CAPITOLO 13

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Charles pov

Sentire dolore significa essere vivi.

Arrivo con l'auto di Lando davanti alla vecchia fabbrica di plastica ormai chiusa.

«Sei impazzito?» sibila il mio amico.

«Tranquillo, Landino!»

La Fabbrica. È evidente che il piccoletto ha già sentito parlare del posto e adesso è sul punto di farsela addosso per la paura, ma quando ci siamo conosciuti ha affermato che avrebbe voluto vivere il migliore anno della sua vita, da ricordare una volta al college. Be', lo sto aiutando a collezionare momenti memorabili.

«È un posto assurdo» dice. Intanto cerca di tenere ferme le gambe. Ho l'impressione che stia tremando tutto, ma deriderlo non è mia intenzione. Ho imparato a rispettarlo e non smetterò di certo stasera.

«Usciamo di qui!» lo incito e, appena salto giù dalla macchina, lui fa lo stesso.

«Che siamo venuti a fare, Char?» chiede, mentre busso al vecchio portonearrugginito.

Mi limito a sorridergli.

«Vedrai.»

Qualcuno dall'altro lato apre una piccola finestrella, ma resta in silenzio.

«Panda» sussurro, e poco dopo il catenaccio scatta e il portone si apretanto da farci entrare.

Un tizio pelato, con un giubbotto di pelle che ha visto giorni migliori, ciaccoglie con un'aria un po' ostile.

«Panda?» Lando è incredulo. «C'è una fottuta parola d'ordine ed è "panda"?» chiede schifato.

Gli faccio cenno di stare zitto. Ogni posto ha le sue regole, e quelle della Fabbrica non sono discutibili.

So in che direzione andare perché sono già stato qui. Per l'esattezza due giorni fa, dopo che il mio compagno di campionato Pierre mi ha parlato di questo posto. Lando mi sta attaccato alle chiappe. È visibilmente agitato.

«Merda!» continua a dire e, quando è sicuro che nessuno ci stia seguendo, mi afferra per un gomito. «Che diavolo succede, Char?»

Scosto una tenda lurida e malridotta che pende dal soffitto.

«Seguimi» replico soltanto.

È buio. Ci sono polvere e sporcizia ovunque. Il posto è abbandonato ed èperfetto per nascondere ogni giro losco che si consuma fra queste mura. È quiche si organizzano le corse clandestine. È qui che gli spacciatori piazzano la lororoba migliore. È qui che ho intenzione di fare qualche soldo e Carlos Martinez, ilboss, pensa di vincere una piccola fortuna scommettendo su di me.

«Per l'ultima volta, Char, cosa ci facciamo alla Fabbrica?» chiede terrorizzatoLando.

«Tu cosa credi?» gli domando, sbucando in un ambiente un po' più illuminato.

Da questa posizione si sente il boato della gente che circonda la pista.

Il pavimento sotto ai miei piedi vibra per il rombo dei motori già accesi el'adrenalina inizia a pompare forte nelle mie vene.

Mi faccio largo fra i corridoi pieni di gente. Ci sono molti messicani, nessuno di loro ha un bell'aspetto. Fra loro ci sono di sicuro degli spacciatori e personaggi che con le lotte clandestine hanno messo su un bel business.

«Oh, non sono stupido, Leclerc! Lo so che qui si corre, ma sono corse fuorilegge! Andiamocene. Possiamo trovare qualcos'altro da fare» sussurra, manon lo ascolto e continuo ad avanzare finché non mi ritrovo davanti a un tipogrande e grosso, con una brutta cicatrice che gli incide la guancia fino all'occhio.

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora