere l'abat-jour.
Si alzò dal letto per raggiungere la cucina e, sbadigliando, prese posto a capotavola, dove ormai soleva sedere come ai vecchi tempi.
Sua madre sentì i suoi movimenti e si accorse subito della sua presenza, nonostante fosse ancora di spalle.
"Come va stamattina?", gli chiese con voce flebile.
"Bene, mamma."
La donna si voltò piano per guardarlo. "Quando hai intenzione di fare quello per cui sei venuto qui?"
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Non mi avete fatto niente
FanfictionOPERA PROTETTA DA COPYRIGHT. TUTTI I DIRITTI RISERVATI. Un avvenimento doloroso ha allontanato Mario e Claudio, due giovani ragazzi che si sono amati ardentemente. Nonostante le riserve Mario decide di tornare a Verona proprio in occasione del matri...