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24 Settembre 2021

Il fastidioso rumore del citofono lo raggiunse fino in camera da letto. Con le coperte tirate fin sopra la testa, Claudio stava cercando di nascondersi. Da chi, poi, avrebbe dovuto nascondersi, visto che era solo in casa, non avrebbe saputo spiegarlo. Probabilmente si stava nascondendo da se stesso, perché provare certe cose era diventato per lui un problema. Al suono del citofono comunque decise di alzarsi e trascinarsi fin nella cucina. Forse Francesco aveva sbollito la rabbia ed era tornato a casa.

Oppure poteva essere Mario? Claudio si sentiva di escludere quell'ipotesi per due motivi: la prima era che Mario non sapeva che Francesco non fosse in casa, la seconda era che lui stesso si rifiutava di illudersi di una cosa del genere.

Quando alzò la cornetta per rispondere si stupì di constatare che non si trattasse di nessuno dei due. Era Paolo.

"Aprimi, bestia.", gli disse con tono scherzoso, e Claudio non aveva voglia di combattere, non aveva voglia di protestare nonostante avrebbe preferito tornare nel letto e sparire sotto le coperte, così gli aprì il portone e poco dopo la porta d'ingresso.

Quando Paolo fece irruzione in casa sua con uno sguardo curioso ma attento Claudio seppe che non sarebbe più sfuggito a se stesso e al suo amico. Era arrivato il momento della verità.

Aveva provato a non pensare, a scollegare i pensieri, a fingere che fosse tutto come prima, ma non lo era. Non lo era mai quando Mario tornava nella sua vita. E quella volta sembrava davvero intenzionato a rovinargli i piani. Così gli bastò guardare Paolo per scoppiare in un pianto liberatorio.

Un pianto discreto, comunque. Claudio aveva sempre odiato le piazzate davanti agli altri.

"Non so che fare...", mormorò più a se stesso che a Paolo. Non aveva mai saputo, prima di quel momento, che dovesse prendere una decisione. E invece quella verità era sempre stata sepolta dentro di lui, evitata in qualsiasi modo gli fosse possibile. "Non so che fare, Pà. Sono nei casini."

Paolo lo guardò pieno di comprensione per poi accomodarsi in cucina e accendere una sigaretta. "Francesco non c'è?", chiese.

Claudio scosse la testa e si preparò a raccontargli tutto quello che era accaduto.

"Ho litigato di brutto con Francesco.", gli confessò. Non che ci volesse molto ad immaginarlo. "È furioso perché non sono tornato a casa a dormire, stanotte, e sono completamente scomparso. Ha ragione."

Paolo annuì appena. "Certo che ha ragione. Ma è capitato. Insomma, chiedigli scusa e spiegagli come è andata. In fondo non è successo nulla."

"Il problema è molto più radicato.", gli rispose subito Claudio stringendo gli occhi in un'espressione contratta. Dolore e angoscia. Non sapeva più controllare i suoi stati d'animo e gli impulsi del suo corpo. Si stava forzando, stava cercando di resistere dall'impazzire, ma prima o poi sarebbe scoppiato. D'altra parte non riusciva neppure a dire veramente addio a Mario. Come gli aveva detto, non poteva fare a meno di lui nella sua vita.

"Lo so.", si limitò a rispondergli Paolo, aspettando che fosse lui a proseguire.

"Ho paura di quello che potrò fare, delle decisioni che potrò prendere. Ho paura di quello che la mia mente sta elaborando e persino di quello che il mio cuore sta provando."

L'atmosfera divenne improvvisamente pesante, irrespirabile. Ma Paolo era suo amico, avrebbe compreso ogni suo sentimento, ogni affanno del suo cuore, ogni indecisione, paura, felicità.

"Non devi avere paura di questo, Claudio. Noi saremo sempre con te. Io, Rosita, la tua famiglia..."

"Quando si tratta di Mario ho paura sempre, lo sai.", gli confessò. Non c'era bisogno di aggiungere altro. Non c'era bisogno di raccontare tutto quello che stava provando. Paolo era la persona che lo conosceva da tutta una vita e non aveva bisogno che lui gli raccontasse ciò che stava vivendo. Gli bastava leggere nei suoi occhi per saperlo.

Non mi avete fatto nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora