CAPITOLO 47

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Capitolo 47

Charles pov

Non dovevo avvicinarmi a lei. Ogni volta che la tocco, impazzisco.

Ho preso l'abitudine di fare qualche tiro ogni sera, anche dopo gli
allenamenti. In questo modo la mia testa si libera dai pensieri, ma ce n'è
uno che ha piantato radici profonde e lampeggia come la luce di un faro.

Sofia.

Quel messaggio che mi ha mandato dopo la partita. È come se avesse
riaperto una camera piena di ricordi e mi fossi accorto che, per quanto dolorosi, alcuni rappresentano la parte migliore di me. Una parte che credevo persa per sempre, ma a cui non sono più tanto sicuro di volere rinunciare.

Intanto Sofia mi sta sempre fra i piedi.

Con una scusa o con un'altra me la ritrovo sempre davanti e non so come questa cosa mi faccia sentire.

Era più semplice quando pensavo che odiarla fosse la chiave per levarmela di torno.

Il ricordo del suo corpo stretto contro il mio mi prende alla gola e mi soffoca. La sensazione delle mie dita su quei maledetti bracciali, invece, mi afferra il cuore.

Non dovevo avvicinarmi a lei. Ogni volta che la tocco, impazzisco.

Ogni volta che nei suoi occhi scorgo lo stesso dolore di un tempo, impazzisco.

Ogni volta che lei mi fa vedere quanto ancora ha bisogno di me, impazzisco.

Perché vorrei soccombere. Impazzire davvero e donarmi alla mia Honey, come quando pensavamo di avere tutto il tempo del mondo per risolvere i nostri casini.

Ma cosa potrebbe venire fuori da due disastri come noi?

Un disastro ancora più grande, come quello che abbiamo già combinato.

Sto per andare a riprendere la palla, quando con la coda dell'occhio noto un movimento fra gli spalti.

«Chi c'è?» domando. «Giada, sei tu?»

Non ricevo risposta. La luce è interamente proiettata sul campo, adesso che è buio è impossibile riuscire a vedere qualcosa oltre, ma da questo
momento la sensazione di essere osservato diventa sempre più insistente.

Continuo a fare qualche tiro, adesso la curiosità di capire chi accidenti mi spia ha sostituito definitivamente il motivo per cui sono venuto qui.

Il rumore di una lattina vuota che rotola dagli spalti mi fa scattare verso il punto in cui poco fa mi è sembrato di vedere qualcuno, e adesso mi avvicino veloce. Chiunque sia si mette a correre fra le sedie e le gradinate, e io aumento il passo.

Fottuto bastardo. Chi cazzo sei?

Ma più mi avvicino e più mi convinco che si tratta di una donna.

Però non può essere Giada. Non potrebbe mai farmi uno scherzo tanto idiota. Comunque scoprirò in fretta chi è la spiona: la mia falcata è troppo lunga e il mio fisico abbastanza allenato da recuperare terreno in
fretta. Adesso ce l'ho a pochi metri ed è in quel momento che noto i capelli lunghi, biondi, di quel biondo che è la mia ossessione.

Quando riesce a uscire dalle tribune, si dirige fuori dal complesso sportivo; ma prima che mi sfugga riesco ad afferrarle una mano e a farla girare.

La luce fioca dei lampioni del campus mi rivela il suo volto. E anche se fosse buio pesto, a svelarmi la sua identità ci avrebbe pensato il suo profumo, lo stesso che ho rubato dalla sua stanza e che conservo ancora.

Lo stesso che copre quello di Giada o di chiunque altra ragazza.

«Perché mi segui? Perché non mi lasci in pace?» Il mio tono è incazzato. In realtà, mi serve per dissimulare il compiacimento che ho provato per tutti questi giorni di fronte alla sua determinazione. Per una volta Sofia sta lottando e lo sta facendo per me.
«Non ti è ancora bastato?» infierisco.

Nei suoi occhi si accende un lampo di sfida. «E se ti dicessi che no, non mi è bastato? Che stavolta non smetterò di lottare?» Mi punta un dito contro il petto, ma io non indietreggio. Al contrario, la sovrasto finché non è costretta ad alzare la testa per riuscire a guardarmi. «Continua» le intimo.

«Non mi arrenderò, Char. Giada è la tua scusa, ma non sarà la mia.»

«Ancora » la esorto.

«Sono tua, Charles. Lo sarò per sempre.»

Dio!

Le afferro la mano, non so bene dove voglio condurla. So solo che voglio perdermi in lei, disperatamente, e mi sento uno stronzo ingratobperché solo qualche giorno fa ho condiviso un momento importante con un'altra ragazza e le dovrei almeno rispetto. Ma quando si commette uno sbaglio deve valerne almeno la pena, e in questo momento penso che Sofia valga ogni errore.

Il telefono vibra nella tasca posteriore dei miei pantaloncini e non me ne curo.

La desidero come un pazzo, tanto vale piantarla e levarci questa smania.

Solo per una volta. Forse mi basterà.

Potrei portarla nel mio appartamento, ma mentirei se dicessi che inbquesto momento ho intenti romantici, e non voglio che Andrea si faccia strane idee.

Non sto cercando una riconciliazione.

Cazzo, no che non la sto cercando!

Sofia mi segue senza dire una parola verso lo spogliatoio; il posto è deserto, visto che i nostri allenamenti sono finiti ore fa.

La spingo contro il muro, non voglio essere cauto, non voglio darle la
possibilità di ritrattare, non voglio essere delicato, e la bacio con urgenza, mentre apro la porta per poi fiondarmi dentro insieme a lei.

Sofia ansima, per la corsa e per il desiderio. E perché mi vuole.

Rivuole me, e mi sento un fottuto dio; carpisco la sua determinazione di riavermi, la assorbo come un unguento e mi prendo un minuto per osservarla.

Ha le guance arrossate, le labbra umide e gli occhi lucidi. Il suo petto è squassato da un respiro furioso e, quando mi concentro a guardare la vena che pulsa sul suo collo, vedo tutta la sua trepidazione.

È la stessa che provo anch'io.

«Tirati fuori dai guai adesso, Sofia, perché non si torna più indietro.»

Nega col capo e le poggio una mano sul fianco, bloccandola.

«Stasera non ci saranno promesse» la avverto.

Né stasera né mai, vorrei dirle, e invece sto mentendo, perché se si tirasse indietro adesso, quando l'aspettativa di assaporare di nuovo il suo corpo mi fa ammattire, potrei arrivare perfino a supplicarla.

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora