Crescere

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Jareth poggiò la testa indietro e chiuse gli occhi. Quando li riaprì erano neri e profondi e guardavano lontano.

Su Nera, Morgana ebbe l'immediata sensazione di essere al centro dei suoi pensieri e pregò di avere abbastanza tempo per salvare il piano cardine.

La stanza era enorme. Enorme, luminosa e vuota. I ragazzi si guardarono intorno confusi.

"Perché siamo in una stanza vuota?", chiese Conro, subito guardato male dal fratello.

"Perché non è vuota, stupido. Usa il tuo dono", lo rimbrottò aspramente il gemello.

Conro sbuffò risentito, consapevole che il fratello avesse ragione. La verità era che a lui il suo dono stava stretto. Contrariamente al gemello, Conro non accettava il suo potere come un dono, ma lo subiva come una condanna.

Non voleva vedere. Non voleva sapere cosa gli altri pensassero o provassero nei suoi, nei loro confronti. Si era sempre sforzato di non mostrare la sua capacità, aveva cercato così tanto di sopprimerla che, per un attimo, era stato convinto di esserci riuscito.

Poi era arrivato Mordred. Con i suoi occhi verdi, i suoi riccioli neri e quel sorriso sempre presente sul viso. Mordred che non si era curato dei suoi modi bruschi, del suo carattere esuberante ma cupo e del suo sarcasmo sferzante, al contrario rideva alle sue battute, cattive o meno, rivolte a lui o meno.

E piano piano Conro aveva ricominciato a vedere. Suo malgrado.

E grande era stata la sua meraviglia, quando aveva visto per la prima volta ciò che viaggiava con Mordred. Ciò che viveva dentro di lui e sempre accanto. Non sapeva cosa fosse, ma sapeva che fosse potente e pericoloso e che Mordred sapesse a malapena di cosa si trattasse.

Mordred era un ragazzo solare, allegro e affettuoso, ma emotivamente fragile e fortemente insicuro. Quando però era in azione, quando era dentro il suo ruolo, Mordred, il Cacciatore, era una macchina da guerra. Era sicuro, preparato, attento, letale e aveva salvato la vita ai suoi uomini più di una volta.

Conro era sicuro che la sua capacità di avvertire il nemico, a volte anche prima che lo facesse Lucien, fosse opera della sua duplice natura, ma non aveva detto niente. Fino a che questa non si era manifestata, durante una rissa fra cadetti. Il ragazzo con cui stava litigando lo aveva spintonato con forza, mandandolo a sbattere contro Mordred ed in un attimo era successo. Mordred lo aveva spinto, facendolo volare dall'altra parte della stanza, ammutolendo tutti gli altri Cacciatori.

O almeno, questo era ciò che avevano visto gli altri. Lui aveva visto l'Altro incanalare la propria forza attraverso Mordred ed era questo che aveva colpito il ragazzo, che era svenuto ben prima di sbattere contro la parete. Fortunatamente Lucien non era presente, o avrebbe visto anche lui e Conro non lo voleva.

Mordred si era guardato le mani, sotto shock, aveva guardato tutti e nessuno, mormorando un "non volevo" così flebile che in pochi avevano sentito. Conro si era girato verso gli altri cadetti.

"Cosa state facendo lì impalati? Portatelo da Joris, immediatamente, io mi occupo di Mordred".

Nessuno aveva obiettato. In definitiva, Conro era un cadetto di ottavo e futuro colonnello, lo sapevano tutti, il che scatenava forte invidia da parte di alcuni di loro, dato che era molto più giovane della media, come lo erano tutti quelli della sua Squadra. I Cacciatori solitamente facevano gruppo, ma il fatto che loro fossero giovani, potenti e che Mordred facesse parte della famiglia fondatrice della Lega, non aiutava.

"Non volevo", sussurrò Mordred, guardando Conro spaventato "io...starà bene? Dobbiamo andare a controllare, Conro, non sono stato", poi si fermò, irrigidendosi e fissandolo ansioso.

NERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora