25. Michele

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Il suo telefono cellulare non aveva smesso di vibrare nemmeno per un attimo da quando si erano seduti a tavola per la cena. Chi lo stava chiamando aveva di sicuro qualcosa di importante da dirgli eppure lui non riusciva a smettere di guardare la brunetta dalla pelle abbronzata seduta difronte a lui.

Ne era come ipnotizzato.

Seguiva con attenzione ogni suo singolo movimento: dalle dita strette intorno alla forchetta fino alle labbra carnose che si aprivano per accogliere il cibo e lui non potè fare a meno di pensare ad una sola ed unica cosa. Avrebbe voluto alzarsi, sbottonarsi i pantaloni, abbassarli lungo le cosce e vedere avvolto da quelle labbra il suo membro.

Abbassò lo sguardo sul cavallo dei pantaloni e osservò l'enorme protuberanza che premeva dolorosa contro alla stoffa scura. Doveva calmarsi altrimenti non sarebbe più stato padrone delle sue azioni.

Sfilò il telefono cellulare dalla tasca e lesse l'anteprima dei messaggi. Il mittente era sempre lo stesso: Simone. Lesse velocemente che il carico era arrivato a Napoli integro, le piazze erano state rifornite e loro stavano festeggiando al night club.

Lo stavano aspettando, ma lui non aveva alcuna intenzione di raggiungerli. Ripose il cellulare nella tasca e continuò ad ammirare il suo spettacolo personale.

‹‹Potrei viverci di panna e fragole›› un mugolio di piacere le uscì dalla bocca dopo essersi leccata con la punta della lingua il labbro superiore, eccitando Michele più di quanto già non fosse.
Strinse tra le dita il tovagliolo di stoffa impedendosi in qualsiasi modo di dar voce al suo istinto. Aveva come la certezza assoluta che una volta appagato il suo bisogno, quella ragazza sarebbe diventata la sua più grande dipendenza. Era sicuro che una volta assaggiata, non ne avrebbe fatto più a meno. Il desiderio di averla sarebbe prevalso sui suoi doveri e lui per ora non poteva avere distrazioni.

A Napoli gli affari erano diventati più complicati e lui aveva bisogno di rimanere lucido e concentrato. Con l'uccisione del figlio di De Rosa le cose si erano fatte imprevedibili e anche se il padre si dimostrava un fedele cagnolino, lui non si fidava affatto.

‹‹Mmmm che bontà›› quella voce melensa lo distrasse ancora. Quei mugolii di piacere lo facevano impazzire. Soffermò il suo sguardo su quel viso perfetto.Elena era davvero bellissima, non aveva un solo difetto estetico e la vita da ricca l'aveva resa ancora più appetibile. L' abito che indossava le fasciava il corpo alla perfezione e la sua pelle morbida come una pesca era il dolce che avrebbe tanto voluto mangiare.

Eppure si alzò dal tavole e andò a pagare il conto, doveva andarsene e porre fine a quella serata.

Il viaggio in auto fu una vera e propria tortura. A  causa delle caviglie doloranti, lei si tolse i sandali con il tacco e appoggiò i piedi sul cruscotto, stendendo le cosce. Il vestito le era risalito lasciando intravedere il solco tra di esse. E Michele più volte spostò lo sguardo dalla strada. Dovette reprimere il desiderio di fermarsi in una piazzola di sosta e di saltarle addosso prendendosi tutto quello che bramava di lei.

Strinse le mani attorno al volante con tutta la forza che avesse in corpo obbligandosi a guardare la strada. Abbassò i finestrini e spense l'aria condizionata. Quel getto freddo non faceva altro che disperdere il suo profumo dolce per tutto l'abitacolo rendendo la tortura ancora più amara.
Schiacciò il piede sull'acceleratore mangiandosi la strada e bruciando i km.

Doveva tornare a casa. Adesso!

Quando il cancello della villa si aprì tirò un sospiro di sollievo, gli sembrava di essere stato in apnea per tutto il tragitto verso casa. Parcheggiò l'auto nel vialetto e scese rapidamente senza curarsi di lei. Camminò in direzione della porta e una volta varcato l'ingresso domò l'impulso di sbatterle la porta in faccia e lasciarla fuori in giardino ma il suo profumo si impadronì anche di quel posto, costringendolo a socchiudere gli occhi per la frustrazione.

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