Capitolo 40 ‹‹ Minseo››

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Dopo aver portato Debra in cucina ed essermi assicurata che mettesse qualcosa sotto i denti, raggiunsi Youngjo nella sala da pranzo.

Lo trovai intento a ripulire il tavolo dai vari contenitori e sacchetti che fino a qualche mezzora prima contenevano quegli squisiti panini e patatine che avevano accontentato le nostre papille gustative con il loro immenso sapore grasso e i nostri stomaci affamati, decisi, quindi di aiutarlo a ripulire approfittando di quel momento per godermi un po' la sua compagnia e per assicurarmi che stesse veramente bene.

<< tutto bene?>> gli chiesi raccogliendo i vari contenitori in cartone delle patatine gettandoli nei sacchetti marroncini dello stesso materiale.

<< tutto bene>> rispose non guardandomi negli occhi.

<< Youngjo>> lo richiamai con un tono di voce più serio, quasi da rimprovero. I suoi occhi incontrarono i miei ma la sua bocca rimaneva immobile, ferma, statica, non spiccicava parola; alzai le sopracciglia permettendo che sulla fronte comparissero quelle lineette orizzontali che erano le rughe d'espressione.

A quel punto sorrise sospirando, il suo sguardo tornò a concentrarsi sul tavolo e sui cartoni che attendevano solo di essere gettati nella spazzatura.

<< davvero, piccola sto bene>> ribadì questa volta guardandomi negli occhi.

<< okay, volevo solo assicurarmi che... stessi veramente bene, dopo quello che mi hai- che mi avete raccontato>> spiegai la mia preoccupazione.

Lo vidi guardarmi fisso negli occhi prima di aggirare il tavolo e raggiungermi dall'altro lato; mi ritrovai con il viso incorniciato dalle sue morbide e setose mani, i pollici mi accarezzavano le guance e gli zigomi con la stessa delicatezza con cui si tastava la pelle di un neonato, la mia mano destra toccò il suo polso risalendo lentamente verso il dorso, inclinai la testa verso la sua mano che tenevo ferma in quella posizione, volevo più contatto, volevo sentire di più il suo calore e la tranquillità che esso mi trasmetteva come fosse il calmante più potente esistente sulla Terra.

<< non smetterò mai di dirti quanto io ti ami>> sussurrò ad un soffio dal mio viso, le punte dei nostri nasi si solleticavano e i nostri respiri erano percepibili sulla nostra pelle.

<< non farlo allora, non smettere. Ripetimelo ogni volta che vorrai e non temere d essere ripetitivo perchè è bellissimo sentirselo dire da te, dalla tua voce. È bellissimo vedere le tue la labbra che prendono la forma di quelle sillabe ogni volta che pronunci quelle due paroline che racchiudono tutto ciò che io provo per te e che tu provi per me>> gli dissi io e dopo che le sue orecchie furono accarezzate dalla mia voce e dalle parole che essa pronunciò, unì le sue labbra alle mie in un semplice tocco leggero.

In seguito le nostre fronti di toccarono, mantenni gli occhi chiusi volendo ancora rivivere quel tocco che bramavo da quando aveva messo di nuovo piede in casa; neanche mi accorsi degli occhi tornati a farsi lucidi e della lacrima che iniziò a rigare il mio volto seguita da una seconda, da una terza finché l'espressione sul mio viso non tramutò; la fronte si aggrottò così come le labbra, il mio capo di appoggiò contro il suo petto e un singulto arrivò alle sue orecchie.

Avvolta dal suo calore non riuscì a resistere, dentro di me un turbine infinito di emozioni negative stava implodendo e io avevo bisogno di sfogarlo, di esternarlo per tornare a stare bene.

<< hey che succede?>> chiese allarmato il corvino non lasciando mai la presa sul mio capo che ora era pervaso dai tocchi delicati. Le mie mani si strinsero a pugno attorno alla stoffa della sua felpa che divenne subito umida a contatto con le mie lacrime salate.

<< vuole portarmi via Ariel>> confessai con la voce ridotta a singhiozzi, neanche io seppi come feci a formulare quella frase, ad articolare sillaba per sillaba fino a formare quelle quattro parole che, poste una dopo l'altra in una grammatica perfetta, formarono la frase che temevo a pronunciare perché l'avrei resa reale, avrei reso reale quella minaccia rivoltami poche ore prima.

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