Capitolo 18

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Pov's Gaia
All'ultima frase di Marti il cuore sobbalza, la parola "amore" è grande, importante, e so che lei le dà il peso che merita, per questo sono colpita. Ma questo amore lo vedo intrappolato, in un'insicurezza che ha avuto prima di me, e che il mio andar via senza cercarla più, nemmeno per una volta, ha accentuato, sottolineato, ingrandito. L'ho detto, è cambiata, alla fine noi siamo il risultato di quello che ci fanno e lei ne è la prova, vorrei tanto affrontare questo discorso, chiederle come sta, se mangia, se è felice, se ancora si riesce a godere il bello delle cose, senza pensare che, prima o poi, finiscano tutte. Ma ora non è il momento, ora devo convincerla a venire con me, sarebbe troppo pericolosa la .
<Bì guarda che io non me ne vado eh> cerco di rassicurarla ma in risposta ricevo solo due occhi spenti
<mi hanno sempre detto che se si fa una volta una cosa, si trova sempre il coraggio di rifarla> mi dice, stavolta guardandomi negli occhi, sicura ma al tempo stesso spaventata dai suoi pensieri, da quelle poche certezze che ha, e che sembrano andare contro la possibilità di ricostruire un "noi".
<Il coraggio forse si, la voglia no, però. Te lo prometto Martina, devi credermi, ti prego> le chiedo io con gli occhi lucidi, tutta questa sua insicurezza, la paura che le leggo meglio occhi, che le sento dalla voce, sono le conseguenze di ciò che ho fatto io.
Mi abbraccia, sta tremando, forse per l'agitazione, forse per la nostra vicinanza che non era tale da tempo.
<Non riuscirei a sopportarlo di nuovo, questo lo sai, vero?> mi chiede retoricamente mentre siamo ancora abbracciate, e la voce le si spezza. Inizia a singhiozzare tra le mie braccia e capisco quanto sia riuscita a farle del male, pur volendo fare esattamente l'opposto. Mi stringe ancora più forte,
e mi accorgo solo lì che mi aveva riportato il cuore che le avevo lasciato sul cuscino accanto al viso,
ma non voglio tenerlo io, non più. Il mio cuore è suo, perché solo con lei batte davvero.
<Non succederà ancora, te lo giuro> le prometto io, consapevole del fatto che posso e voglio mantenere la mia parola.
Ci stacchiamo e mi sorride, un sorriso speranzoso, di quelli che nascono spontanei ma che portano ancora il peso di ciò che è stato, di ciò che non è stato, e di ciò che hai paura non sarà.
Stavolta non ti deludo Bì, promesso.
La prendo per mano e ci avviciniamo a mia mamma, che la stringe in un abbraccio e le sorride quando nota i nostri occhi lucidi e le nostre mani intrecciate perfettamente. Mentre parliamo un po' di come è andato il concerto, sento toccarmi la spalla e mi giro di scatto: è il mio manager. Sento Marti irrigidirsi al mio fianco, ed io stringo la sua mano, ancora nella mia. <C'è qualcosa che devi dirmi?> mi chiede con tono duro, suo solito quando si parla di Bibi.
<Ti presento la mia ragazza, Martina> gli dico con un sorriso fintissimo sul viso, mentre lei allunga la mano per presentarsi. Mano che lui non stringe, ed io comincio ad incazzarmi per bene.
<Non è la tua ragazza, ne abbiamo già parlato, se vuoi possiamo trovarti un ragazzo, ma una femmina te lo scordi> si giustifica così, alla sua mancata presentazione a Martina, e sento il mio cuore spezzarsi un po', a quelle parole. Mi giro verso la ragazza che ho accanto, perché per quanto a me faccia male sentire certe cose, la mia priorità è sapere che lei sta bene, che non la feriscono queste parole, che non la sfiorano nemmeno.
<Stai delirando? Mi piacciono le ragazze, lo sai> gli rispondo ridendo sarcasticamente, per evitare di urlargli contro, e omettendo il fatto che mi piacciano anche i ragazzi. Nessuno gli dà il diritto di opporsi ad una mia relazione, a prescindere dal sesso della persona che mi sta accanto.
<E tu sai che non è normale, quante volte te l'ho detto?> è lui ad urlarmi contro e nonostante io stia cercando anche la più piccola briciola di forza per rispondergli a tono, non riesco. In questa frase c'è il riassunto di due mesi di paura di non accettarmi, e di non essere accettata, di sentirmi sbagliata, di vedermi strana, diversa.
<Guarda che l'unica cosa anormale qui è il fatto che tu la voglia convincere a farsi piacere una persona a cui non è interessata eh> è la voce di Martina a risvegliarmi dai miei pensieri, e la guardo stupita. Lei è una che sta sempre sulle sue se si parla di questo, non si espone perché si sente nel torto e ha paura di ciò che gli altri potrebbero dire.
Anche lei si è sentita dire tante volte che una ragazza non può stare con un'altra ragazza, e così come me, ha cominciato ad aver paura di dirlo, di farlo capire, notare. Addirittura di accettarlo, molto spesso.
Ma si può avere paura dell'amore solo perché ha una forma diversa?
<Anche il maschio più brutto sarebbe meglio di te> le risponde il manager e giuro di aver sentito il cuore di Martina spezzarsi, e forse anche pentirsi di aver pensato, anche solo per un secondo, che non era sbagliata, che poteva vivere il suo amore come meglio credeva. Ed io non ci vedo più dalla rabbia.
<Ma come cazzo ti permetti? Tappati quella bocca, sei un ignorante> gli urlo contro, non si deve permettere mai più.
<Senti io capisco tutto, ma se fai così esageri. La vita è di mia figlia, e se lei sente di amare una ragazza, beh, che lo faccia. Non ci vedo niente di sbagliato, né in ciò che piace a lei, né in ciò che piace a te, forse dovresti aprire un po' più la mente e metterti nei panni di due ragazze che stanno vedendo una persona odiare ciò che sono e ciò che amano. Adesso ti prego di andartene, è stata una bellissima serata e, senza di te, sono sicura che lo sarà ancora di più> ad intervenire, stavolta, è mia madre, che prende le mie, le nostre difese, come ha sempre fatto. Il mio manager si allontana incazzato e noi ci giriamo verso la donna più buona e comprensiva che conosca, ci sorride e noi ricambiamo.
Ci guarda con gli occhi di chi guarda l'amore che, sono sicura, vede in noi.

Scusate per l'ora ma sono stata fino ad adesso a sclerare su Twitter. Fatemi sapere cosa pensate del capitolo❤️

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