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Mario non ricordava più cosa significasse trascorrere un pomeriggio ad oziare insieme a Claudio. Eppure era stata una delle cose che aveva preferito, in un'altra vita. Allungò le gambe sul divano in una casa sconosciuta, con Claudio schiacciato contro il petto, il battito del cuore sempre più regolare, al contrario del proprio che aveva preso ad impazzare nella cassa toracica. Non avrebbe mai pensato di poter provare nuovamente quelle sensazioni. Gli sembrò di essere tornato ai tempi in cui era soltanto un ragazzino e stava sperimentando cosa significasse stare con un uomo. Ricordava la sensazione di avere un ragazzo sul suo petto, quel modo di guardare se stesso come se fosse fuori da sé, e la consapevolezza di essere diverso da come le persone lo vedevano. Diverso su tutti i fronti. Claudio lo aveva aiutato moltissimo a conoscersi meglio, perché era arrivato in un periodo della sua vita in cui la loro personalità era ancora tutta da definire.

E proprio in quel momento, mentre gli accarezzava piano i capelli sentendolo finalmente vivo sotto le sue dita, di nuovo vicino, di nuovo il suo Claudio, si rese conto di essere ancora quel ragazzino. Quello che aveva fatto tanto per seppellire in qualche parte nascosta del suo essere, ma che con Claudio riemergeva con forza, con prepotenza. Si era stancato di nascondersi, non aveva più alcun senso farlo. Era esausto, spompato. Aveva finito tutte le forze, e se ne accorgeva solo in quel momento, vedendo Claudio fermo sul suo petto, ormai lontano dal respingerlo. Sembrava essere di tutt'altro avviso, in quel momento. Non più intenzionato a trattarlo come se gli fosse indifferente. Si sentiva voluto per davvero, in quell'istante. Non era una suggestione del suo cuore.

"Claudio...?", provò a chiamarlo dolcemente.

"Sì?", gli rispose con voce sicura, finalmente più serena. Sebbene non sapesse cosa gli riservava il domani, come sarebbero finiti, che cosa Claudio avrebbe deciso, sembrava volergli urlare di esserci per lui. Sarebbe rimasto, sì. Avrebbe lottato fino alla fine per riaverlo, così come Claudio aveva fatto a suo modo negli anni precedenti anche quando a lui sembrava che non lo facesse.

"Come ti senti?", chiese cautamente. Non voleva invadere i suoi pensieri, ma avrebbe tanto voluto sapere i motivi per cui era stato male. Riusciva ad immaginarli, probabilmente, ma non ne era sicuro. Non riusciva a credere di poter stare così, ancora in bilico tra la vita e la morte. Quanta forza aveva accumulato senza neanche rendersene conto!

Claudio sospirò sul suo petto, mentre riceveva con arrendevolezza le carezze che Mario gli stava riservando, docile come non era mai stato ultimamente. "Come se mi avessero preso a botte.", gli rispose ridendo. Finalmente poteva vedere la luce in fondo al tunnel della mancanza. Claudio gli sembrava quello di sempre, quello che era stato suo e che conosceva bene come le sue tasche. Non aveva bisogno di frugarvi all'interno per sapere esattamente cosa vi fosse. Non aveva bisogno di guardare Claudio negli occhi per comprenderne lo stato d'animo. Gli bastava ascoltare il ritmo del suo cuore.

"Mi dispiace che tu sia stato male. So cosa significa.", si decise a dirgli, alla fine.

Fu allora che Claudio alzò la testa e puntò di nuovo lo sguardo nel suo. "No, Mario. No che non lo sai.", gli disse serio. "Non sai cosa vuol dire essere sull'orlo del precipizio, alla vigilia di un passo importante, e non sapere neppure se saltare nel vuoto o fare un passo indietro."

Mario si chiese a cosa si riferisse, e se avesse interpretato bene le sue parole. Era stanco di fare congetture, letteralmente esausto. E mancava così poco al matrimonio di Claudio che si chiese se ormai fosse già tutto segnato nel destino.

"Dicono che non bisogna mai fare un passo indietro, ma andare avanti sempre.", disse con voce ferma. "Dipende da cosa tu intenda con andare avanti."

Non mi avete fatto nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora