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Note d'Autrice: buonsalve e buon lunedì! Ringrazio coloro che seguono la storia e l'hanno inserita nel loro elenco di lettura. Mi farebbe piacere ricevere qualche stellina o qualche feedback per sapere cosa ne pensate. Si sa che gli scrittori campano a pane e parole, non esitate a farmi sapere che ne pensate.

XOXO

HIMES


Pianse senza un reale motivo, o forse i motivi erano talmente tanti che non era facile discernerli tutti. Pianse per l'irritazione. Pianse perché aveva mantenuto integro il proprio orgoglio. La propria dignità. Però a quale prezzo? Il prezzo della sua libertà consisteva nel portarsi la morte di suo padre sulla coscienza? E lui, suo padre, sarebbe stato davvero fiero di come aveva gestito la cosa? Pianse perché l'autobus non sarebbe mai passato e lui sarebbe dovuto andare al lavoro a piedi, e certamente sarebbe arrivato in ritardo e quel ritardo gli sarebbe stato defalcato dallo stipendio. Pianse perché non poteva permettersi di perdere altri soldi e lui aveva appena schiaffeggiato una miniera d'oro, con una bellissima mascella irsuta tra l'altro. Pianse perché non aveva nessuno con cui confidarsi, con cui sfogarsi, suo padre era malato e il suo unico migliore amico, Scott McCall era scomparso inspiegabilmente da alcuni mesi. Il ragazzo era scomparso senza lasciare nessuna traccia dietro di sé, la polizia non aveva nessuna pista da seguire e Stiles non era del tutto certo che la malattia di suo padre e la scomparsa di Scott fossero due cose scollegate. Ricordava bene le notti insonni, i doppi e i tripli turni massacranti cui suo padre si era sottoposto durante le ricerche di Scott, durante i primi giorni, poi le prime settimane, i momenti più importanti. Ma gli inquirenti non avevano riscontrato nulla, nessuna anomalia, niente che potesse fornire loro un'ipotesi da postulare. Lo stress per le ricerche, la fatica e la sconfitta, si erano riversate tutte insieme su suoi padre e il suo cuore – già malato – non aveva retto. Ed ora eccolo lì. Rintronato dai farmaci, gli unici a tenerlo in vita, in un letto d'ospedale.
Passo dopo passo, con mille pensieri che gli vorticavano nella testa, Stiles raggiunse la caffetteria. Ad ogni passo una lacrima scendeva lungo la sua guancia e lui nervosamente l'asciugava con il dorso della mano. Arrivò al lavoro con oltre mezz'ora di disastroso ritardo, il proprietario sbraitò che gli avrebbe detratto il mancato lavoro dalla paga, ma non gli importava. O meglio, era talmente distante che qualunque cosa quello avesse detto lui non se ne sarebbe curato. La sua testa era con Derek, si chiese dove fosse ora, cosa pensasse di lui, se la sua scelta fosse stata la migliore. Ed il suo cuore era con suo padre, chissà se sentiva freddo, se le infermiere gli avevano rimboccato con dovizia le coperte, chissà quanti giorni ancora l'avrebbe tenuto in ospedale. Anche mentre serviva milk-shake e frappuccini non smise mai di piangere, rischiando un reclamo e di annacquare il caffè. Le lacrime trattenute fino a quel momento ora defluivano tranquillamente fuori dai suoi occhi. Eppure, invece di sentirsi sollevato, più leggero... più le lacrime sgorgavano più un peso gli gravava sullo stomaco. Con il grembiule imbrattato di lacrime, panna e fondi di caffè, mentre ripuliva il bancone con un panno umido sentì dire: "Allora, frocetto?", la nota sarcastica che impregnava quell'insulto bastò per presentare la sua costante spina nel fianco: "Danny", lo salutò Stiles, tirando su col naso, sperando che quello non notasse i suoi occhi rossi e gonfi, se Danny si fosse accorto che stava piangendo avrebbe insistito fino alla sfinimento per sapere per quale motivo lo stesse facendo e poi, una volta saputo, sicuramente avrebbe infierito. Perché Danny era fatto così. "Allora?", ripetè Mahealani, picchiettando con le dita sopra il bancone che aveva appena tirato a lucido. "Allora, niente, sto lavorando. Dunque, ordina un caffè oppure vattene", sibilò Stiles, evitando di guardarlo negli occhi per mantenere sicuro il suo segreto. Così, con quel sibilo, schioccò le labbra tra loro. Per tutta risposta Danny inarcò un sopracciglio, scettico. "Evita di fare la checca isterica con me, e piuttosto dimmi perché improvvisamente sei circondato da mega-fusti e soprattutto perché hai schiaffeggiato uno dei dieci uomini più ricchi d'America e perché il suo delizioso mastino-cioccolatino non ti ha staccato la testa a morsi quando l'hai fatto?". Stiles, cercò di tergiversare, fingendo di non capire a cosa l'altro si stesse riferendo. Fece spallucce e si voltò per lustrare la macchina del caffè. "Davvero non capisco cosa...".
"Frocetto", lo interruppe Danny, uccidendo le sue parole sul nascere. "Io leggo Vogue", continuò, inarcando allusivamente entrambe le sopracciglia, Stiles vide il suo riflesso nella cromatura della macchina del caffè. "Perché Derek Hale ti ha portato un mazzo di fiori e perché diavolo tu lo hai schiaffeggiato? Cazzo, vuoi morire come una checca vergine?!", strillò Danny, in maniera a dir poco isterica, e tutti i clienti nel locale, ovviamente, si voltarono verso di loro. E lo squadrarono da cima a fondo con i suoi occhi gonfi di pianto ed il grembiule sporco. Macchie rosse comparvero rapidamente sul suo collo per l'imbarazzo. "Preferirei che tu non urlassi i dettagli della mia vita sessuale", lo rimbrottò Stiles, imbarazzato, riuscendo tuttavia ad eludere le incalzanti domande di Danny. "I non dettagli, vorrai dire", precisò quello. Le sue sopracciglia sempre inarcate oltre ogni limite. Le sue domande erano ancora lì, latenti tra di loro. Finché non avrebbe ottenuto risposta, Stiles sapeva che Danny non se ne sarebbe andato.
"Allora?", ripetè quello per l'ennesima volta, petulante. "Allora prendi un fottuto caffè Danny. Altrimenti porta il tuo culo rotto da un'altra parte", sputò fuori Stiles, velenoso, poi con una manata spalancò la porta del magazzino e scomparve nello scantinato.
Quando ritornò nella caffetteria tirò un sospiro di sollievo nel constatare che Danny se ne era andato e che lui non avrebbe dovuto più sottostare ai suoi occhi inquisitori, ma soprattutto alle sue domande invadenti ed estremamente insistenti. Loro due non erano amici, l'unico motivo per cui Danny si era avvicinato a lui era per potersi impicciare e poi spettegolare su di lui, deridendolo ovviamente. Caricaturando allo stremo la sua persona, la sua vita, qualsiasi cosa lo riguardasse. Insieme al sollievo, tuttavia, provò anche qualcos'altro. Una sensazione ormai familiare, quella consueta stretta allo stomaco che sembrava essere collegata a doppio filo con Derek. Perché ogni volta che lui era coinvolto, qualunque cosa facesse, qualunque cosa dicesse, era in grado di scombussolarlo dall'interno. Quell'arrovellarsi di budella dipendeva dall'assenza di Derek. In fondo Stiles era rammaricato che Mr. Hale non fosse lì. Forse se gli avesse concesso di accompagnarlo quello si sarebbe trattenuto, forse l'avrebbe difeso dalle calunnie di Danny e Danny sicuramente sarebbe morto di invidia nel vedere uno dei dieci uomini più ricchi d'America sbavare per il suo culo. In senso metaforico, ovviamente. Ma Derek non era lì, perché lui gli aveva detto di andarsene e per la prima volta da quando si conoscevano Derek gli aveva dato ascolto. Era assurdo e paradossale, ma per la prima volta avrebbe voluto che Derek lo contraddicesse. Che d'improvviso sbucasse oltre l'uscio, con il suo sorriso enigmaticamente sfrontato e i suoi occhi languidi, gelidi e torridi nello stesso tempo. Occhi che quando ti prendevano ti cambiavano per sempre. Così proseguì il suo intero turno, con la sua testa che era da un'altra parte ed i suoi occhi che fissavano in maniera insistente l'entrata della caffetteria, certo che da un momento all'altro Derek avrebbe varcato la soglia. Perché Derek era Mr. Hale: era caparbio, testardo, tronfio, era colui che non accettava mai un rifiuto, che non reputava possibile che ci fosse qualcosa che non potesse essere comprata. Pensava che il suo schiaffo, anziché allontanarlo avrebbe reso Derek ancora più insistente, che avrebbe reso la sfida di possederlo ancora più stuzzicante. Invece Derek, come ogni altro uomo, era anche molto orgoglioso, ed il suo orgoglio ferito non gli avrebbe mai concesso di varcare quella soglia. Dopo essere stato rifiutato in maniera così plateale, Derek non sarebbe andato da lui ad implorarlo... poi di cosa? Piuttosto il contrario, sarebbe stato lui, Stiles, che avrebbe dovuto andare da Derek ed inginocchiarsi al suo cospetto, implorando una seconda... una terza chance. Il pensiero di lui inginocchiato di fronte a Derek gli fece sudare le mani, chiudere lo stomaco e stringere i pantaloni. Ma cercò di non lasciarsi sopraffare da quelle sensazioni, Derek era orgoglioso, certo, ma lo era molto anche lui e non si sarebbe lasciato comprare. Così diede le spalle all'entrata della caffetteria e smise di sperare.

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