CAPITOLO 11

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Sofia pov

Ognuno ha il suo inferno, e io voglio entrare in quello di Char.

Ho dimenticato il mio appuntamento con Nino. Doveva comprare alcunicompleti da corsa e mi aveva pregato di accompagnarlo per stare un po' insieme.

Non l'ha presa bene e per telefono sono volate parole grosse.

«Ma cazzo, Sofia. Ti avevo chiesto un po' del tuo prezioso tempo. È pretendere troppo?»

Ultimamente mi nego con la scusa che devo studiare per mantenere alta lamia media; l'ho usata anche oggi, ma non è questa la vera ragione e ho ilpresentimento che lo abbia capito anche lui.

«Ottimo!» ha sibilato dopo la mia patetica giustificazione. «Stasera esco con iragazzi. Non provare a cercarmi.»

«Nino...» ho cercato di rabbonirlo.

«Sta' zitta, cazzo!» E ha messo giù.

La realtà è che rimanere da sola con lui mi confonde, perché ho la sensazionedi non volerci più stare insieme. Così mi allontano, sperando che mi manchialmeno un po', ma non succede. Non succede mai.

Come se non bastasse, una volta a casa ho mandato giù l'insalata che hapreparato Linda eseguendo gli ordini precisi di mia madre. E come condimentoamaro ho dovuto sopportare lo sguardo di biasimo di Char, che mi spronava adire qualcosa o afferrare uno dei cornetti destinati agli altri - ma non a me - emangiarlo. Ma non l'ho fatto, perché sono stanca di combattere contro miamadre. Stanca di assecondare ogni sua opinione. Sono così stanca di restarcimale quando i suoi occhi si posano freddi su di me. Stanca di farmi umiliare e dielemosinare attenzioni.

Sono stanca, stanca, stanca!

Tanto che avrei voluto urlare, spazzando via con un gesto ogni prezioso piattosulla tavola, i bicchieri di cristallo e i candelabri d'argento. E, invece, ho resistitocome sempre. Ho tenuto gli occhi fissi sulle foglie d'insalata e ho ingoiato tutto,lentamente, come se stessi gustando una pietanza prelibata, poi sono salita disopra. Ho vomitato le mie debolezze e sperato, quando ho finito, di essermene liberata per sempre.

Ma nel momento in cui sto per mettermi a letto, ogni emozione si amplifica dinuovo e fa pressione sulla mia trachea, scalpitando per uscire. Corro in bagno,mi ficco due dita in gola e rimetto ancora.

Quanto dolore c'è dentro di me?

Perché non riesco mai a sbarazzarmene del tutto?

Mi lavo i denti ed evito di guardarmi allo specchio. Questi sono i momentipeggiori, quelli che io chiamo "della verità".

Non voglio vedermi. Ne uscireiancora più distrutta.

Esco dal bagno e mi rifugio sotto le coperte.

Non so quanto tempo è trascorso da quando sono salita di sopra. Mi sembraun'eternità, ma potrebbe essere passata solo mezz'ora.

Spengo la luce e rivolgo il viso alla finestra.

Osservo la luna e il chiarore cheriflette nella stanza, come per volermi proteggere dall'oscurità che minaccia diinghiottirmi.

Vorrei tanto addormentarmi, così il dolore smetterebbe di tormentarmi, macome al solito il sonno non vuole venirmi in aiuto.

Quando sento la porta aprirsi, sono sveglia più che mai.

Non può essere mia madre. Se ha visto quant'ero turbata, l'ha sicuramenteignorato come sempre.

Allora ipotizzo che sia Linda, ma un istante dopo, non appena mi giro e riconosco Char, divento una statua di cera.

Che cosa ci fa qui?

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora