‹‹ Epilogo ››

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Un anno dopo

Il cielo stava pian piano perdendo la sua luce, l'azzurro del giorno cominciava a sfumare nell'arancio e nel rosa del tramonto divenendo sempre più scuri, sempre più profondi, freddi; lasciando spazio alla notte e alla sua magia che avvolgeva la città di Busan.

Un gruppo di amici correva all'unisono lungo la passerella che divideva la spiaggia in due corsie, pronti a raggiungere quando prima la riva, lasciare che le onde del mare carezzassero con la loro freschezza i loro piedi e permettere agli occhi di assistere a quello spettacolo da cartolina che era il tramonto da quella prospettiva. A occhi esterni si direbbero amici di vecchia data visto il loro affiatamento, nessuno crederebbe che quel gruppo così compatto, dai volti sorridenti e sereni, dalle braccia intrecciate sulle spalle altrui si formò nel corso del tempo; individui diversi, con età e passati diversi si incontrarono in diversi momenti della loro vita.

Individui diversi ma uniti da un filo conduttore: l'incompletezza, il bisogno di cambiare vita e di prendere in mano la propria che, per un motivo o l'altro, era stata strappata via da qualcuno di esterno.

Kim Youngjo fu il primo a farlo, insieme alla sorella maggiore Jieun divenuta da poco madre di una bellissima bambina alla quale venne impedito di crescere insieme a suo padre; una relazione malvista tra la primogenita della Kim Cosmetics e un semplice ragazzotto occidentale, a Seoul solamente per studio. I due fratelli partirono più uniti che mai, senza rimpianti per la scelta fatta, decisi a volersi allontanare il più possibile da quella malsanità che aveva contraddistinto le loro vite fin da quando avevano mosso i primi passi nel mondo; destinati ad essere quello che non erano, modellati dai loro genitori e costretti a vivere un regime di vita rigido e privo di svago.

A far loro da spalla c'era Kim Gunhak, il migliore amico di Youngjo quasi un fratello; due ragazzi conosciutasi all'asilo, il primo più piccolo del secondo di soli due anni, cresciuti insieme tra le vie di casa e i banchi di scuola. Un'amicizia destinata a durare nel tempo.

Gunhak era orfano, non aveva più niente che lo teneva legato a quella cittadina di provincia, non aveva più nulla che lo motivava a rimanere lì se non Youngjo e Jieun. Perciò decise di unirsi a loro e affrontare quel nuovo viaggio insieme ben conscio che inizialmente avrebbero incontrato ostacoli che ad una prima occhiata sarebbe sembrati insormontabili, ma che se fossero affrontati come un gruppo, allora anche il più insuperabile di essi sarebbe parso innocuo.

Lee Seoho fuggiva dal suo triste passato costituito da due genitori che conobbe ma che fu impossibile per lui avere un ricordo di essi; morti quando lui era ancora un neonato e cresciuto fino alla maggiore età in una casa famiglia circondato da tanti altri bambini suoi coetanei o meno. Un'esistenza piena di prese in giro per via del suo viso più paffuto degli altri, per quegli occhiali tondi indispensabili per la vista, per quell'apparecchio fastidioso che il dentista gli aveva messo per correggere la sua dentatura e per via di quel suo essere timido e introverso. Un'esistenza piena di solitudine, perché nessuno lo sceglieva preferendo bambini più attivi, energici e amichevoli rispetto a lui, perché nessuno riusciva a comprendere quel ragazzo che se ne stava sempre sulle sue non capendo il suo sentirsi fuori posto, diverso. Un'esistenza piena di ricerca di amore e affetto che non ricevette mai da nessuno.

Yeo Hwanwoong e Lee Keonhee, due ragazzi ai poli opposti in tutto e per tutto che si conobbero tra un bancone e i tavolini di una caffetteria di Seoul; il primo scappava da una famiglia perfetta, in tutti i sensi, ma che divenne il suo antagonista dopo aver scoperto per puro caso di essere stato adottato quando aveva appena cinque anni. A essa seguì il periodo più buio della sua vita del quale portava ancora le cicatrici sulle sue braccia; un'adolescenza trascorsa per strada con un ago infilato nelle braccia e il ricovero in ospedale per overdose e nonostante il riconciliamento con quelli che gli fecero da genitori, ormai, si sentiva fuori posto. Doveva cambiare aria e trovare la sua vera identità, il suo vero io. Il secondo invece aveva una vita ordinaria che si trasformò nel momento in cui perse il suo punto di riferimento: la sorella maggiore alla quale era profondamente legato. L'incomprensione da parte dei genitori, lo stress che mano a mano si accumulava nel suo corpo perché ora era diventato lui l'uomo di casa e come tale doveva mostrarsi forte e non debole, non poteva permettersi di versare lacrime durante il funerale della sorella, non poteva permettersi di scomporsi; doveva portare onore al suo cognome e alla sua famiglia. Ma proprio non ce la faceva, come poteva mostrarsi impassibile davanti alla morte? Come poteva essere forte se la sua ancora se n'era andata per colpa di un ubriaco che non ha rispettato il semaforo?

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