6.

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«Allora: cerchiamo di capire che cosa ricordi, innanzitutto.»

Erano seduti attorno all'isola della cucina, intenti a fare colazione.

Lydia addentò il suo toast. «Spara.»

«Domanda semplice: come ti chiami?»

«Lydia» rispose lei prontamente.

«Cognome?»

Lei corrugò la fronte, nello sforzo di ricordare, ma alla fine scosse il capo. Avevano stabilito delle regole: quando avvertiva il dolore alla testa farsi troppo forte nello sforzo di ricordare, doveva desistere. «Niente» rispose con un sospiro.

«D'accordo, non ti scoraggiare, era solo la seconda domanda. Vediamo... quanti anni hai?»

Lydia sgranò gli occhi e scosse ancora la testa, realizzando solo in quel momento di non avere nemmeno idea di quanti anni avesse o di quando fosse il suo compleanno. «Dio... è così frustrante! Quanti anni pensi che io abbia?»

Jon le riservò uno sguardo divertito. «Cos'è, una domanda trabocchetto?» Lei lo guardò male e lui ridacchiò. «Mah, direi sui quindici.»

«Hey! Non sono così piccola!»

«Veramente lo sei» ribatté, indicandola.

«Il fatto che non sia una gigante come te non fa di me una bambina.»

«Io non sono un gigante. Sei tu a essere un tappo.»

«Seriamente. Credo di avere ALMENO tra i ventiquattro e i ventinove anni.»

«Ti concedo dai ventidue ai ventisette. Mi rifiuto di credere che tu sia più grande di me» rispose Jon, che di anni ne aveva ventotto.

«D'accordo, d'accordo. Tra i ventidue e i ventisette, allora.»

«Perché non provi a controllare il cellulare? Magari hai conservato qualche messaggio di auguri.»

Lydia afferrò il vecchio telefono nel quale Daryl aveva inserito la sua scheda e cliccò sui messaggi. Ne lesse alcuni inutili e privi di informazioni, fino a quando trovò qualcosa di interessante. «Hey, eccone uno! "Auguri di buon compleanno, piccola. Ricorda che, qualsiasi cosa accada da questo momento in poi, io ti sono vicina. Spero tu stia bene. Mi manchi. Torna presto. Ti stiamo aspettando. B."»

Lydia sbatté le palpebre per trattenere lacrime di commozione. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma c'era un nodo che le occludeva la gola, così si limitò a lasciare un sospiro tremante. Jon la osservò silenzioso, dandole il tempo di combattere contro qualsiasi cosa stesse accadendo nella sua mente.

«È datato... quindici settembre» mormorò, ma non sembrava comunque entusiasta di aver scoperto qualcosa di nuovo.

Jon si sporse verso di lei. «Va tutto bene?»

«Io... credo di sì. Dovrei essere dispiaciuta o qualcosa del genere, per questo messaggio. Insomma, questa B. sembra davvero essere preoccupata per me, come se mi fosse successo qualcosa di brutto. Ti sono vicina. Spero tu stia bene. Torna presto» ripeté assorta, «chissà che cosa mi è successo... chissà dove sarei dovuta tornare e perché non l'ho fatto.»

«Sai, l'altra sera, quando ci siamo incontrati per la prima volta fuori dal locale... stavi litigando al telefono con questa B. Non ricordo di preciso che cosa le stessi dicendo, non erano affari miei, ma mi è sembrato di capire che lei ti stesse chiedendo di tornare a casa e tu le dicevi che non lo avresti fatto. Che stavi con... Call.» Qui la sua voce si fece più scura e vibrante.

𝐓𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐓𝐫𝐚𝐧𝐧𝐞 𝐋'𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora