CAPITOLO 67

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Capitolo 67

Charles pov

Il passato ha il potere di venirci a cercare. E ci trova. Sempre.

Non appena Sofia chiude la porta, G. si protende in avanti per baciarmi.

«Ehi!» la blocco. «Giada, no.»

«Posso farti cambiare idea, Char. Lo sai che posso.»

Ma che diavolo le prende? La mia ragazza è appena andata via. Non può davvero credere che cederei così facilmente.

«No. Temo di no.»

Lei non mi sente nemmeno, si mette in ginocchio davanti a me e cerca di sbottonarmi la cintura.

«Che cazzo G.!» la afferro per le spalle e la faccio rialzare. «Io e Sofia stiamo di nuovo insieme. Credevo lo avessi capito dalla telefonata che ti ho fatto da Montecarlo Beach»

Quando alza il viso verso di me, noto un livido sullo zigomo. Il trucco riesce a coprirlo abbastanza bene, ma in controluce si vede.

Vorrei chiederle che cosa è successo, ma le sue mani si insinuano dove non dovrebbero.

«Sai cosa posso fare per te, e sai anche che ti piacerà da morire» continua.

Questa non è la Giada che ho conosciuto, è come se un'estranea avesse preso il suo posto.

Cerco di respingerla, ma la sua presa è d'acciaio. «No, Giada. La amo. Amo Sofia. Ti è chiaro?»

Lei si ferma di botto. I suoi occhi scintillano di rabbia.

«È finito tutto così? Ti sono bastati due giorni a Montecarlo Beach?»

«Mi dispiace, Giada.»

E sono sinceramente dispiaciuto di ferirla, ma non posso più nasconderle la verità.

«Non è adatta a te» soffia fuori con astio. «Cos'è? Ha smesso di essere
un cancro?»

«G., ti prego. Non rendere le cose più difficili.»

«È la verità, Char. Cosa sa lei del tuo passato, eh?»

Che diavolo.

Ora ne ho abbastanza di questa storia.

In più, le sue parole mi ricordano che mi è venuto a cercare, quel fottuto passato, ed esplodo.

«E invece tu? Cosa sai di me?» rido sprezzante. «Niente.»

«È qui che ti sbagli.»

Nel suo sguardo c'è un luccichio sinistro che non ho mai visto. Che
cosa è successo a Giada da quando sono partito per Montecarlo Beach? La sua
presenza mi inquieta come non era mai accaduto.

«Che intendi dire?»

«Novembre 2012» comincia, ma io non capisco.

Sento la vibrazione del suo cellulare e quando lo tira fuori dalla tasca spalanca gli occhi e va alla finestra.

Scosta le tende e controlla qualcosa,
ma torna veloce da me.

«G., che sta succedendo?»

Ignora la mia domanda e prosegue. «Un ragazzino arriva in casa di mia madre e del mio patrigno. Una settimana dopo ne arriva un altro. È la sua ombra.»

Il sangue nelle mie vene diventa ghiaccio. Il cellulare continua a vibrare nelle sue mani, ma ogni suono mi arriva ovattato, sento solo il battito furioso del mio cuore.

«Vengo mandata dalla nonna, come sempre quando arrivano dei ragazzini presi in affido. Lo fanno per i soldi. Lui. Lui lo fa per i soldi e io sono d'intralcio, ma c'è di più. Non lo fa solo per quello, ci sono motivi che mia madre ignora.»

«Vai via. Ti avevo detto di non venire per qualche giorno!»

«Ma mamma, mi mancavi tanto »

Di nuovo quel ricordo.

La scena che Giada mi sta raccontando prende di colpo forma nella mia testa e per poco non mi cedono le gambe.

G. continua a guardare il cellulare, la finestra e la porta. È agitata, come se da un momento all'altro qualcuno potesse fare irruzione nella stanza. «Giada, chi è al telefono?»

«Quando mi mettono sull'auto per mandarmi via, scalcio e strillo,
Charles. Lo faccio come se fossi una mocciosa viziata, ma è perché voglio avvisare quei ragazzini di correre via, il più lontano possibile da quella casa. E sai perché?»

Scuoto la testa stordito, come in trance.

Giada sta piangendo, la sua voce trema e quel presentimento io non lo voglio accettare, ma mi cala addosso come il buio della notte.

Il suo telefono vibra ancora, i suoi occhi si posano sul display, poi geme disperata e lo scaglia lontano da lei.

Ansima. I suoi singhiozzi sono terribili, mi ricordano quelli di Andrea quando tornavo nella nostra stanza, dopo che il mostro mi chiamava in garage.

Mi rivelano una verità che non voglio ascoltare.

Giada stringe la catenina che porta al collo e un ricordo esplode nella mia mente.

Elena, sua moglie, ne aveva una uguale.

«Perché?» la incito, sputando la domanda fuori dai denti.

Finalmente cede.

«Perché so che Giovanni farà a loro ciò che ogni sera faceva a me.»

Le sue parole mi rubano il respiro ma veniamo interrotti da un tonfo, qualcosa che viene lanciato contro la porta.

Giada urla e si porta le mani alla testa.

«Che cazzo succede?»

L'appartamento è al secondo piano e qualcuno sta scendendo le scale di corsa, sento distintamente i passi. La mia prima reazione sarebbe quella di seguirlo, ma quando spalanco la porta per precipitarmi fuori inciampo su qualcosa.

Sono troppo sconvolto dalle rivelazioni di Giada per gettarmi all'inseguimento del bastardo, mi limito ad andare verso la porta e ad aprirla. Ogni passo mi costa una fatica terribile, è come se stessi nuotando nel fango.

C'è qualcosa sul tappeto. Lo raccolgo: è un sasso avvolto in un foglio dove spicca una scritta in rosso. "Di' bentornato al paparino."

La nausea mi stringe lo stomaco e un conato mi risale in gola. La vista per un attimo mi si offusca.

«Di' bentornato al paparino, Charles.»

«Bentornato p-paparino.»

«Ottimo! E adesso dimostrami quanto sei contento di vedermi.»

In lontananza sento stridere gli pneumatici di una macchina e un'atroce convinzione si fa strada nella mia testa.

«Oddio » La voce di Giada mi fa tornare in me e riprendo a ragionare lucidamente.

È inutile che lo insegua, sarà già lontano.

«È stato lui» mormora sconvolta.

Lui. Giovanni.

Ed Elena era la madre di Giada.

Mi mordo forte il labbro fino a sentire in bocca il sapore metallico del sangue.

«È ossessionato da te, Charles. Non ti lascerà mai in pace.»

Tutto il tempo del mondo con te; Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora