40. Who Does Not Die You see again

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Ragiono un po' su cosa devo fare, oggi non sono stata per niente me stessa, mi sono solo buttata giù per la tristezza e lo stress, e siccome qualcuno di famoso disse che prima di concludere la giornata ci saremmo dovuti assicurare di esser stati felici almeno una volta, penso che sia arrivato il momento di prendere qualche rischio alla "Camila Bianchi" ed essere felice. Annuisco a me stessa, come a volermi convincere di ciò, non mi interessa delle conseguenze che ci saranno. Metto in moto e vado verso la casa di Edo, si trova a Roma sud, al quartiere Appio Latino, vicino la garbatella. In giro c'è poca gente rispetto al solito, sarà che è martedì, mi intrattengo con circa cinque canzoni prima di arrivare a casa di Edo. Non ci venivo da qualche mese, l'ultima cena che abbiamo fatto con i miei genitori e quelli di Zoe si è tenuta qui, ma ovviamente Edoardo ha fatto in modo di non esserci.

C'è il cancelletto piccolo e quello grande da dove entrano le auto, ma ovviamente io non posso entrare da nessuno dei due. Scendo dall'auto e decido come introdurmi all'interno, non posso semplicemente scavalcare il cancello perché si attiverebbe l'allarme, analizzo lo scenario e l'unica strada possibile è scavalcare la siepe. Certo, una volta finito sarò la brutta copia di Tarzan, ma nessuno mi vedrà, perciò... La siepe rispetto al cancello è piuttosto bassa e prendendo la rincorsa dovrei arrivare nel punto più alto e dopo dovrò solo saltare giù. Maledetta me che mi sono messa un vestito, ma almeno non ho le calze! Rivolgo uno sguardo al cielo sperando che Dio mi assista e per un attimo penso... Ma chi me l'ha fatta fare?! Però ormai mi sono lanciata e sono arrivata fin sopra la siepe, per quanto possa sembrare, è lungi dall'essere morbida e soffice, anzi, per un momento temo proprio che qualche ramoscello mi rimanga infilato nella pelle.

<<Porca miseria>> mi lamento, ma non troppo. Essere una calciatrice ha i suoi pro, ti prepara a non soffrire più di tanto il dolore fisico. Senza pensarci due volte salto giù e mentre sono in aria spero vivamente di non cadere con il sedere a terra, dato che ho il vestito. Grazie a tutti i santi, faccio un atterraggio da film, giungo a terra con i piedi e le ginocchia verso avanti che non toccano terra per un soffio, grazie all'equilibrio delle braccia.
<<Dopo questa chiamerò il direttore della marvel e pretendo di recitare con Tom Holland al posto di Zendaya>> sussurro a me stessa. L'autoironia è un'arma preziosa al giorno d'oggi, ti aiuta ad andare avanti anche quando sei nel pericolo più totale. Nel mio caso, rischio che i genitori di Edoardo, pensando di avere un ladro che si aggira per il loro giardino, chiamino la polizia e di conseguenza, potrei finire in carcere per violazione di domicilio. Inizio a camminare di soppiatto nel giardino, fa leggermente freddo e con le gambe scoperte ancora di più, però riesco a resistere. Essendo canadese, la madre di Edoardo ha sempre voluto una villa all'americana perciò lateralmente la casa è costituita da immense finestre di vetro, tant'è che non c'è una vera e propria porta ma si entra da una finestra scorrevole. Questa, con mia sorpresa, non è chiusa a chiave, sicuramente tanto che era ubriaco, Edoardo non si è preoccupato minimamente di chiudere la porta. Cerco di fare il minimo rumore possibile, mi tolgo persino le Converse e rimango scalza per non farmi scoprire. Non so dove sia finita la mia razionalità e non ho idea del perché io stia facendo tutto ciò, ma inaspettatamente mi diverte da morire il rischio.

Ho sempre amato qualsiasi azione mi facesse provare adrenalina, ad esempio andare sulle moto, e ora mi manca un po' quella parte di me che voleva provare tutte le esperienze possibili. Forse questo è un passo che mi fa capire che quella parte di me non è irrecuperabile, anzi, è più vicina di quanto pensi. Ricordo la strada per giungere alla sua stanza a memoria, salgo le scale e mi assicuro che non ci sia nessuno sveglio. La porta della camera di Edo è spalancata e lo vedo da lontano che è spaparanzato sul letto. È senza maglia ed ha dei pantaloncini di tuta addosso, faccio di tutto per non soffermarmi molto su questo piccolissimo dettaglio e proseguire con la mia missione. Mi avvicino lentamente al bordo del letto e lì non ce la faccio a non guardarlo come si deve. Non mi è possibile vedere i suoi occhi dato che sono chiusi, però ha questo aspetto così angelico al momento che mi fa venire voglia di abbracciarlo e guardarlo per ore mentre dorme. Ha i capelli arruffati, un po' ricci e scuri, il capo è leggermente inclinato verso destra e poggia sul cuscino, la mascella leggermente pronunciata è resa ancora più visibile e la bocca è quasi dischiusa. Il mio sguardo insiste sulle sue labbra carnose, è davvero bello quando dorme. Per colpa della mia curiosità sovrumana e della mia insolenza nel guardarlo minuziosamente, non mi rendo conto che ad un passo da me, c'è una piccola bacinella, probabilmente Niccolò l'avrà messa qui nel caso in cui Edo avesse avuto la necessità di vomitare durante la notte, che amico ammirevole. Non accorgendomi della presenza di questa, quasi inciampo e vado a finire su Edo, per fortuna anche all'una di notte il mio equilibrio è perfettamente in forma e riesco a reggermi senza cadere su di lui.

Basta Che Siamo Sotto Lo Stesso CieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora