Capitolo 70 ‹‹ Qual è il vero me? ››

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Alan pov

Quel giorno, come tanti altri da quando avevo messo piede sul suolo italiano, mi ritrovai rinchiuso tra le mura di quella che doveva essere solo camera mia, ma che in realtà si trasformò pure nella mia tana, nel mio ufficio, nella mia sala operativa.

Infatti, da quando ero arrivato nel paese europeo le occasioni che ebbi per uscire e fare il turista cinese furono scarse, quasi vicino allo zero, probabilmente a loro servivo più in casa che per strada, oppure tenermi segregato tra le mura domestiche era solo un modo per assicurarsi che non combinassi guai come l'ultima volta. Già, l'ultima volta. Come scordarsi la lavata di capo che mi fu rifilata da quello stronzo spilorcio di Park Gieun, ad essere sincero amcora non capivo cosa volesse ancora da sua figlia, l'aveva ripudiata, per lui lei era morta.

Allora perché continuare a renderle la vita un inferno?

Soprattutto ora che, a quanto pare, aveva trovato un suo equilibrio, un suo posto nella società. Nel mondo.

Su questo aspetto un po' d'odio lo provava anche nei miei confronti, l'ho notato subito.

Fin dal primo giorno in cui i miei passi incrociarono i suoi mi aveva sempre rivolto uno sguardo truce, colmo di astio e come dargli torto, ero io l'arteficie di tutto questo grande casino. Io, io e solamente io.

Era mia la colpa se a Skylar toccò subire tutto quello che ha subito, mia e dalla mia strafottenza non che ora sia cambiato più di tanto, diciamo che, forse, sto iniziando ad aprire meglio gli occhi e a farmi un esame di coscienza.

Wow, devo essermi proprio rammollito: lo stronzo, bastado e figlio di puttana sciupafemmine di Jung Alan stava perdendo la sua stronzaggine e bastardaggine iniziando a provare sentimenti quali pietà ed empatia; mi facevo tanto paura da solo quanto questo pensiero continuo che non voleva proprio saperne di lasciare la mia mente la faceva a me.

Io, che provo empatia? Assurdo, non era possibile.

Io ero lo stronzo egoista a cui importa solo di sè stesso e di nessun altro, ero colui che si portava a letto ogni ragazza carina e con un bel portafoglio solo per soddisfare quella che, nel corso del tempo, era diventata una vera e propria ossessione. Una mania che era iniziata come una semplice curiosità, si era tramutata in una vera e propria necessità di soddisfare quel mio amore spropositato verso l'atto sessuale; fare sesso non era più il provare piacere, ma il dover sfogare tutte le mie frustrazioni, tutta la mia rabbia, tutte le mie giornate storte. Ecco cos'era diventato per me il sesso, e quale modo migliore se non abbindolare qualche sciocca ragazzina ingenua ancora credente nel fantomatico principe azzurro esistente solamete nelle fiabe per ottenere ciò?

Dopotutto, era piuttosto facile; bastava far credere loro di essere le persone più importanti esistenti al mondo, senza le quali vivere era effimero, una futilità, e in breve tempo pendevano dalle mie labbra.

Sfortunatamente tra le mie grinfie è finita anche lei, Skylar, colei che ho sempre definito la mia scopata migliore; nessun'altra ragazza o donna con cui andai in seguito era minimamente paragonabile a lei. Così docile, inesperta, innocente... si faceva fare tutto ciò che desideravo, se le avessi detto di leccarmi i piedi sono sicuro che lo avrebbe fatto senza alcun problema. Solo in seguito a quella notte capì il motivo per cui mi era così devota: si era innamorata di me. Quella povera piccola ragazzina viziata si era presa una bella sbandata per me, incredibile, non mi era mai successa una cosa simile. Mai. E quando dico mai lo intendo davvero.

Mi ero comportato da vero ipocrita con lei, le avevo portato via la verginità lasciandole comunque un ricordino: un bel fagiolino che nel giro di nove mesi sarebbe uscito dal suo corpo.

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