CAPITOLO 51

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Capitolo 51

Charles pov

Un passo in avanti e dieci indietro, poi un altro salto. Nel buio.

Okay, non è stata una grande idea quella di andare a festeggiare con i
ragazzi. L'hangover è un bello schifo, e nel momento in cui apro gli occhi sembra che qualcuno stia usando una specie di rullo compressore nella mia testa.

Cerco a tentoni il cellulare per controllare che ore siano. Sono le otto
di mattina e alle nove ho lezione.
Frequentare Letteratura è stata un'idea di Giada. Non che mi dispiaccia, mi è sempre piaciuta questa materia, ma probabilmente senza la spinta necessaria non mi sarei mai iscritto al corso.

Scosto le coperte ed esco dal letto.

Barcollo un po' e mi appoggio alla
parete per tenermi in equilibrio. Vado in bagno e mi butto in doccia.

Frammenti della conversazione di ieri con Sofia si ripetono a intermittenza nella mia mente. Non so che tono io abbia usato, sbronzo com'ero: dovevo esserlo parecchio per trovare il coraggio di andare da lei e chiudere per sempre questa storia. Ma ricordo tutte le sensazioni che ho riprovato stringendomela addosso.

Appunto numero uno: se, come dici, hai l'intenzione di toglierti Sofia dalla testa, smettila di ubriacarti. Fai cose stupide quando lo fai, tipo correre da lei.

Metto la testa sotto il getto d'acqua calda. Voglio che il calore penetri
nel mio corpo e scacci via questo senso di gelo che mi ha ghermito stanotte, dopo che mi sono chiuso la porta del suo appartamento alle spalle.

Un grido mi risale per la gola e vorrei urlare. Devo riprendere in mano la situazione, altrimenti impazzirò.

Esco dalla doccia e mi asciugo in fretta.

Infilo un paio di jeans e una maglia nera. Non mi prendo nemmeno la briga di sistemare i capelli, né di farmi la barba.

Al diavolo!

Sembrerò trasandato, ed è esattamente come mi sento. Come il mio cuore in disordine.

Mi faccio un caffè al volo e lo mando giù scottandomi la lingua.

Lancio un'occhiata ad Andrea: dorme ancora e lo lascio riposare. Non sa
che mi sono iscritto a Letteratura e ignora che oggi avrei avuto lezione
di primo mattino, ma gli manderò un messaggio appena sarò in classe,
ammesso che si svegli prima del mio rientro.

Quando esco, il dormitorio è in pieno fermento. È questo il bello del college, c'è vita e chi si ferma è perduto o sta sprecando del tempo prezioso. Per i primi mesi dal mio arrivo qui di tempo ne ho buttato via parecchio, poi mi sono adeguato concedendomi di vivere più o meno normalmente.

Lancio distrattamente un'occhiata al furgone del giardiniere. Il tosaerba
è lì accanto e un intenso odore di nafta mi invade le narici.

Quel tanfo.

«Bravo, Char. Così, non smettere. Fammi godere, piccolino. Me lo devi.»

Il ricordo mi si rovescia addosso di colpo e mi lascia senza fiato, invadendomi la bocca di un sapore metallico. Per un attimo la vista mi si
offusca, e ripiombo nel mio passato più nero. Dalle tenebre della mia anima emerge il fantasma dell'Innominabile, il padre affidatario numero quattro, quello da cui ho salvato Andrea. Alla fine di quella prima volta avevo vomitato sopra le sue scarpe sporche di terra, poi il mio stomaco aveva imparato a trattenere il dolore, ma non era mai diventato più facile.

Sette mesi. Sette fottuti mesi durante i quali le sue mani ruvide e callose hanno violato il mio corpo. Aspettava che tutti dormissero per portarmi in garage a fare i suoi sporchi giochi da pervertito.

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora