Capitolo 31

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DUE GIORNI DOPO
Pov's Martina
Sono passati due giorni dal giorno del concerto di Gaia a Rieti, la sera mi ha chiamata e abbiamo parlato fino a notte fonda. Abbiamo parlato di tutto, come è nostro solito fare, dalle cose più sciocche a quelle più serie. Di una cosa sola non abbiamo parlato: del concerto di Milano a cui dovevo andare con lei, non ha aperto il discorso e non l'ho fatto neanche io, ci sarà una motivazione o comunque, se così non fosse, ha cambiato idea e io non sono nessuno per farle fare qualcosa di diverso da ciò che vuole.
Sono stata bene, quella sera, siamo state in videochiamata per ore ed ore, io ero in pigiama sul letto, con gli occhiali e i capelli spettinati, eppure non c'era un minuto che passasse senza che mi sentissi bella, col suo sguardo addosso, o senza che me lo dicesse espressamente.
Dopo quella chiamata, però, non si è fatta più sentire, io ho continuato a mandarle messaggi e a provare a chiamarla, ma in risposta ho ricevuto la segreteria, o un visualizzato. Non so cosa abbia, capisco che è impegnata, ma in due giorni almeno un secondo per mandare un messaggio lo si riesce a trovare, anche solo un emoji a caso, qualcosa che mi fa capire che sta bene, che non è arrabbiata con me, che lì va tutto alla perfezione e che è tutto proprio come se l'era immaginato.
Inutile dire che i giorni sono passati lentamente, aspettavo questa giornata da mesi ormai, eppure nonostante ho tanta voglia di vederla e di andare al suo concerto, qualcosa mi spinge a pensare che forse sarebbe meglio non andare. Non è la prima volta che mi ignora, ed io, insicura come sono, ho bisogno di certezze, di stabilità. E Gaia sembrava aver capito e accettato questa parte di me, eppure eccoci qua, distanti non più solo fisicamente.
Mi alzo dal letto verso le 7 di mattina, vado in bagno a sciacquarmi il viso e mi guardo allo specchio, sono due giorni che non dormo e le mie occhiaie lo dimostrano molto bene. Sbuffo, e poi scendo e vado in giardino, tiro fuori una sigaretta dal pacchetto e la porto tra le labbra, aspirando lentamente e cercando in lei qualcosa che mi salvi e mi porti lontana da questo senso di angoscia che ho dentro di me. Un qualcosa che trovo, ma che dura veramente pochissimo, tempo, appunto, di finirla e buttarla via. Dopo una mezz'oretta sento suonare il campanello, forse è mio fratello che è rientrato da una delle sue serate interminabili in discoteca, anche se mi sembra strano che suoni e che non usi la chiave.
Mi avvicino alla porta e, dopo aver controllato dallo spioncino, e ho avuto la conferma che si tratta di Nicolò, apro la porta.
<Come mai non hai usato le chiavi?> gli chiedo, mentre mi avvio in cucina per prendere un bicchiere d'acqua, ma sento bloccarmi il polso da una stretta che mi sembra di riconoscere.
Mi giro e vedo lei: due occhi blu insicuri ma speranzosi, una bustina con la colazione, suppongo, e un sorriso luminoso nonostante si veda sia molto stanca.
<Ma che ci fai qui?> le chiedo io non capendo, sono contenta ma ancora un po' alterata per il suo comportamento.
<Tuo fratello mi ha aiutato a farti questa sorpresa, mi è venuto a prendere lui in stazione> mi spiega, sorridendo a mio fratello che, subito dopo, ci lascia sole.
<Ti ringrazio, ma perché non mi hai risposto questi giorni? Pensavo fosse successo qualcosa> le chiedo io, cercando di chiarirmi ogni dubbio e di alleggerire questo peso sul petto che porto da due giorni ormai.
<Non volevo che scoprissi la sorpresa, e poi avrebbe fatto più effetto> mi dice con quel suo sorrisetto furbo e intelligente, ma al tempo stesso dolce. Sorrido, da parte sua non è cambiato niente, ed io mi sono fatti dei film mentali inutili. A quel punto mi fiondo letteralmente su di lei, la stringo a me, e lei ricambia, accarezzandomi delicatamente la schiena con la mano libera.
<Grazie> le sussurro con la testa nell'incavo del suo collo e ancora tra le sue braccia, e la sento rabbrividire per la vicinanza, istintivamente sorrido ancora di più.
<È il minimo> mi risponde anche lei con un tono basso di voce, come se fosse un segreto tra noi, come se volessimo tenerci stretto questo pezzo di mondo che non include nessuno, se non noi due. Come se la tristezza avesse il sonno leggero e volessimo evitare di svegliarla.
Mi stacco dalle sue braccia solo per guardarla negli occhi, e non posso fare a meno di notare che è veramente stupenda. È così bella che non saprei come descriverla, ha dei lineamenti delicati e dolci, i capelli le ricadono perfetti ai lati del viso, gli occhi un po' socchiusi quando sorride, e le labbra carnose ma non troppo. È perfetta, e il fatto che non se ne accorga, ai miei occhi la rende ancora più bella: amo l'insicurezza che ha e non perché in quanto tale, ma perché amo sapere che posso togliergliela, che posso farle capire, anche solo attraverso uno sguardo, che è molto più di ciò che pensa, di ciò che dice, di ciò che vede. Amo quando la nasconde agli altri per rassicurarli, per far capire a tutti quanti che sarà sempre una spalla su cui piangere o una mano da stringere nel momento del bisogno, amo quando lo fa perché è altruista, e perché chi ci tiene e ti conosce tanto, poi, lo nota lo stesso. Ma amo anche quando non si preoccupa di nasconderla, quando la accetta e si lascia andare, quando si lascia abbracciare mentre trema un po', proprio come è successo qualche secondo fa.
Torno a concentrarmi su di lei, e la vedo intenta a fissarmi le labbra, proprio come sto facendo io con le sue. Chiudo gli occhi e azzero le distanze, e, al contatto con le sue labbra, sento il cuore alleggerirsi e sorridere insieme a me.
Sei tu la mia felicità, Gì.

Sono tornata con i miei aggiornamenti ad orari improponibili.
Spero che vi piaccia, commentate!❤️

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