III

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Quando arrivo vicino a casa di Hoseok, che abita vicino agli altri ragazzi, mi sento di nuovo in soggezione.

La conversazione di oggi con Min-Seo ha risvegliato i timori che mi hanno assalita quando ho ricevuto la chiamata dalla Hybe, e che mi sono affrettata a mettere a tacere non appena ho capito che, lavorativamente parlando e per una questione di appianamento di tutti i debiti, era l'opportunità di una vita. Avrei accettato anche se il lavoro fosse stato sottopagato? Con ogni probabilità sì, non sono così ipocrita da pensare che avrei rifiutato l'opportunità di vederli da vicino, di passare del tempo con loro, ma di certo il compenso mi ha convinta a prendere una decisione più in fretta.

Quando ho accettato il lavoro non sapevo che avrei dovuto occuparmi dell'inglese di Hoseok e Yoongi, ma il problema si sarebbe posto comunque. Li ho visti tutti e li vedrò spesso, nei prossimi mesi. Devo solo fare i conti con il fatto che passerò parecchio tempo con il mio bias, momenti che saranno dedicati a noi due soltanto.

Non posso dire di aver raggiunto il posto agilmente con i mezzi pubblici, ma almeno l'appartamento di Hoseok è uno dei più vicini all'ingresso del complesso di ville che è la mia destinazione. Vorrei perdermi a osservarle una per una – per curiosità del luogo più che delle persone che, oltre ai Bangtan, ci abitano – ma il dovere chiama, e non voglio perdere tempo, né fare pessime figure al primo incontro arrivando in ritardo.

Suono il campanello e la porta si apre un secondo dopo. Qualcosa mi fa pensare che, per ragioni di privacy e di sicurezza, i ragazzi non siano abituati a ricevere molte visite a casa. Sto per posare la mano sulla maniglia quando la porta si apre verso l'interno, rivelando il volto sorridente di Hoseok.

Gli sorrido e m'inchino, salutandolo, mentre lui si fa da parte.

«Park Soo-Yunssi, vieni, accomodati pure. Mi casa es tu casa. Non è inglese, ma da qualche parte dobbiamo pur partire, no?»

Quel saluto mi strappa una risata leggera, che lascio uscire mentre entro nell'appartamento e tolgo le scarpe. Hoseok mi indica un paio di pantofole che mi affretto ad indossare, prima di seguirlo per l'appartamento.

«Vuoi, uhm, fare un tour della casa? Non è niente di che.»

Vorrei che vedesse l'appartamento minuscolo che per anni ho diviso con la mia famiglia, che a giudicare dalle dimensioni potrebbe essere grande quanto il solo salotto della casa di Jung Hoseok. La mia stanza è mia soltanto, ora, ma per anni l'ho divisa – senza troppe storie, perché era quello che passava il convento – con i miei fratelli.

Ma devo ricordarmi che anche lui e i ragazzi hanno condiviso degli spazi minuscoli, agli esordi. Non è stato tutto rose e fiori sin dal principio, anzi.

«Volentieri. Vivi solo?»

Che domanda del cazzo. Sei proprio idiota, oggi.

Cerco di convincermi che la mia mancanza di brillantezza sia dovuta al vortice di emozioni degli ultimi giorni, e non al fatto che sto fingendo con i Bangtan una nonchalance che non posseggo.

«Sì. Dopo tanta condivisione, abbiamo bisogno dei nostri spazi, ora. Ci vogliamo ancora bene, ovviamente, ma... sai com'è, alcuni di noi, più di altri, hanno davvero bisogno di solitudine.»

So che sta parlando anche e soprattutto di Min Yoongi. Lo so perché credo di conoscerlo così bene da sapere anche i più insignificanti dettagli di lui, e so che ha la necessità fisica di passare del tempo solo, in compagnia di se stesso e nessun altro. È esattamente come me, in questo. Rifuggo le circostanze sociali come la peste, a cui preferisco di gran lunga una serata con un film o un drama in tv, o la lettura di un libro. Un po' di me time, come direbbero gli inglesi.

Non dico nulla di quel che penso. La decisione di non confessare il mio essere army e metterli così in allarme è ciò che più m'importa; vogliono che si sentano liberi di essere loro stessi, quando saranno con me, soprattutto i due che dovrò seguire.

«Posso capire» mormoro quindi, seguendolo per il tour della casa.

È tutta su un piano. Tutto è a portata di mano, ma c'è davvero qualsiasi cosa – compresa una stanza piena di specchi, che di certo Hoseok usa per allenarsi nelle coreografie. Non mi risulta difficile immaginarlo ballare solo, o in compagnia di Jimin e Jungkook, o di qualcuno degli altri, che potrebbe avere più difficoltà con le coreografie e necessitare di più tempo per apprenderle, più allenamento.

Mi perdo nei dettagli di quella casa che sa così tanto di lui, che è in grado di svelare anche i più piccoli dettagli della sua persona: se è abituato a rifare il letto al mattino, se asciuga la doccia dopo essersi lavato, persino come spreme il tubetto del dentifricio. È una persona normale, come chiunque altro, e sono onorata di poter vedere questo lato così privato di lui.

«Beh, è tutto qui» conclude Hoseok quando torniamo in salotto. Si avvicina a un tavolo spazioso, laccato di nero, che riflette tutte le luci nella stanza, e si accomoda a una delle sedie. Con una mano mi fa cenno di sedermi dove meglio preferisco. «Non è nulla di speciale. Ci passo così poco tempo, poi...»

«È bellissima, davvero. E non lo dico per cortesia» aggiungo, prendendo posto di fronte a lui.

Unisco le mani in grembo durante qualche istante di silenzio, poi gli rivolgo un sorriso accennato.

«Allora, com'è il livello d'inglese di Jung Hoseok?»

Come prevedibile, lui ride. «Pessimo. Il parlato, almeno. Riesco più o meno a capire quello che mi stanno dicendo o chiedendo, ma se devo esprimere quello che penso, beh, quello è un altro discorso.»

«Non è facile per noi coreani imparare l'inglese, ma nemmeno impossibile. Kim Namjoon ha fatto un ottimo lavoro, per esempio.»

«Best leader» dice Hoseok, e non riesco a trattenere una risata divertita.

È anche da questi piccoli dettagli che si capisce quanto siano legati l'uno all'altro, quanto la convivenza e i litigi di questi anni abbiano soltanto aiutato a costruire un legame forte, quasi indissolubile. Le loro strade si separeranno, un domani, ma sanno che potranno sempre contare l'uno sull'altro. Sette fratelli, ognuno con i suoi pregi e difetti, con i suoi angoli smussati per far parte di un'unica famiglia.

La chiacchierata con Hoseok comincia e prosegue anche dopo, quando decidiamo di avere troppa fame per riuscire a parlare con la pancia vuota. Kimchi, ramyeon, tteokbokki e quello che mi pare un altro centinaio di piatti finiscono in tavola, e né io né lui sappiamo bene da quale cominciare, quale pietanza azzannare per prima. Una volta dato inizio alle danze, però, è facile alternare un boccone a una frase, parlare dell'inglese, delle lezioni, della vita a Londra e dello stile di vita occidentale, quasi opposto al nostro.

Infine, prevedibilmente, arriviamo a parlare degli altri.

«...se Namjoonah non ci fosse, non saremmo qui. Nessuno di noi.»

Le parole di Hoseok cadono nel silenzio tra noi per qualche istante, scendono lente come neve ma calde quanto un raggio di sole. Non riesco a trattenere il sorriso, questa volta, né le parole.

«Avete un rapporto meraviglioso. So che ci sono litigi, come in qualsiasi famiglia, ma siete davvero uniti, e credo sia questo ciò che conta, no? Il fatto che cerchiate di superare qualsiasi difficoltà per restare insieme, sempre e comunque.»

Le sopracciglia di Hoseok si alzano così tanto da sparire oltre la sua frangia. Cerco di capire cosa l'abbia stupito di quel che ho detto, ma non riesco a individuare nulla di particolare fino a quando la sua bocca non si spalanca in un sorriso divertito e sorpreso al tempo stesso.

«Non ci credo! Sei una army

Porca puttana.




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V's corner:

Il primo incontro con lo studente Jung Hoseok non va proprio come Soo-Yun l'aveva pianificato, ma non è tutto qui :') fidatevi di me!

Il prossimo capitolo – perché questo è davvero mini – arriva domani sera.

아포방포,

V.

Both in this life and the next     |     Min Yoongi   [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora