2.

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Non aveva idea di dove si trovasse.

Le immagini nella sua mente erano confuse, avvolte in una nebbia densa dalla quale non riusciva a venir fuori. Le luci del locale la confondevano, qualcuno stava cantando una pessima versione di un qualche brano di Madonna, o forse era Britney Spears, non riusciva a capirlo... onestamente, non le interessava.

La testa le stava scoppiando, sentiva le gambe tremare e la terra danzarle sotto i piedi. Se Callum non fosse stato accanto a lei e non l'avesse sorretta, sarebbe scivolata sul pavimento e lì sarebbe rimasta.

Sentiva lo stomaco in subbuglio e le veniva da vomitare. Faceva persino fatica a tenere gli occhi aperti. Possibile che un paio di birre le avessero fatto quell'effetto? D'accordo che era a stomaco vuoto, ma non si era mai sentita così male in tutta la sua vita.

Ogni volta che chiudeva gli occhi e li riapriva, era come morire e poi rinascere.

E ogni volta che rinasceva era l'inferno.

«Casa» biascicò, «voglio tornare a casa.»

«Usciamo da qui» le mormorò Call all'orecchio. Serrò di più la presa attorno alla sua vita e la trascinò fuori dal locale.

L'aria fredda della notte la aiutò a riprendersi.

«E lasciami!» Diede uno spintone a Callum e barcollò lontana da lui.

Il ragazzo la fissò con un'occhiata lussuriosa, di cui lei non si accorse, e si scambiò uno sguardo con i suoi due amici.

La raggiunse di nuovo e la afferrò per un gomito. «Credevo avessi detto di voler tornare a casa.»

Lei lo guardò con un sorriso gongolante e annuì, completamente andata.

«Allora seguimi, pupa. Casa è da questa parte.»

Lei annuì di nuovo e lo seguì, docile come un cagnolino ammaestrato.

Aspetta un attimo... che stava succedendo? Era lei a non vedere più bene o erano entrati in una strada buia?

La testa tornò a essere pesante e ovattata, come se il cervello fosse diventato troppo grande per essere contenuto nella scatola cranica e stesse quindi cercando di uscirle dalle orecchie, che ronzavano.

«Aspetta» mormorò, «fermati... sto male.»

Lui non diede segno di averla sentita e continuò a camminare.

«Callum.»

Venne trascinata contro un muro, con un gesto così repentino che si rese conto solo qualche istante dopo di essere inchiodata tra la parete gelida e il corpo bollente del ragazzo.

«Shhhhh...» sussurrò lui, il suo fiato che puzzava di birra e salatini. «Va tutto bene: rilassati. Ti prometto che tra poco starai molto meglio.» Cominciò a lasciarle una serie di baci umidi lungo la mascella.

«No... che fai? Smettila...» protestò lei, e cercò di spingerlo via con le poche forze che le erano rimaste.

«Shhh» ripeté Call, e le chiuse la bocca con un bacio ben poco gentile.

Lei gemette e si dimenò. «No... non voglio. Lasciami andare... LASCIAMI!» urlò, non appena si accorse della mano rude di Callum che le accarezzava la coscia nuda e le sollevava la gonna del vestito.

Quando lui le chiuse di nuovo la bocca con un altro bacio, lei sollevò le mani per cercare di allontanarlo e usò le unghie per graffiargli il viso. Erano troppo corte per fare grossi danni, ma quando Callum si allontanò, riuscì a scorgere lunghe linee rossastre rigargli le guance. Dal sorriso malato che le rivolse, capì solo di averlo eccitato di più.

𝐓𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐓𝐫𝐚𝐧𝐧𝐞 𝐋'𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora