CAPITOLO 72

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Charles pov

Scorgo nei suoi occhi la consapevolezza di non essere abbastanza e
ciononostante la speranza di diventare tutto.

Il momento in cui dovrò vedere Sofia si avvicina. Non posso continuare a ignorare le sue telefonate o fare finta di dimenticare il cellulare chissà dove.

Sono due giorni che continuo a rimandare il nostro incontro. Il
massimo che le ho concesso è qualche messaggio per propinarle le mie
patetiche scuse, ma lei non è stupida e, nonostante sia stata poco insistente - e so quanto le sia costato -, mi ha dato spazio e fiducia, e io la sto ripagando come il codardo che sono.

Per fortuna Giada non si è fatta sentire e Giovanni sembra essere sparito.

Confesso di averlo cercato in ogni giardino o aiuola del campus.

E l'ho fatto con rabbia e impazienza, ma anche con il terrore di trovarlo,
perché probabilmente lo avrei aggredito a mani nude e nessuno sarebbe stato in grado di fermarmi finché non lo avessi ucciso.

La mia mente è un immenso gomitolo di lana ingarbugliato, che si dipana solo fino a un certo punto.

È frustrante avere un obiettivo ed essere a tanto così dal mandarlo a
rotoli per qualcosa che non riesco a controllare.

Il telefono squilla e impreco, rigirandomi nel letto e ficcando la testa sotto il cuscino. Smette, ricomincia daccapo e capisco che il momento è
arrivato. Sofia ha smesso di essere comprensiva.

Ma con mia sorpresa, quando afferro il cellulare, vedo che si tratta di Luc e il mio umore si risolleva un po'.

«Pronto?» rispondo.

«Figliolo, scusami se ho insistito. Eri impegnato?»

Il suo tono di voce è sempre così rassicurante che per un attimo considero di raccontargli tutto e di mettermi nelle mani di qualcuno di
cui mi fido.

Mi sono lasciato istintivamente avvicinare dal coach, riconoscendo in
lui un uomo buono. Ferito, annientato da un grande dolore e per questo forse un po' burbero, ma capace di un'enorme generosità.

«Mi stavo solo riposando un po'» mento. «Hai sentito il coach?» gli
chiedo, per evitare di confidargli realmente qualcosa.

«Mi ha chiamato ieri e sono molto felice per te. Perché non me lo hai detto tu?»

Già, perché? Forse perché in queste ore sono stato costretto a riemergere dal casino che mi ha travolto come un fiume in piena.

«Ho avuto da fare, suppongo.»

Lo sento sospirare. Mi sto dimostrando una missione difficile. Non faccio che domandarmi se il figlio che ha perso fosse uno di quei ragazzi che non creano nessun problema. Uno di quelli che rendono orgogliosi i propri genitori uno a posto come Lando.

Allungo la mano verso la testiera del letto e sfioro il cappello del mio amico, ricevendo da questo tocco una confortante sensazione di pace.

«Con Mr. Beckett siamo rimasti d'accordo di vederci fra un paio di settimane. Vorrei che ci fossi anche tu, Char. Tua madr » si blocca e si
schiarisce la voce. «Giulia » si corregge. «Lei vorrebbe tanto vederti. Faresti felice anche me.»

La nota di incertezza nella sua voce mi fa tremare.

Sono proprio un imbecille. Un caso disperato e indegno di queste due
persone, che non riesce a dire loro quanto gli vuole bene. Spero solo che
un giorno se ne accorgano e che io possa ricompensarli in qualche modo.

«Ci sarò» riesco a dire, trattenendo dentro di me la rabbia e la frustrazione per ciò che ho dovuto subire e che mi impedisce di essere l'uomo che vorrei.

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora