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Erano le tre del mattino passate solo da pochi minuti. La strada davanti era vuota, rarissime macchine si accostavano alla loro, superandoli e correndo via verso l'alba, ancora lontana. L'abitacolo era quieto, la radio spenta da una mezz'ora e il suono del motore l'unico a riempire il silenzio.

Jon viaggiava a una velocità costante, un sicuro novanta chilometri orari che oscillavano appena a seconda dei tratti, ma niente più di pericoloso o allarmante. Si era calmato e il suo modo di guidare con lui.

Lydia era appallottolata sul sedile, il fianco poggiato contro lo schienale e il viso rivolto verso di lui. Indossava il suo giacchetto di pelle come una coperta, perché l'aria dicembrina della notte aveva presto cominciato a farsi sentire e quel vestitino leggero che indossava poco poteva fare per proteggerla. Era comunque un'ottima scusante per avvolgersi nei panni di Jon, che profumavano sempre così tanto di lui. Era come se non riuscisse mai ad averne abbastanza, anche se lui era lì, a pochi centimetri.

Il sonno stava vincendo su di lei molto più velocemente di quanto non avesse voluto. Aveva già dormicchiato nell'oretta precedente ed era quando Jon se ne era accorto che aveva spento la radio per non disturbarla.

Ora eccola di nuovo con gli occhi aperti, a osservare il profilo che lui le stava offrendo, dato che il suo sguardo era adesso saggiamente puntato sulla strada.

«Non dormi?» le chiese dopo un po', lanciandole una fugace occhiata di traverso. Un sorrisetto gli dipinse le labbra alla consapevolezza che lo stava fissando.

Era una cosa che faceva sempre, la sua piccola fan.

Lydia coprì uno sbadiglio con la mano. «Stavo dormendo...»

«Ma?» Jon allungò una mano e sfiorò quella di lei, che intrecciò le dita alle sue.

«Posso chiederti una cosa?»

«Tutto quello che vuoi» rispose Jon, carezzandole il dorso con movimenti circolari del pollice.

«Che cos'è che ti ha fatto scattare in quel modo, prima?»

Lydia avvertì subito quanto quella domanda lo avesse fatto irrigidire, ma non si pentì di averla posta: avevano bisogno di chiarirsi e lo sapeva bene anche lui. Tenersi tutto dentro non era positivo per nessuno dei due e lo avevano appena sperimentato.

Jon non era il tipo da confidarsi o essere in grado di fare lunghi discorsi esplicativi sul suo stato d'animo o sulle sue preoccupazioni e gli unici momenti in cui riusciva davvero a esprimersi senza remore erano quelli in cui era troppo cieco di rabbia per rendersi conto di come le parole fluivano dalla sua bocca. Ma non poteva aspettare di perdere la ragione di nuovo, per affrontare l'argomento, e lo sapeva bene.

Così, sospirò e cercò di rilassarsi. Le dita leggere di Lydia lungo il suo avambraccio lo aiutarono nell'impresa.

«Ho paura.» confessò alla fine. Erano state solo due parole, poco più di un roco sussurro che aveva lasciato la sua gola a fatica.

Il cuore di Lydia mancò un colpo. «Credevo che tu non avessi paura di nulla» lo punzecchiò, cercando di alleggerire la situazione.

Il suo tentativo andò a buon fine, perché Jon sorrise, ma c'era qualcosa di amaro nella piega della sua bocca. «Era quello che credevo anch'io... prima di incontrare te.»

Altro colpo al cuore.

«Di che cosa hai paura?»

«Non è forse chiaro?» mormorò lui di rimando, ancora quel sorriso mesto ad adombrargli il volto. «Ho paura di perderti, Lydia. Ho paura che tu realizzi che non sono l'uomo che credi. Che io non sono Daryl Ashton, anche se a volte lo ricordo molto.» Ridacchiò senza gioia e a Lydia si strinse il petto. «Io sono Jonathan Gabriel e non sono bravo nelle relazioni. Sto cercando di fare del mio meglio ma, come avrai potuto notare, non sto facendo grossi progressi.»

𝐓𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐓𝐫𝐚𝐧𝐧𝐞 𝐋'𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora