Pov's Martina
Chiacchieriamo ancora un po' e, dopo aver finito la colazione, ci alziamo e andiamo alla cassa.
<No, ferma, pago io> mi sposta lei, ma io insisto, ha pagato già l'hotel e non ho intenzione di accettare nient'altro.
<Gaia hai pagato già l'hotel, almeno questo lascialo fare a me> insisto io, non vorrei che pensasse che io stia approfittando di lei, perché non è così nemmeno un po'.
<Marti ferma, dopo tutto il casino che ho fatto in questi mesi è il minimo> mi sussurra prima di accarezzarmi il viso ed io mi arrendo e la lascio fare.
Usciamo dal bar e stavolta sono io a prenderla per mano, sembra una cosa così stupida, e invece per me vale davvero tanto.
Ho sempre avuto paura di mostrarmi per quella che sono agli altri, ce l'avevo anche prima di scoprire il mio orientamento sessuale, ma da due anni a questa parte è aumentata a dismisura.
Mi ricordo che non lo capii subito, ho passato mesi interi a chiedermi se fosse solo un dubbio passeggero, o se questa cosa mi avrebbe accompagnata per sempre. Mia madre aveva già capito che di passeggero, in tutto questo, non c'era un bel niente, come, poi, era normale che fosse, e ha cominciato a chiedermi perché non mi trovassi bene con i ragazzi. All'inizio pensavo di essere io stessa il problema, nell'arco di due mesi ho conosciuto tre ragazzi bellissimi, sia dentro che fuori, eppure quando uscivo con loro sentivo sempre la necessità di tenere una certa distanza, e al pensiero delle loro mani su di me provavo fastidio.
Mia mamma, col tempo, capii sempre di più che in realtà il problema non si trovava in me, ma nelle persone in cui cercavo l'amore: avrei dovuto cercarlo altrove.
Io compresi questa cosa solo con l'arrivo di una ragazza nella mia classe, era una di quelle che sembravano non curarsi del proprio aspetto, ma che, comunque, rimanevano bellissime. Da lì capii che mi piacevano le ragazze, e per quanto mi imponessi di non considerarlo sbagliato, tornavo a casa e sentivo i miei genitori criticare tutte le coppie diverse dalla loro, da quella tradizionale, "quella giusta", ho sentito dire spesso.
All'inizio, stavo dicendo, mi ero imposta di accettarlo tra me e me, ma di non dirlo a nessuno, avrei vissuto la mia vita come se non lo avessi capito, come se non avessi avuto questa consapevolezza.
Cercavo di scappare da me stessa, eppure era sempre lì che tornavo.
La sera, col buio, la città spenta e i pensieri accesi, mentre vedevo un film d'amore, mentre ascoltavo una canzone romantica, tornavo a riaprire quei cassetti e quei pensieri nascosti per tenerli lontani da tutti.
Mi piacciono le ragazze, punto.
Sussurrarlo a me stessa è stato complicato, ma dirlo ai miei genitori lo è stato un po' di più.
Fare coming out con la mia famiglia non è stato facile sin dall'inizio, non l'hanno accettato lì per lì e nonostante siano passati circa due anni, loro ancora non comprendono questa cosa. Che poi chissà cosa c'è da capire.
Ma a volte addirittura la ignorano, fanno finta che gli non abbia mai detto niente di tutto quello che mi è passato nella testa e che ho cercato così tante volte di tenere per me.
Con Gaia, invece, non mi vergogno di niente, anzi. Sono fiera di quella che sono, mi sento bella se mi guarda con quei suoi due occhi blu, mi sento accolta, mi sento amata.
Mano nella mano ci facciamo un giro nei dintorni, per poi andare a prendere la metro e farci una passeggiata al centro. Più mi guardo intorno, e più mi rendo conto che Roma è davvero stupenda, e l'ho visitata solamente con Gaia.
Per me Gaia è come Roma: un passato difficile che le ha conferito una bellezza indescrivibile.
Parliamo un po' del più e del meno, e, dopo esserci fatte qualche foto, iniziamo a parlare del tour appena iniziato.
<Ma tu avevi intenzione di venire a qualche altra data?> mi chiede lei, di punto in bianco, un po' insicura, forse temendo la mia risposta.
<Si ho i biglietti Torino e Milano, ma vorrei farmi anche almeno una data al sud, la gente del nord che ti segue la conosco tutta, almeno di vista o di nome. Voglio farmi una cultura anche delle tue fan al sud> le dico ridendo per la seconda parte della frase, ma il discorso a proposito dei concerti è vero.
<Se guardi troppo te li stacco gli occhi cogliona> mi risponde lei gelosa, per poi seguire la mia risata.
La sua è decisamente la cosa più bella che io abbia mai sentito, mi giro meglio verso di lei e la guardo: ha gli occhi chiusi in fessure e il naso un po' arricciato, mentre ride è ancora più bella.
<Sei stupenda> le dico con tutta la sincerità del mondo, e lei smette di ridere, le sue guance si colorano di rosso e abbassa lo sguardo.
Mi sussurra un grazie impercettibile e quanto vorrei baciarla in questo momento lo sa solo Dio, ma non vorrei che qualcuno che la conosce ci stesse guardando e che tutto il suo sogno andasse a rotoli per colpa mia. Mi limito, allora, ad accarezzarle la guancia e a guardarla con dolcezza, adoro farla arrossire e adoro ancora di più farla sentire apprezzata, bella, amata.
<A parte tutto, tu non devi comprare i biglietti, mi dici le date che vuoi farti e vieni con me> mi dice qualche minuto dopo ed io sono abbastanza sorpresa.
<Ma che dici Gì, il tuo manager ti distrugge e poi ho già comprato i biglietti> le dico io, cercando di farle comprendere che questa cosa è quasi impossibile da fare.
<Col manager ci parlo oggi io e lo avviso, e per quanto riguarda i biglietti ti farò riavere indietro i soldi> mi risponde lei, ed è davvero convinta e determinata. Mi piace da morire questa parte di lei, è la stessa che mi ha colpita quando era dentro il programma, questo suo saper cosa vuole, non è da tutti.
<Sti cazzi dei soldi Gì, parlaci quando vuoi e poi mi fai sapere, va bene?> le dico io per poi sorriderle, lei ricambia dolcemente.
Stavolta andrà bene tra noi, stavolta ce la faremo.Ecco a voi il capitolo!
Fatemi sapere se vi piace e se vi sta piacendo la storia, se c'è qualcosa che non va accetto consigli per migliorare!
Vi aspetto nei commenti, grazie ancora a tutti❤️
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Un giorno, se ti va
FanficQuesta è la storia dell'amore tra Gaia e Martina, un amore nato per caso, considerato sbagliato, ma che le farà tornare a respirare.