Capitolo 3

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Pov's Martina
Sto ascoltando "Mi ricordo un po' di me", la mia canzone preferita dell'album, quando mi sento toccare la spalla. Mi giro e la vedo, in tutta la sua bellezza, e noto gli occhi un po' stanchi ma che non hanno perso quel luccichio di qualche ora fa, lo stupore nel vedere così tanta gente, e nemmeno la gratitudine. Mi tolgo le cuffie e lei mi abbraccia, poi si stacca e mi sorride. Credo di non riuscire a respirare, è così bella e così vicina, troppo vicina.
<Come è andata? Tutto bene?> le chiedo per rompere un po' il ghiaccio e, mentre camminiamo, mi racconta le sensazioni che ha provato, della bambina di 6 anni che non si voleva staccare da lei, di un ragazzo che le ha portato disegno bellissimo, e dell'amore che sentiva nell'aria, <che vorrei mantenere vivo>, ha aggiunto.
<Sono sicura che ci riuscirai, si vede che ti piace quello che fai e alle persone arriva soprattutto questo lato di te, sai di voci belle in giro quante ce ne sono?Se bastasse solo quello saremmo tutti dei cantanti professionisti> cerco di rassicurarla esprimendo ciò che penso.
<Era proprio ciò che avevo bisogno di sentire, grazie mille Bibi> mi risponde regalandomi uno dei più bei sorrisi che abbia mai visto.
<Di nulla, comunque mi chiamo Martina> le sorrido anche io
<Bel nome, ma Bibi mi piace di più> mi fa l'occhiolino e sono sicura di essere diventata un peperone. "Bibi", bel nomignolo, scelto da una come lei, e detto con la sua voce. Potrei abituarmici.
Ci sediamo su una panchina e tiro fuori i cornetti dallo zaino, parliamo un po' e mi chiede un po' di me.
<Non c'è niente di interessante da sapere> cerco di convincerla a cambiare discorso, fallendo.
<Secondo me sì, dai dimmi qualcosa> continua.
<Ho 19 anni, vivo a Torino, studio canto da due anni, odio stare in mezzo alla gente, mi fa sentire in imbarazzo, e non mi lego quasi mai a nessuno. Come ho già detto, niente di interessante> le rispondo, alzando un dito ad ogni cosa che dico.
<Invece a me interessi. Mi sembri una di quelle che si convince di essere una roccia, ma poi è dolce> risponde lei, quasi leggendomi dentro. Ed io mi perdo in quell'anima così grande, nelle sue capacità di comprendere ed immedesimarsi negli altri, nei suoi occhi stretti come fessure mentre cerca di comprendere ogni piccola parte di me, che per anni hanno tutti allontanato.
<Con le persone giuste so aprirmi, quello sì, ma preferisco essere me stessa solo quando canto> ammetto, consapevole di non poter né voler mentire.
<Beh la musica è una grande arma, poi mi farai sentire qualcosa di tuo?> mi chiede
<Te lo scordi Gà, sai che vergogna? Non scrivono né cantano tutti bene come te> le rispondo ridendo, sperando che lasci stare quest'argomento.
<Ti convincerò, sarò una di quelle persone giuste con cui aprirti> mi fa l'occhiolino e sento di svenire, è veramente troppo bella.
Mentre mangia il cornetto, mi fa una domanda che non mi sarei mai aspettata di ricevere
<A ragazzi come va? Sei fidanzata?> rimango spiazzata, ma cerco di essere il più naturale possibile. Se sapessi ciò che penso su di te, capiresti che i ragazzi non sono proprio il mio genere.
<Sono tutti dei coglioni, infatti a me piacciono le ragazze e no, non sono fidanzata. Tu?> cerco di buttarla sul ridere
<La penso esattamente come te. Le ragazze sono molto più fighe e intelligenti, nei ragazzi queste due cose sembrano non poter combaciare> mi risponde e quanto vorrei essere una tra quelle ragazze fighe di cui parla.
<Mi piace come ragioni, Gozzi. Sapevo di poter contare su di te> le dico ridendo e lei mi segue.
Questo momento è interrotto dal mio telefono, è la quarta chiamata che mia madre mi fa, ma non ho voglia di rispondere. Sotto lo sguardo di Gaia attacco il telefono senza rispondere e lei mi guarda come se volesse sgridarmi
<Bibi rispondi, no?> mi dice
<Non mi va> le spiego che è mia madre che sicuramente vorrà sapere dove sono, perché non torno e che non posso fare come voglio.
<Sa che sei qui per me?> mi chiede dubbiosa, quasi impaurita dalla mia risposta. Ma chi potrebbe mai nascondere una come lei?
<Certo che lo sa> la rassicuro e vedo quasi una luce nei suoi occhi accendersi
<Allora dille che sei con me, dopo ti accompagno in stazione, ho la macchina> stavolta è lei a rassicurare me ed io la guardo per capire se sta dicendo sul serio, in risposta mi sorride. Richiamo mia madre che scazza al telefono, le dico che sono con Gaia, che mi accompagnerà in stazione e lei, anche se arrabbiata, mi dice che va bene e che mi aspetta sveglia.
<Grazie Gà, ma se non puoi non fa niente. Vado a piedi, come sono venuta> le dico dopo aver attaccato
<Ma che sei pazza, sarà tardi e vicino alla stazione è pieno di brutta gente, ti porto io> mi risponde preoccupata
<Non mi si ruba nessuno, magari si rubano una figa come te non me> le dico ridendo, risata che cessa quando la vedo avvicinarsi sempre di più. È così vicina che riesco a sentire il suo profumo, un profumo che ho sempre immaginato buonissimo, ma che mai avrei pensato fosse così dolce, leggero, così suo. Mi guarda negli occhi ed io credo di non resistere, cerco di non incrociare il suo sguardo per non fare cose impulsive e che lei non accetterebbe. Ma il mio intento fallisce quando mi prende il mento e mi sposta per guardarla meglio, stavolta negli occhi. Quei bellissimi occhi blu, grandi e pieni di emozioni che avevo sempre guardato in tv, e che, anche da uno schermo, erano riusciti a smuovermi qualcosa dentro. Ecco, io, quegli occhi lì, ora ce li ho ad un centimetro da me, e vorrebbero parlare ai miei, così piccoli e vuoti, in confronto ai suoi, che quasi penso spariscano, sotto uno sguardo così potente.
<Vorrei prestarti i miei occhi, forse capiresti quanto sei bella> mi sussurra ancora vicinissima al mio viso ed il mio cuore perde un battito.

Un giorno, se ti vaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora