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Zoe riuscì ad ammettere a se stessa una cosa: era strana

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Zoe riuscì ad ammettere a se stessa una cosa: era strana.

Solo fino a due anni prima non faceva altro che pregare Dio affinché la situazione rimanesse sempre sotto controllo, desiderando ogni giorno di svegliarsi senza ricevere la notizia di qualche missione dannifica come lo era stata quella che riguardava Ultron.
Quel periodo della sua vita era stato così stressante, così pesante, che Zoe non desiderava di certo ripetere una situazione del genere. Tutto ciò che aveva vissuto in quei giorni, le paure profonde rivissute in prima linea, i viaggi interminabili, il rischio di morire ogni giorno l'avevano esaurita così tanto che sperò davvero di non ritrovarsi mai più in situazioni del genere.

Eppure, dopo la firma degli Accordi e dopo aver constatato che il governo la tenesse lontana da ogni situazione più critica, si era resa conto che in un certo senso quella sensazione di essere lì presente dove il pericolo era più alto le mancava un po'. Era diventata così brava a gestire i suoi poteri, così sicura di se che voleva davvero rimettersi in gioco ad ogni costo soprattutto dopo l'incidente a Lagos. Lì non era stata del tutto sua la colpa, nonostante si ritenesse in parte responsabile, ma dopo quell'evento erano cambiate così tante cose che Zoe voleva davvero scendere di nuovo in battaglia in qualche modo.

Che lo voglia o no, in quelle missioni così pericolose era uscita la vera Zoe: potente, determinata, testarda al punto giusto e così altruista da mettere spesso la vita degli altri davanti alla sua. Tutte quelle volte in cui era riuscita a salvare delle vite, Zoe ne aveva fatto tesoro. Non si sentiva importante, si sentiva adeguata. E fiera di se stessa, perché un tempo forse non avrebbe mai messo la vita degli altri prima della sua. Ma Zoe era cambiata da quando gli Avengers erano entrati nella sua vita, e da quando lei era entrata nella loro, a tal punto che per lei il bene della comunità era diventata la priorità assoluta.

Gli Accordi erano stati, per lei, un punto di inizio che però non avevano mai avuto un arrivo vero e proprio. Si, le missioni erano state limitate così come il range del pericolo, ma avevano chiuso Zoe in una bolla da cui non riusciva più ad uscire. Sia per il suo malessere interiore, principalmente, e sia per il modo in cui veniva trattata dalle persone che stavano più in alto di lei. La definivano pericolosa, ormai non aveva più dubbi, e ciò il più delle volte faceva venire i dubbi pure a lei. Ma poi si ricordava di ciò che aveva spinto lei, in primis, a capire di non essere pericolosa e a fidarsi di se stessa, così pian piano le cattive opinioni nei suoi confronti cominciavano a scivolarle via di dosso.

Ed ecco che, ogni volta, ritornava in lei la voglia di rimettersi davvero in gioco con qualcosa di più rischioso. D'altronde, ciò che era rischioso per lei lo era il doppio per la gente comune, quindi perché tenerla lontana da una situazione che lei avrebbe potuto gestire? Perché non coinvolgerla quando sapevano perfettamente che Zoe Knox avrebbe potuto dare una grossa mano nelle situazioni più rischiose? Era sbottata in conferenza, quel giorno, consapevole delle conseguenze che le sarebbero toccate. E nonostante quelle conseguenze la spaventassero un po', alla fine non le importava più di tanto: le bastava essersi tolta di dosso il peso di non dire la verità, di continuare a vivere dentro quella maledetta bolla.

GROWN • Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora