50. Michele

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Si alzò con riluttanza dal divano e dopo essersi assicurato che la brunetta, che qualche istante prima era inginocchiata tra le sue cosce,si fosse rivestita, afferrò dei pantaloni della tuta e si diresse verso la porta.

Odiava essere disturbato a casa, controllò l'ora sul Bulgari che aveva al polso, era orario di cena e non aveva la più pallida idea di chi poteva esserci oltre la porta.

Aprì con un espressione scocciata sul viso. Roman, uno degli uomini della sicurezza, stringeva tra le mani un cesto di rose rosse.
Inarcò un sopracciglio in attesa di ricevere una spiegazione plausibile.

<Le ho controllate ad una ad una, non c'è niente di pericoloso>, affermò.
<Chi le ha portate?> Alzò il viso con fare minaccioso, era irritato. Di sicuro quelle rose non erano per lui e questo lo faceva infuriare.
<Un giovane in bicicletta, lavora dal fioraio all'angolo della strada. Ho controllato.>

Afferrò il cesto e sbattè la porta incurante. Camminò in direzione del salotto per poi poggiarlo sul tavolino in vetro.

<Michele>, sospirò stupita Elena. Si alzò e si piegò in direzione del tavolo annusando le rose e regalandogli la visuale del suo sedere tondo.

<Non sono da parte mia>, affermò gelido con le braccia incrociate al petto. Era incazzato anche con lei, chiunque le avesse mandato quel cesto doveva conoscerla. Chi poteva sapere dove abitasse, ma un dubbio l'assaliva. Le rare volte in cui era uscita erano state con lui o con sua sorella.

Scattò in direzione del tavolino e rovistò tra le rose in cerca del biglietto. Una volta trovato lo aprì, il suo sesto senso non l'aveva tradito. Capovolse la busta lasciando che sul palmo della mano cadesse il proiettile. Lo esaminò attentamente e rabbrividì quando inciso su di esso vi era il nome della giovane che lui amava.

Elena

Era un chiaro avvertimento, una minaccia di morte e l'oggetto era lei.
Alzò lo sguardo e la sorprese a guardarlo, aveva il volto contratto da un'espressione di terrore.
<È per me?> Domandò.
Annuì, aprì un braccio e l'accolse stringendola sul suo petto <Nessuno ti torcerà un capello!>

<Ho paura>, si strinse a lui con ancora più forza.
<Penso di sapere chi sia>, sospirò. Le posò un bacio sulle labbra e si staccò da lei in cerca del suo cellulare.

Digitò quel numero cercando di mantere a freno la rabbia che montava dentro di lui come un tornando pronto ad abbattersi su qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.

<Sapevo avresti capito, è troppo facile con te...ci conosciamo da una vita amico mio.> La voce di Simone gli entrò dritta nelle ossa.

<Sei prevedibile, amico>, pronunciò quell'appellattivo con disgusto.
<Ho avuto il piacere di assistere a cosa hai fatto, performance invidiabili i miei complimenti...peccato che non potrai beneficiare a lungo del tuo talento, c'è un conto da pagare>, affermò tagliente controllando che dalla sua voce non trasparisso tutto l'odio che provava per lui.

Conosceva l'amico, avrebbe fatto della sua rabbia un punto debole per colpiro e lui non poteva permetterglielo.

<È piaciuto il mio regalo alla puttanella?>
Socchiuse gli occhi e strinse il pugno conficcandosi le unghia nel palmo.
<È piaciuto a me, non vedo l'ora di piantartelo dritto in fronte. Sarà uno spettacolo impareggiabile vedere la vita spirare attraverso i tuoi occhi...>

<Devi prima trovarmi Michele>, rise di scherno.
<Ti troverò e quando lo farò l'unica cosa che desidererai sarà di essere morto...> Detto questo chiuse la chiamata.

Controllò il display e sorrise....Era riuscito a tenerlo a telefono per più di un minuto,Tonino sarebbe stato in grado di rintracciarlo.
Simone non era mai stato al passo con la tecnologia, si era sempre limitato al controllo delle telecamere e non sapeva niente sul mondo dello spianoggio, per fortuna.

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