2. Michele

3.8K 139 64
                                    


Percorreva a piedi nudi la scala in pietra che collegava la sua maestosa villa con il pezzo di spiaggia privata.

Sospirò profondamente quando immerse i piedi nella sabbia umida e continuò la sua discesa verso il mare fino ad arrivare alla riva. Camminò ancora fino a che le flebili onde del mare gli bagnarono le caviglie,lasciate scoperte dai risvolti del pantalone elegante.

Infilò le mani nelle tasche e inspiró affondo quel profumo di salsedine, che gli riportava alla mente l'infazia trascorsa nella sua villa a Posillipo.

Guardò di fronte a sé il Vesuvio illuminato dal rossore del tramonto e si sentì finalmente a casa.
Amava la sua Napoli ed anche se la sua vita ormai era tutta incentrata a Budapest, aveva la necessità di ritornarvi ogni estate.

Osservò l'enorme distesa di mare dinanzi a sé rilassando i muscoli delle spalle fino a raggiungere quel punto all'orizzonte in cui cielo e mare si congiungevano sembrando una cosa sola.

<Michele> la voce di Simone, il suo braccio destro, si disperse nell'aria raggiungendo le sue orecchie, si girò di poco a guardarlo,avrebbe voluto gridargli di andarsene a quel paese e di lasciarlo solo nella sua pace.
<I De Rosa sono qui> gli disse poi l'amico e lui abbandonando ogni traccia di spensieratezza, assunse quella sua solita espressione indecifrabile e dopo un'ultima occhiata fugace a quel suo angolo di quiete, si voltò e raggiunse Simone.

<Li hai fatti accomodare in giardino?> chiese al suo amico che in tutta risposta annuì girandosi di spalle e facendogli strada verso gli ospiti, che lo attendevano seduti attorno al tavolo in giardino.

<Signor Savastano> lo salutò l'uomo dai capelli bianchi, che si alzò dalla sedia su cui era seduto e gli andò incontro afferrandogli la mano destra e baciandogli in segno di rispetto, l'anello che aveva all'anulare,simbolo della sua famiglia.

Essere il figlio di 'Don Pietro Savastano', non aveva mai rappresentato per lui un peso, ne uno svantaggio. Appartenere a quella famiglia  era stata da sempre fonte di grande onore e non gli importava minimamente che la sua fortuna avesse posto solide fondamenta sulla criminalità organizzata. Alla morte di suo padre gli era succeduto senza esitazioni, portando con disinvoltura il suo cognome e tutto il peso che si portava dietro.

Osservò con soddisfazione quell'anello e con fierezza l'espressione atterita del vecchio De Rosa, ma quello che lo faceva imbestialire era lo sguardo impertinente e di sfida di suo figlio.

Come osava presentarsi in casa sua con quel fare altezzoso, come osava rivolgere a lui quello sguardo, non sapeva forse con chi aveva a che fare?
O lo sapeva così bene,tanto da non accettare di essere una misera nullità in confronto a ciò che era lui.

< Signor Savastano> lo richiamò l'anziano signore che con un sorriso flebile gli presentò suo figlio <lui è Roberto, l'ho portato con me per imparare il mestiere> affermò guardando il figlio con sguardo fiero.
<Non ha la lingua?> chiese poi Michele lasciando De Rosa del tutto interdetto, riuscì quasi a vedere le impercettibili goccioline di sudore imperlargli la fronte, amava fare quell'effetto alle persone, adorava incutere timore e si cibava della paura degli altri per accrescere il suo ego smisurato e la sua spietatezza.

<Parla a papà> l'anziano esortò il figlio a parlare colpendolo con un gomito.
<Che devo dire?> rispose il ragazzo con tono sprezzante rivolgendo uno sguardo di disprezzo a Michele, che se ne stava fermo ed impassibile mentre la sua mente fredda e lucida elaborava qualcosa che di certo non avrebbe fatto piacere ai De Rosa.

Amore VendutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora