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Claudio aveva cercato ogni modo possibile di evitare Mario in quei giorni.

Il tempo trascorreva così lentamente che pesava come interi mesi sulle sue spalle. Eppure non riusciva più a concentrarsi su nulla. Non poteva smettere di pensare al fatto che alla fine era stato Mario a cedere per primo a un altro. Era stato lui a decidere di sposarsi. Proprio lui che per anni lo aveva incolpato di essersi rifatto una vita. Lui che aveva tentato di tutto per riaverlo e che, d'un tratto e senza un reale motivo si era tirato indietro.

Claudio non amava rimuginare troppo sulle cose. Aveva imparato a chiudere determinati pensieri in un cassetto della sua mente che non tornava a trovare mai. Se solo avesse potuto, avrebbe continuato a ignorare il pensiero di Mario. Ma era la notte precedente al suo matrimonio, e in qualche modo la sua mente vorticava in cerca di risposte che non avrebbe mai ottenuto se avesse continuato a star seduto sullo sgabello del pub malandato in cui ultimamente si sbronzava con Paolo.

"È uno sbaglio, vero?", chiese sommessamente al suo amico evitandone lo sguardo. Mario era uno sbaglio, sarebbe sempre stato uno sbaglio per lui, ma non aveva ancora imparato a fare a meno di sbagliare.

"Cosa?"

Sentì la birra gorgogliare nella gola di Paolo, negli occhi un luccichio che ancora non riusciva a decifrare.

"Quello che sto pensando. Tutto quello che mi sto trattenendo dal fare. Mi sta tormentando.", sospirò stancamente portandosi una mano sul volto e osservando disgustato la birra da quattro soldi sedimentata sul fondo del bicchiere scheggiato che il barista si ostinava a utilizzare.

Non sapeva perché avevano preso a frequentare quel posto orribile. Forse solo perché era uno dei pochi luoghi di Verona in cui non era stato con Mario, e che quindi non glielo ricordava affatto. Uno dei luoghi in cui non avrebbe potuto incontrare nessuno di sua conoscenza, e in cui quindi non si sarebbe mai sentito giudicato.

"Non posso dirti se è uno sbaglio se non so a cosa stai pensando.", disse Paolo con sguardo furbo, come se in effetti lo sapesse.

Claudio si morse un labbro, la tensione talmente evidente sul suo volto da essere palpabile. Non sapeva dove sarebbe finito. Non si vedeva nel futuro.

Per il momento voleva soltanto che il giorno dopo passasse. Mario si sarebbe sposato e sarebbe stato tutto finito. Non desiderava altro che quello: che la tortura finisse.

"Paolo, se non mi fermi stasera faccio una cazzata.", si decise ad ammettere. Aveva paura di se stesso. Aveva resistito fino a quel momento, ma sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe avuto la possibilità di parlare con Mario per davvero lo fece sentire terribilmente spaventato. Dopo quel giorno non avrebbe potuto far nulla. Non sarebbe stato neanche in diritto di chiedergli spiegazioni sul passato. Mario sarebbe stato il marito di qualcun altro, e lui non avrebbe più avuto alcun ruolo nella sua vita. Sarebbe mai stata possibile una cosa del genere?

"Io ho bisogno che tu faccia una cazzata.", sospirò quasi annoiato il suo amico. "Tutto piuttosto che quest'inerzia."

Claudio trattenne il respiro. Com'era possibile che anche Paolo lo spingesse a fare qualcosa di inconsulto?

"Non ha senso che io mi presenti da lui e cerchi di impedire questo matrimonio. Noi... non siamo più niente da tempo."

Paolo scosse la testa lasciando una banconota sul bancone per poi alzarsi, come se fosse già con la mente altrove.

"Non aveva senso neanche che Mario ti cercasse quattro anni fa per impedirti di sposare Francesco."

Assurdo come il tempo volasse e, al tempo stesso, pesasse come secoli interi. Quattro anni. Erano già passati quattro anni.

Non mi avete fatto nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora