47. Paura di vivere

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Il tragitto fu silenzioso; fu di quel silenzio sfiancante, timoroso d'esser riempito da parole che una volta formatesi nell'aria sarebbero apparse stupide.

Cenere fermò la macchina di fronte alla biblioteca e sospirò, chiedendosi quanto sarebbe stata considerata maleducata a lasciarlo scendere senza neanche salutare.

Ma ci pensò lui, grazia di felino re e malizia di serpente: -Tu, Ella, hai paura di vivere-

I cernecchi ramati frustarono lievi l'aria quando lei si volse di scatto: -Cosa?-

Royal si sporse verso di lei, troneggiandole ancora sopra, sibilando: -Tu. Hai. Paura. Di. Vivere, sei terrorizzata dal vivere davvero-

-E me lo dice uno che deve rischiare la morte per sentirsi vivo?- scoccò lei con gli occhi preda delle fiamme dell'irritazione e della paura.

E, nei soli ardenti delle sue iridi, Royal lo vide, il soffice buio della sua anima.

Micetto nero, cucciolo di leone e bocciolo in mezzo ai rovi... c'era ancora dolcezza in mezzo a quella furia.

Perché lei la mattina precedente...

-Hai avuto paura- sussurrò cercando i suoi occhi, ancora.

"Ne ho ancora" distolse lo sguardo lei -Scendi-

"Ho ancora paura, Royal" chiuse gli occhi stringendo il volante fino a sbiancarsi le nocche Sabe "Ho ancora paura di te"

Lui ignorò la sua richiesta, o forse non la sentì: Ella parlava sempre a bassa voce...

Decise di spegnere il cervello per un istante e seguire l'istinto: posò la sua mano sulla gamba della ragazza, poco sopra al ginocchio.

Ella per poco non si sfracellò la testa contro il finestrino, la mano già sulla maniglia, totalmente dimentica della cintura di sicurezza che ancora la tratteneva attaccata al sedile.

-Aspetta- Royal parlò tentando di imitare il suo tono, l'altra mano si appoggiò sul sedile di Cenere -Per favore-

Pamela aveva ragione: erano davvero parole magiche.

Cinder lo guardò indecisa, poi lasciò andare la maniglia, le labbra tremanti: -Royal, lasciami-

Lui esalò ma obbedì, stringendole appena la coscia prima di abbandonarla in una carezza.

-Perché fai così?- domandò Sabe in un filo di voce.

-Così come?- sussurrò lui a troppo, troppo poco da lei.

Isabella scosse la testa sganciando la cintura: -Nulla-

-Ella, aspetta!- Royal riuscì a prenderle un braccio prima che lei aprisse la porta: -Sono... Imparare parkour è noioso, Els: bisogna iniziare a capire come si appoggiano i piedi quando si salta e poi aumentare di poco l'altezza e l'ampiezza del balzo, c'è l'equilibrio, la tempistica, l'istinto. Non è qualcosa che s'impara da un giorno all'altro ed è da quando avevo dodici anni che lo faccio. Quando mi butto da uno scoglio per un film, so quello che faccio-

La ragazza fece per aprire la bocca ma Roy non le lasciò il tempo.

-Cammino sui tetti perché è l'unico modo che ho per sbollire la rabbia e perché nessuno mi romperebbe mai il cazzo lì, se devo pensare; cammino sui tetti da quando avevo cinque anni. Quando sono sulle tegole, so quello che faccio-

-Come l'altra mattina?- gli occhi di Cenere bruciarono.

-L'altra mattina un vecchio si è messo ad urlare per farmi scendere. La casa era disabitata, il tetto vecchio. Guardando lui non mi sono accorto di un buco e ci ho messo un piede dentro, sono scivolato e sono riuscito ad aggrapparmi alla lamiera rotta. Mi sono tagliato e quel bastardo se n'è andato. Non mi era mai successo: di solito i tetti sono stabili ma qui non conosco nessuno che mi faccia fare un giro sul suo- Royal aspettò che la ragazza gli dicesse qualcosa ma se ne stette in silenzio così lui terminò -In quanto alle scazzottate nella serie, potrà non sembrarti ortodosso ma è un po' come ballare. Ogni tanto ci scappa un occhio nero ma, in linea di massima, so quello che faccio. Non rischio la vita per una bella scena, Els, se mi chiedono qualcosa che non sono certo di saper fare, mi tiro indietro... ma è dolce da parte tua esserti preoccupata per me-

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