Capitolo 2

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È una terrazza, bellissima, piena di fiori.
In un angolo, c'è una casetta, tipo quelle da giardino, in legno.

"E quella?", chiedo incuriosita.

"Quella è la mia stanza."

"Posso entrare?"

Annuisce, ed io entro.

Appena apro la porta, noto che è minuscola anche per una sola persona.
C'è un letto singolo, un cucinino e un televisore. Sul letto c'è un pc portatile e una chittarra elettrica azzurra, ed affianco c'è una pianola piccola.

"Tu... Vivi qui? E come fai?"

"Ormai ci sono abituato."

Abbassa lo sguardo, e mi avvicino a lui.

"Da quanto vivi qui?"

"Sono il nipote del direttore. Vivo qui da quando avevo 14 anni, i miei genitori sono morti in un incidente stradale."

D'istinto lo abbraccio.

Usciamo dalla casetta, e andiamo a sederci su una panca vicino al muretto. Si vede tutto il paesaggio che contorna Roma.

"Wow. Si vede il colosseo!"

"Già. E di sera è stupendo."

Si gira a guardarmi.

"Che c'è, Antonio?"

"Ecco, non chiamarmi Antonio. Chiamami Stash, per favore."

"Va bene."

"Sai, è strano."

Lo fisso, incuriosita dalla sua affermazione.

"Cosa?"

"Ti conosco da circa un'ora, e mi sei entrata dentro, con quegli occhioni che scrutano tutto.
Sei la prima ragazza che vede questo posto, ma sento che di te posso fidarmi. Hai bisogno di essere salvata, protetta, dal posto in cui vivevi. Per questo sei venuta qui a Roma, giusto?"

"S-si." Iniziano a scendermi alcune lacrime, così mi alzo e vado verso le scale.

"Scusa Stash. Vado a cercare un posto per dormire. A domani." Torno indietro, lasciandogli un bacio sulla guancia.

"Aspetta!", mi ferma prendendomi per il braccio.

"Che c'è?" Mi volto, cercando di nascondere il fatto che stavo piangendo.

"Ti ho fatta piangere? Che ho detto di sbagliato?", mi chiede, con quegli occhioni nocciola che mi scrutano.

"Non hai detto nulla di sbagliato. Hai solo colpito nel segno. Sei riuscito a capire tutto in un attimo."

"Ah. Senti, se vuoi puoi dormire qui. Sempre che non ti diano fastidio gli spazi piccoli. Tu dormi nel letto, e io mi metto su una brandina vicino alla cucina."

Mi fissa speranzoso.

"Stash... Grazie, ma non voglio disturbarti."

"Macchè disturbo! Poi io stasera suono in un locale!"

"P-posso venire a vederti?"

"Certo!" Si apre in un sorriso a 32 denti.

"Grazie. Vado a prendere le valigie, allora."

"Vengo con te, così ti aiuto."

"Grazie."

Scendiamo, e incontriamo Marco.

"Sara, Antonio, dove andate?"

"A fare un giro, zio."

"Marco, avrei un favore da chiederle."

"Certo, per te tutto! E dammi pure del tu!", prova a farmi l'occhiolino, ma gli riesce male. Lo guardo male, ma decido di ignorarlo e di porre la mia domanda.

"La prossima settimana avrei bisogno di una giornata libera."

"Certo, va bene. Quando?"

"Giovedi."

"Perfetto."

Io e Stash andiamo verso le mie valigie, mentre Marco se ne va.

"Anche io ho chiesto libero giovedi."

"E dove devi andare?"

"Non te lo dico se non me lo dici pure tu."

"Allora niente."

Gli faccio la linguaccia, e poi, con le valigie in mano, mi metto a correre, inseguita da Stash che mi grida di fermarmi ridendo.

'Portami dove si vola.'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora