«Vuoi che venga con te?»
«Sì, per favore.»
Era con quello scambio di battute che si era decisa la situazione in cui erano in quell'istante.
Lydia si torse le mani in grembo e lanciò un'occhiata alla struttura bianca fuori dal finestrino. Il suo accompagnatore parcheggiò la lussuosa macchina sportiva, nera e lucida come il dorso di uno scarafaggio, nell'unico posto libero che erano riusciti a trovare dopo almeno tre giri. Lei si tolse gli occhiali da sole, facendoli scivolare sopra la testa e tirando indietro i capelli ramati che, lasciati sciolti, le cadevano sulle spalle, fino a lambirle i fianchi. Avrebbe dovuto tagliarli un po', prima o poi.
«Come ti senti?»
Una mano calda e grande si posò sulle sue più piccine e gelide, stringendole con tenero affetto.
Lydia si voltò e mostrò un sorriso appena accennato. «Starò bene.»
Chase Lewis annuì e la stretta intorno alle sue mani si fece più salda, infondendole il coraggio che le serviva per decidersi a scendere dall'auto e affrontare la giornata.
«Su, andiamo.»
Lydia annuì, prese un ultimo, profondo respiro e aprì lo sportello.
L'aria frizzantina, tipica delle mattine invernali, l'accolse con un sospiro leggero, quasi svegliandola da quello stato di torpore che il calore della macchina (e delle mani di Samuel) le avevano regalato.
Lui l'affiancò e la strinse teneramente a sé, poggiandole un bacio sulla tempia. «Andrà tutto per il meglio, vedrai» le sussurrò a mo' di incoraggiamento.
Di nuovo, Lydia si limitò ad annuire e, ancora legati da quell'abbraccio, si incamminarono verso l'ampio parco antistante la clinica.
*
«Partiamo con qualche domanda di base, va bene?»
Lydia prese l'ennesimo, profondo respiro della mattina, considerando che, se le riserve di ossigeno nel mondo fossero state limitate per ogni persona, lei avrebbe già consumato gran parte della sua scorta vitale.
Fissò il soffitto bianco e asettico della stanza, le mani intrecciate sul ventre, la schiena adagiata sul divanetto di pelle chiara.
Lanciò un'occhiata fugace a Chase, che se ne stava seduto su una sedia all'angolo della stanza, poi tornò a guardare in alto, perdendosi nei dettagli del decoro che contornava i bordi delle pareti.
«Va bene» rispose, «sono pronta.»
Maria Màrquez, la bella psicologa di origini ispaniche che l'aveva in cura, girò il foglio del suo block notes, penna alla mano. «Come ti chiami?»
«Lydia. Lydia Russo.»
«Lo ricordavi, dopo l'incidente?»
«No... non subito» ammise mentre, con un moto d'affetto che le tirò le labbra in un sorriso, ricordò che Jon l'aveva chiamata piccola lottatrice per tutta la sera e tutto il giorno seguente, prima di sapere quale fosse il suo vero nome.
Maria appuntò qualcosa. «E quando lo hai ricordato? In che circostanze?»
Lydia ci pensò un po' su. «Un messaggio. Sì, Jon mi disse di aver letto sul mio cellulare che alcuni amici mi chiamavano Lys. Ho avuto un flash e in quel momento ho saputo che il mio nome era Lydia.»
Maria fece un cenno col capo, poi spostò le sue iridi affascinanti sul giovane che occupava la sedia al lato della stanza.
«È lei Jon?» domandò, non ricordando che, al momento delle presentazioni, il nome fornito dall'uomo fosse Chase.
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𝐓𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐓𝐫𝐚𝐧𝐧𝐞 𝐋'𝐎𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨
Romance«Nel momento stesso in cui ho deciso di entrare in quel vicolo e salvarti, sei diventata un mio problema.» Lei sentì un tuffo al cuore e deglutì. «Vieni a casa con me.» Quelle iridi blu erano così serie e intense che lei non riuscì a sostenere il su...