27.Elena

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Cercò di muoversi, ma invano. Aveva le gambe bloccate da qualcosa di pesante. Quel peso le opprimeva la vescica che stava letteralmente scoppiando. Il bisogno di fare pipì la stava torturando. Aprì gli occhi e abbassò lo sguardo sulla massa di capelli scuri che occupava parte della sua pancia. Si sollevò sui gomiti socchiudendo gli occhi per la fitta di dolore che le colpì il basso ventre e posò lo sguardo sul ragazzo completamente nudo che dormiva tra le sue gambe con il viso appoggiato sul suo ventre.

Le braccia muscolose erano ben salde attorno ai suoi fianchi e la schiena, priva di imperfezioni, si sollevava al ritmo dei respiri lenti che le solleticavano la pelle. Il volto rilassato e l'espressione spoglia dalla solita austerità, evidenziavano i tratti giovanili del suo viso. Era abituata a vederlo accigliato e intento a dare ordini. Frenò il desiderio di infilare le dita tra i suoi capelli e si morse un labbro con forza quando sprazzi di ciò che era successo poco prima tornarono a farsi vividi nella sua mente.

Puntò lo sguardo in direzione del terrazzino, il cielo era scuro e le tende svolazzavano a causa del venticello fresco della notte. Sospirò e si stese appoggiando la testa sul cuscino. Ripercorse quanto era accaduto. Non aveva mai fatto sesso prima d'ora e la sensazione che aveva provato nel momento in cui Michele le era entrato dentro, era stata così intensa, che al solo pensarci il  basso ventre si contrasse in uno spasmo e quel tepore le invase le grandi labbra.

Arrossì violentemente quando le tornarono alla mente le parole che aveva pronunciato. L'aveva incitato a farla sua senza alcuna vergogna. Provava un desiderio così selvaggio, che appagarlo era diventato il suo unico scopo e pur di averlo aveva messo da parte il senso del pudore e la sua dignità. Si era venduta a lui troppo facilmente eppure non riusciva a smettere di rivivere quella sensazione di piacere. Il bisogno impellente di fare la pipì fu sostituito dalla voglia matta di stringere le gambe tra di loro pur di trovare un briciolo di sollievo.

Sentiva il sangue affluirle nel basso ventre mentre l'impossibilità di muoversi l'affliggeva. Sollevò il bacino facendo aderire il suo clitoride al petto marmoreo di lui, che prontamente alzò il viso in direzione di lei. Le sue guance si tinserò di rosso, l'aveva svegliato e ora? Avrebbe preferito che lui si fosse svegliato e se ne fosse andato quando lei era addormentata. Ma ora? Come si sarebbe sentita quando lui staccatosi da lei, sarebbe uscito da quella stanza?

Aspettò che lui si alzasse e l'abbandonasse lì come uno straccio usato e invece le baciò il monte di venere e con una piccola scia di baci umidi raggiunse il clitoride senza mai distogliere lo sguardo. I suoi occhi scuri l'avevano inchiodata, erano così magnetici che  non riusciva a far a meno di ricambiare quello sguardo.

Ansimò nel momento in cui afferrato il clitoride con la bocca lo succhiò con forza. Distese le punte dei piedi ed alzò il bacino andando incontro a quelle labbra che le stavano regalando il paradiso. Con la punta della lingua compiva dei piccoli movimenti provocandole brividi e gemiti confusi. Infilò le dita tra i suoi capelli quando i suoi movimenti si fecero più svelti. Sentiva il sangue scorrerle veloce e il cuore pulsarle nel petto. Strinse il lenzuolo tra le dita e affondò la testa nel cuscino mentre lui la stava conducendo al punto di non ritorno. Piagnucolò e ansimò strappando le lenzuola dal materasso quando quel vortice di piacere la portò al culmine. Si lasciò andare tra le sue labbra che avide succhiarono fino all'ultima goccia del suo liquido.

Il cuore sembrava scoppiarle nel petto, boccheggiava sconvolta per l'intensità di quello che lui era in grado di farle provare. Socchiuse gli occhi e stese le gambe godendosi quella sensazione di piacere che ancora non aveva lasciato il suo corpo. Le mani di lui le avvolsero le cosce; le divaricò e si posizionò al centro di esse. Rabbrividì quando la punta dura del suo membro le sfiorò le labbra umide. Con un gesto rapidò entrò dentro di lei, che si irrigidì per la fitta dolorosa che la colpì.

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