CAPITOLO 6

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Sofia pov

Speriamo sempre che là fuori qualcuno ci guardi come se fossimo la cosa più bella del mondo.

Mi precipito in camera, sperando che i miei non si accorgano che sono tornata così tardi. Gli allenamenti si sono protratti più del solito e, prima di presentarmi a cena, m'infilo dentro la doccia per togliermi di dosso il sudore e la fatica.

Appena esco dal box, scivolo sul pavimento bagnato. La ferita che mi sono inferta sotto la natica si riapre e sono costretta ad applicare un altro cerotto.

Dovrei piantarla di tagliarmi. Ho esaurito le scuse con Nino, e anche se gli parlassi dei miei problemi di sicuro non li capirebbe. È così focalizzato a rendermi la sua fotocopia che non mi starebbe neppure a sentire.

Sono la sua ragazza, e dovrei baciare la terra su cui il grande Nino Miles cammina. Devo agghindarmi, sorridere, fare la simpatica con chi reputiamo meritevole della nostra amicizia e snobbare gli altri, che ci trattano come dèi.

Non posso permettermi nessuna debolezza.

Cerco una pomata lenitiva nell'armadietto.

Dovrei averla qui da qualche parte, ma non la trovo e la fretta non mi aiuta.

«Oh, al diavolo!» mi arrendo. Tanto domani avrò lo stesso un bel livido.

Speravo di avere tutto il tempo per tranquillizzarmi in vista del grande arrivo, invece sono ancora tesa come una corda di violino.

Infilo un paio di shorts neri e una maglietta rosa a maniche lunghe.

Non ho il tempo di sistemare i capelli e improvviso una treccia. Lascio il viso struccato come stamattina, però applico sulle labbra un po' di gloss. Mi serve per non mordermi il labbro, cosa che faccio sempre quando sono nervosa... finché non assaggio il mio sangue.

Esco dalla stanza e indugio con lo sguardo verso la fine del corridoio.

Lui... sarà nella sua camera?

So dove l'hanno sistemato perché me l'ha detto Linda. Ci separano solo due porte.

Faccio due respiri profondi e corro verso le scale. Sento la voce di mio padre provenire dalla sala da pranzo e mi avvicino, col cuore che batte a mille.

Mio padre è seduto a capotavola, mia madre gli sta accanto.

Lui, invece, mi dà le spalle.

Spalle larghe, imprigionate da una maglia nera e aderente.

«Sofia, finalmente!»

«Scusami, papà. Ho fatto tardi» mi giustifico.

Quando lui si gira, i suoi occhi risucchiano tutto il mio fiato.

Oh. Mio. Dio.

«Ti presento Charles. Charles, lei è nostra figlia Sofia.»

Charles.

Mentre mio padre me lo presenta, resto zitta. Faccio due passi avanti, ma le mie gambe pesano come se fossero immerse nel cemento. Il mio fondoschiena pulsa ancora per il dolore, e mi concentro su quello per ritrovare un po' di calma.

Di solito funziona, ma Charles non stacca gli occhi da me e questo non aiuta il mio autocontrollo, né i miei polmoni a funzionare come dovrebbero.

Respira, Sofia!

Charles.

Ha due iridi chiare e profonde, che mi scrutano come se riuscissero a vedermi dentro, e comincio ad avere paura che, se continuerò a guardarlo, possa riuscirci per davvero. Detesto quello che scorgerebbe e voglio tenerlo nascosto, eppure non riesco a distogliere gli occhi.

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora