"Vieni qui.", mi dice Stash allargando le braccia.
Mi ci fiondo, e inizio a piangere.
"Tranquilla.", continua poi, accarezzandomi i capelli e lasciandomi dei baci fra essi.
"Cosa succederà ora ad Alex?", chiedo staccandomi dal suo abbraccio.
"Spero nulla. È da un pò che loro non vanno d'accordo, e lui aveva sempre voluto vendicarsi. Ora ha trovato la scusa giusta, così l'ha mandato in galera, e pagherà per tutti i reati commessi, da quando ha aperto l'hotel ad oggi."
Rimango senza parole. Il direttore di un hotel così bello nella capitale d'Italia, ed è una persona di cui non fidarsi proprio.
Dove stiamo finendo..."Ci sei?", mi chiedo, notando che mi ero persa nel mio mondo.
"Si, scusa."
"Tranquilla, piccola. Certe volte hai la capacità di isolarti in mezzo a tantissime persone, hai davvero bisogno di essere salvata. Piuttosto, mi parli di te?"
"E la sala?"
"Se la caveranno gli altri.", mi dice sorridendomi.
"Va bene.", dico poco convinta. Non mi piace parlare di me, anche perchè quando lo faccio molti mi dicono che sono esibizionista e faccio la vittima, ma in realtà ho solo bisogno di sfogarmi.
"Tranquilla. A me non apparirai ne vittima ne esibizionista, ok?", mi dice leggendomi nel pensiero, lasciandomi un bacio all'angolo della bocca. Sorrido lievemente, sentendo le guance andare a fuoco. Poi, prendo fiato ed inizio a parlare.
"Ho 18 anni, e ho concluso la terza classe dell'alberghiero. Vengo da una cittadina di montagna, dove c'è una maggioranza di tedeschi. Ho fatto le scuole italiane, compreso un anno di liceo economico commerciale, ma sono stata rimandata, e ho deciso di provare la scuola alberghiera, anche se era in tedesco. Ho voluto sfidare la sorte, perchè è risaputo che i tedeschi da me odiano gli italiani. Io, essendo timida di mio, ho iniziato a isolarmi, sempre di più. Per fortuna c'era il ballo, che mi aiutava ad andare avanti, e a non mollare nonostante tutto e tutti, nonostante mamma e nonna e le loro regole. I miei compagni continuavano a farmi domande su di me, e sulla mia famiglia, ma io, con la mia timidezza, rispondevo quasi a monosillabi. Ho deciso di arrivare alla fine della terza, sostenere l'esame di sala e poi andarmene da quel posto, perchè non ce la facevo più. Ho sempre sognato di venire a Roma, è la città dei miei sogni, la amo da sempre e l'ho sempre vista come la città del mio futuro, non chiedermi perchè. E siccome con la nostra scuola si è obbligati a cercare un lavoro estivo, io, sapendo dei provini, ne ho approffitato per venire qui. E se dovesse andare male ad Amici, vorrei tentare di entrare all'Accademia della Danza, per migliorarmi."
Concludo voltandomi verso di lui, mentre parlavo fissavo il vuoto. Noto che ha gli occhi lucidi, ma non capisco il perchè.
"Wow. Non ho mai sentito una diciotenne così determinata riguardo al suo futuro. E riguardo i tuoi compagni, posso solo dirti che sono degli stupidi, si sono persi per tre anni una ragazza fantastica. E si, mi hai commosso.", mi dice.
"Non so che dire."
Mi abbraccia, e poi mi prende il viso fra le mani.
"Sara. Devo dirti una cosa."
Ciao a tutti!
Allora, premetto che questo è stato finora il capitolo più difficile, ho tralasciato moltissime cose su di me, che non so se scriverò, e si, i miei compagni sono davvero così.
A questo capitolo ci tengo moltissimo, spero vi piaccia.
Commentate, votate e grazie mille!
~Sara
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'Portami dove si vola.'
Romance' "Sai, penso che tu sia come il mare.", mi dice guardandomi. "Cioè?" "Sei calma come il mare d'estate, ma può bastare un attimo per farlo diventare tempestoso. E poi, nonostante il mare continui a sbattere sugli scogli, trova sempre la forza di rip...