Si guardava attentamente allo specchio, osservava i suoi occhi verdi abbelliti dall'ombretto argentato e dall' eyeliner che aveva tracciato in maniera quasi impeccabile. Si soffermò per un tempo infinito sulle sue labbra carnose tinte di un rosso acceso e fu tentata più volte di prendere lo struccante e di eliminare quell'eccesso di colore dal suo viso pallido.Posò poi il suo sguardo su quella sottoveste striminzita di colore nero alla quale era abbinato un minuscolo grembiule bianco, che le lasciavano scoperte gran parte delle gambe e della scollatura.
Provò imbarazzo anche solo a guardare attraverso lo specchio il suo seno abbondante messo ancora più in evidenza da quell'abito stretto.Quella mattina suo padre era tornato a casa e le aveva detto senza troppi giri di parole che la sera stessa avrebbe iniziato a lavorare come cameriera nel locale di un suo amico e le aveva letteralmente buttato in faccia quella sottospecie di divisa.
Quando aveva visto la divisa la sua espressione contrariata non lasció indifferente il padre che subito si assicuró di minacciarla. Nel caso in cui si fosse rifiutata, avrebbe potuto dire addio per sempre all'università e al suo sogno di diventare un architetto.
Continuava a specchiarsi disgustata, quando il padre irruppe nella sua stanza e dopo averla guardata da capo a piede con un'aria schifata, mortificandola ancora di più con il suo giudizio silenzioso, desiderò di scomparire, di trovarsi altrove. Desiderò con tutta se stessa che quello fosse solo un brutto sogno e che da lì a poco si sarebbe svegliata, ma quando lui le rivolse la parola lei si rese sempre più conto di quanto fosse tutto così dolorosamente reale.
<Muoviti, non fare tardi e se qualcuno ti tocca bada bene a come reagisci, questo lavoro ci serve> le disse facendole raggelare il sangue nelle vene, eppure lui era suo padre avrebbe dovuto strapparsi i capelli e chiuderla in casa vedendola uscire conciata in quel modo ed invece era proprio lui ad esortarla a non fare tardi e a non reagire se qualcuno l'avesse sfiorata.
Abbassò la testa ed uscì dalla stanza lasciandosi quell'orco alle spalle e dopo aver preso le chiavi del motorino abbandonò finalmente quella casa che mai come in quel momento non sentiva più sua.
Percorreva le strade della sua città, guadagnandosi fischi di approvazione e suonate di clacson ad ogni suo passaggio, era sicura che il vestito corto e stretto le era risalito lungo le cosce lasciando scoperto parte del sedere. Maledisse il padre ed il suo nuovo lavoro a cui proprio non poteva rinunciare.
Parcheggiò il motorino poco distante dall'indirizzo che le aveva dato suo padre e sussultò quando lesse l'enorme insegna al neon che lampeggiava illuminando la strada sottostante.< Night Club 51> mormorò tra se e se sconvolta. Ma dove l'aveva mandata suo padre? Era sul punto di fare dietro front quando l'enorme porta nera in ferro battuto si aprì ed un uomo altissimo dai capelli grigi le si presentò davanti squadrandola da capo a piedi e soffermando, per un tempo troppo lungo, il suo sguardo viscido sul seno lasciato scoperto da quella sottospecie di vestito.
<Me l'aveva detto tuo padre che eri bella, ma non immaginavo così tanto> le rivolse quelle parole con un ghigno malizioso, facendole voltare lo stomaco, lo guardò attentamente soffermandosi sul volto rugoso, quell'uomo poteva essere suo nonno eppure eri lì a guardarla con desiderio, senza alcun pudore.
<Io sono Nicola> continuò rivolgendole un sorriso che di confortevole aveva ben poco.
<Elena> la voce le uscì come un sussurro, non aveva mai avuto paura nella sua vita come in quel momento eppure a testa bassa seguì quell'uomo all'interno di quel luogo in cui tutto le era sconosciuto, si sentiva così esposta e vulnerabile che dovette faticare per reprimere l'impulso irrefrenabile di scoppiare a piangere.Si guardò intorno stupita per la bellezza di quel posto ed al tempo stesso imbarazzata alla vista di tutte quelle ragazze seminude che si strusciavano senza vergogna intorno a dei pali di ferro posti sopra ad un palco.
<Lei è la nuova cameriera?> una donna tutta d'un pezzo dai capelli biondi legati in uno chignon perfetto, pose quella domanda a Nicola che senza esitazioni mi squadrò ancora una volta leccandosi le labbra, prima di rivolgersi a lei ed annuire.
<Peccato, ha un bel corpo e con quella faccia d'angelo avremmo sicuramente fatto il pienone> sospirò avvicinandosi a lei e afferrandole il viso con la mano dalle dita impreziosite da anelli, la scrutò fin nel profondo con i suoi occhi di ghiaccio.
<Io sono Ramona, spiegale cosa deve fare> aggiunse lasciandole il viso e sorpassandola per raggiungere le ragazze sul palco che la salutarono da lontano con un cenno della mano a cui lei rispose timidamente.Ascoltò con attenzione tutto ciò che Nicola aveva da spiegarle e dovette più volte scostarsi e difendersi dalla presa delle sue mani che le sfioravano "accidentalmente" le parti del corpo lasciate scoperte dalla veste.
<Tutto chiaro?> le chiese poi pizzicandole una guancia con le dita e dopo averla spogliata con gli occhi per un'ultima volta si allontanò finalmente da lei per accogliere due clienti appena entrati al locale.
Vagò distrattamente per la sala ripetendo a mente ogni cosa che Nicola le aveva detto e non appena i due uomini presero posto si fece coraggio e si avvicinò a loro per chiedere cosa desiderassero, lottò contro se stessa per non afferrare il tavolino con entrambe le mani e sbatterlo in faccia ai due che non facevano altro che farle apprezzamenti sconci e allungare le loro mani sul suo corpo.
Non le piaceva essere così remissiva, non lo era mai stata in vita sua eppure si ritrovava a dover lottare contro la sua indole per soddisfarre quel suo sogno che aveva coltivato fin da bambina.Sospirò di sollievo quando finalmente riuscì ad allontanarsi da quel tavolo e a portare l'ordine al barista che la guardò con compassione dal retro del bancone. Chissà forse anche lui si chiedeva come fosse finita in quell'inferno.
Le ore passarono lente e quasi non ci credette quando Nicola le si avvicinó e le disse che sarebbe potuta tornare a casa per quella sera. Sospiró di sollievo nuovamente ed uscì da quel posto quasi correndo. Respiró a pieni polmoni l'aria fresca della notte e socchiuse gli occhi beandosi del profumo del mare che si infrangeva sugli scogli poco lontano da lei.
Si avvicinó alla ringhiera del lungomare e si sedette, aveva bisogno di riflettere e nella sua cameretta piccola e senza finestre le sarebbe stato sicuramente impossibile.
Analizzó punto per punto tutto ció che era accaduto in quella sera e si prese la testa tra le mani sconfitta.Sbloccó lo schermo del telefono e lesse i messaggi delle sue amiche che l'esortavano a raggiungerle, ma dove andava conciata in quella maniera,stanca e con la puzza di fumo ad impregnarle i vestiti ed i capelli?Si annusó i lunghi capelli e per poco non vomitó sull'asfalto, con riluttanza si alzó e raggiunse il suo motorino.
Tutto quello che desiderava in quel momento era lavarsi, lavare via tutto lo sporco di quella giornata, lavare via a colpi di spugna tutto il sudiciume che suo padre inconsapevolmente le aveva gettato addosso.
Sospiró per l'ennesima volta e per la terza volta in quella giornatá abbassó la testa piegandosi ancora una volta al suo triste destino.

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Amore Venduto
RomanceVi siete mai chiesti cosa si prova a vivere una vita che non è come la volete? Ad accettare l'inaccettabile perchè qualcuno ha deciso, che per voi debba andare così? Immaginate a come possa sentirsi Elena, una ragazza napoletana, con tanti sogni nel...