Capitolo 54

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Pov's Martina
Le prendo la mano e la intreccio con la mia, per poi guidarla verso la sala che si trova in fondo al corridoio, dove le persone a cui lei tiene di più la stanno aspettando per festeggiare questo traguardo fantastico.
Mi sorride e sento il cuore alleggerirsi, tutti gli insulti che ci hanno rivolto poco fa, allontanarsi, i problemi sparire e trovare un loro posto nel mondo, finalmente lontani da me.
Forse è questo quello che fa l'amore: rende tutto marginale e superabile, anche ciò che non lo è, anche gli ostacoli più alti e duri.
Cosa farei senza di te, proprio non lo so.
Raggiungiamo gli altri e, appena entra nella sala, viene accolta da un boato di applausi, per poi essere sommersa da numerosi e calorosi abbracci. Gli abbracci di chi c'era anche quando tutto questo sembrava lontano, irraggiungibile, uno di quei sogni irrealizzabili che diventano credibili solo ad occhi chiusi, di notte fonda, sotto le coperte che fanno da scudo e allontanano quella che è la realtà. Abbracci di chi ha saputo credere in lei e continuare a pensare che avrebbe avuto un posto nel mondo, prima o poi, un posto con la sua musica che tanto che l'ha fatta innamorare, quanto disperare se qualcosa ne le veniva come avrebbe voluto.
Sorrido, convincendomi sempre di più che è vero, che l'energia che metti nell'universo, poi torna indietro.
Frida attira la mia attenzione, corre in braccio alla sorella più grande e le sussurra che è forte, che è la stella più luminosa. Rabbrividisco ad un complimento simile fatto da una bambina così piccola. La stella più luminosa. Come se classificarla una stella, non bastasse; e nemmeno dire che fosse luminosa. No.
La stella più luminosa, niente di meno.
Ti voglio bene, Frì, sembri così grande quando parli e ti rivolgi con educazione, eppure al tempo stesso sembri così piccola quando mi guardi con quegli occhi innocenti e mi ripeti che l'amore, agli occhi tuoi, siamo io e Gaia, due femmine. Quando non mi chiedi chi delle due "fa il maschio", come in tanti hanno fatto, perché sai che in realtà un uomo non serve per forza, come non serve per forza una donna.
Per te siamo Gà e Marti, fine.
Ed io non vorrei essere niente di più.
Ed è strano per me, con tutte le mie manie riguardanti il sentirmi perennemente meno di tutti e tutto.
La vedo scendere dalle braccia di Gaia, che si incastrano ad altre ancora, ed avvicinarsi a me.
<Ciao amore, sei ancora sveglia, non hai sonno?> le chiedo, notando che sono le due di notte e lei sembra essere attivissima.
<No, sono troppo contenta> mi risponde, sorridendomi elettrizzata ed emozionata.
<Che belli questi vestiti, chissà chi te li ha consigliati> ridacchio sistemandole il lembo della maglietta che si era alzato un po' dopo averla presa in braccio.
<Mh non lo so> ride di gusto, reggendosi il gioco.
<Ti è piaciuto il concerto?> le chiedo retoricamente: conosco già la risposta, ma voglio sentirla da lei. Mi piace così tanto sentirla parlare, cercare di decifrare i suoi anni a seconda di ciò che dice, per poi cambiare idea alla fine di ogni frase perché, come ho già detto, la sua gioia perenne si mischia bene alla maturità che le sembra essersi aggrappata alle ossa.
<Sì, è stata bravissima. È la più brava del mondo, vero?> mi domanda lei, cercando appoggio in me, nelle mie parole, che, dopo aver visto i suoi occhi così belli e sicuri di ciò che hanno appena detto, di certo non possono esserle contrarie.
<Certo> le sorrido ancora, è così difficile non farlo quando si è con lei.
Poi mi abbraccia, inaspettatamente, come fa lei. Aggancia le sue braccia dietro il mio collo, incastra il suo viso nell'incavo, e poi si appoggia dolcemente, cominciando a respirare sempre più lentamente e regolarmente, segno che si addormenterà da un momento all'altro.
Continuo a fare su e giù per la sala, come se fosse una neonata in una piena crisi di pianto, e se io volessi farla smettere e dormire a tutti i costi, consapevole che poi starebbe meglio. E invece non è una bambina appena nata, e non ha di certo bisogno del mio contatto per tranquillizzarsi, e non ho intenzione di farla addormentare forzatamente.
È semplicemente una bambina, che credo abbia trovato in me quella fiducia e complicità tali da fidarsi ciecamente, da starsene ad occhi chiusi tranquilla, senza la paura che qualcosa possa turbarla se ci sono io a tenere salda la presa e a proteggerla.
Fermo la mia passeggiata, credo straziante agli occhi degli altri, solo quando sento toccarmi una spalla, è Giorgia.
Ha un sorriso emozionato e felice che quasi sembra andare da un orecchio all'altro, e attraversarle il viso in un modo così spontaneo da diventare contagioso.
<Marti, Alessandro mi ha raccontato...> mi dice, e il suo sorriso si spegne un po', seguito dal mio, anche se nei suoi occhi, comunque, riesco a leggere la felicità per un traguardo raggiunto da una delle persone più importanti della sua vita.
Annuisco solamente, ringraziando mentalmente il ragazzo che le ha spiegato tutto: francamente non credo che io ci sarei riuscita, tanto meno Gaia.
<Tu come stai?> mi chiede con dolcezza, interessata per davvero alla mia risposta. In lei vedo un po' Nico, premura, amore, dolcezza e sensibilità.
<Sono stata meglio, Giò, però non è importante. Sinceramente mi preoccupa molto come sta vivendo tutto questo Gaia. Non so spiegartelo bene, a volte mi sembra che non sia pronta ad affrontare quello che siamo, a superare gli sguardi storti della gente, né a dare il giusto peso alle parole degli altri. Non so farlo nemmeno io, sai? È sempre stata una di quelle cose che, appena la nominano criticandomi, mi fa crollare a prescindere dalla durezza delle parole pronunciate, e dalla credibilità delle persone che le hanno dette. Però, poi, mettendo questa cosa su una bilancia, con l'amore che provo per lei nell'altro braccio, ecco, tutto questo non conta.
Se lei è al mio fianco, io, tutto il resto, non lo sento più>

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Come sempre grazie a tutti, spero vi piaccia la storia❤️

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