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Quando avevano accettato di partecipare alla cena per il compleanno di Andrea Claudio non si aspettava che sarebbe stato così difficile gestire la situazione. Per quanto fosse una persona equilibrata, che riusciva sempre a controllare le proprie emozioni, quella sera non riusciva a farlo.

Sapeva che tra lui, Mario e Francesco ci fossero tutta una serie di cose non dette. Il non detto fa paura, perché è da quello che possono nascere le incomprensioni. È il non sapere come agire che porta a sbagliare.

E Claudio, per carattere, tante volte non aveva saputo trovare il modo giusto per agire. Le sfide e le difficoltà lo avevano sempre spaventato, ma nei giorni precedenti, insieme a Mario, si era sentito forte. Non provava quella sensazione da quando si erano lasciati andare. Francesco gli aveva trasmesso la sicurezza che nel tempo aveva perso, ma non si era mai sentito così forte con lui.

Mario gli aveva dato tutto, ma si era anche preso tutto. La sua capacità di ragionare razionalmente, il suo tempo, le sue emozioni. Non era più disposto a perderlo, ma aveva ancora paura di lasciarsi andare. Per quanto fosse consapevole di amarlo, dirlo non gli riusciva. Con Mario vivevano in una continua lotta di potere, una cosa che li aveva portati alla distruzione, e che pian piano li aveva messi di fronte a una scelta: o continuare a distruggersi oppure cominciare a viversi. Avevano scelto la seconda. Mario aveva scelto per lui, in verità, proprio quando lui stesso aveva gettato la spugna. Non riusciva neanche ad immaginare la sua vita senza Mario, adesso. Erano stati insieme soltanto una manciata di giorni e già gli sembrava che non si fossero mai separati.

In quel momento, però, seduto al tavolo con tutti i suoi amici, con Mario distante da lui anni luce soltanto perché gli aveva chiesto di evitare che Francesco non venisse a sapere di loro - o almeno che non avvenisse subito, non in quel modo - si sentiva piccolo e inutile. Per non far male a nessuno stava finendo per far soffrire entrambi.

Eppure Mario lo sapeva, sapeva quanto fossero legati, non poteva non comprenderlo, non averlo ben presente dopo tutto quello che stavano vivendo.

Era stato incerto sul da farsi, era vero, ma questo solo perché il carattere di Mario e le loro diversità non gli avevano mai trasmesso una sensazione di sicurezza. E Claudio aveva bisogno di sicurezza, aveva bisogno di vivere una storia sapendo che dall'altro lato ci fosse qualcuno in grado di sostenerla, qualcuno capace di portarla avanti come lui stesso faceva. Mario non era così. O meglio, non era stato così in passato. Che fosse cambiato davvero?

Claudio lo osservò mentre mangiava dall'altro lato della tavola e gli fece un'infinita tenerezza. Lo vedeva lì, lontano da lui, così distante ma ancora così suo. Provava un senso di appartenenza tale che lui stesso ne era sconvolto.

Per qualche strana ragione riusciva a sentire quanto fosse arrabbiato con lui, eppure non aveva fatto niente. Era solo lì, seduto accanto a Paolo, con Francesco a pochi posti da lui, che ogni tanto gli rivolgeva la parola. E Mario fumava di rabbia. Rabbia, forse, per non poter dimostrare agli altri cosa c'era tra di loro, o magari solo perché non si aspettava di essere considerato come uno qualunque davanti agli altri. Probabilmente credeva che, alla fine, Claudio avrebbe ceduto, e in fondo era sempre stato così. Di fronte a Mario non c'erano mai stati rabbia, convinzioni, credenze che tenessero.

In quel momento però Francesco non meritava di essere trattato come sempre era accaduto. In quel momento Francesco meritava, almeno idealmente, un rispetto che Claudio non gli aveva mai riservato. E, alla fine, voleva essere se stesso.

"Ho bisogno di altro vino...", gli disse Paolo all'orecchio mentre lui si lasciava andare a una risata. "Non reggo questa noia.", fece riferendosi a Francesco che, insieme a Gianluca, parlava di lavoro. "Non lo ricordavo così palloso."

Non mi avete fatto nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora