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Come avrebbe fatto a trovare Derek? L'interno del museo era così gremito di persone che sembrava impossibile perfino riuscire a distinguere le varie sale, aggrappandosi alle tasche del cappotto di suo padre come se fosse la sua unica ancora di salvezza, si mescolò alla folla cercando di non rimanere sommerso. In fondo riconoscere la sala buffet non doveva essere troppo difficile, sicuramente ci sarebbe stato un buffet, perlomeno così presumeva. L'interno del museo era stato allestito per l'occasione, pesanti lampadari di cristallo pendeva dal soffitto e spargevano sulla folla bagliori di ogni colore, illuminando in modo spettacolare tutto l'ambiente. Orde di camerieri guizzavano impazzite da una parte all'altra del museo, portando con una mano sola lunghi vassoi d'argento con sopra tartine, finger food, sottili calici di champagne. Fu tentato di fermane uno e di chiedergli indicazioni riguardo la sala buffet, ma i camerieri sfrecciavano implacabili tra i vari gruppetti di persone che via via si erano formati e non sembrava così semplice riuscire a placcarne uno. Quando ormai stava per farsi prendere dallo sconforto, con la coda dell'occhio intravide una folta capigliatura scura e la maniera perfetta in cui le ciocche erano spettinate sulla fronte eliminò ogni suo dubbio. Era Derek. Così Stiles lo fissò in maniera tanto insistente che quello dovette percepire il suo sguardo sulla propria pelle, perché dopo appena qualche secondo si voltò nella sua direzione, come se l'avesse chiamato. Derek si voltò verso di lui e lo guardò intensamente negli occhi, in una mano stringeva un elegante calice di cristallo e non appena lo vide alzò il bicchiere nella sua direzione e gli sorrise. Con un sorriso diverso dal solito, non saccente, non sfacciato, non sarcastico e nemmeno enigmatico. Un sorriso vero, spontaneo, non sorpreso perché nella sua presunzione Derek era convinto che sarebbe andato, tuttavia era un sorriso sincero, che esprimeva quanto Mr Hale fosse felice di vederlo. Fu in quel momento che Stiles avvertì quanto l'uomo fosse gentile, percepì la bontà che era in lui e che sapientemente gli aveva tenuta nascosta. La dolcezza. A sua insaputa Derek si tradì. Poi però si ritrasse, ritornando indecifrabile come il suo solito, in un secondo pieno di passione e di incongruità. Dopodiché si andarono incontro l'un l'altro, i loro piedi si mossero nello stesso istante, come in un muto accordo. A metà della sala si raggiunsero, Stiles con il suo completo nuovo e le scarpe sportive e Derek con la sua giacca da sera slim fit in velluto, di un intenso rosso scuro, una giacca monopetto con finiture effetto seta su revers a lancia, tasche a filetto e bottoni. Con sotto una camicia scura in popeline, che aderiva come una seconda pelle alle fattezze perfette del suo torace. Il moro  non indossava né cravatta né papillon, eppure sembrava essere il più elegante in quella sala. Come se non avesse bisogno di quei futili accessori per spiccare, per distinguersi dagli altri e mostrarsi inequivocabilmente il migliore. E lo era.
Il ragazzo fu stordito da quella visione quasi innaturale, perché la bellezza di quell'uomo sembrava essere tutto tranne che spontanea, peritura, umana, era una bellezza ultraterrena, che non poteva appartenere a quel mondo. Derek aveva due braccia come lui, una bocca come lui, due orecchie come le sue, eppure sembrava essere così diverso, come se appartenesse a un'altra razza e quella umana fosse vergognosamente troppo imperfetta per appartenergli.
Quando furono tanto vicini che i loro gomiti riuscirono a sfiorarsi, Mr Hale bevve un sorso dal suo bicchiere e con le labbra ancora umide di champagne sussurrò: "Lo sapevo che saresti stato delizioso con quel papillon indosso", la sua voce era bassa e roca, resa melodica dallo champagne o forse dall'atmosfera in generale. Le guance di Stiles avvamparono subito per l'imbarazzo, non per la vergogna ma per un imbarazzo quasi piacevole, l'imbarazzo di sentirsi apprezzato e desiderato. 

Derek colse con sguardo attento il rossore delle sue guance e contribuì nel farlo aumentare quando gli disse: "Ma so anche che saresti ancora più delizioso con solo quello e nient'altro indosso", mormorò, con un tono così caldo e suadente che sembrava essere in grado di spogliarlo, di entrargli nelle viscere e fargli vibrare l'anima. Il ragazzo fremette, colto da un brivido di eccitazione a quelle parole. Completamente immerso nel marasma di emozioni che provava Stiles non fu in grado di formulare una frase di risposta, proferire una semplice parola, a malapena accennò un sorriso nervoso. Così fu l'uomo a prendere di nuovo la parola "Vieni", lo invitò, poggiando con una mossa agile il suo calice sul vassoio vuoto di un cameriere che passava lì accanto, e posando delicatamente l'altro mano sulla curva della schiena di Stiles, in una languida carezza. Con un leggera pressione gli fece cenno di seguirlo e lo stomaco del ragazzo si strizzò per l'emozione per quel semplice tocco. "Il guardaroba è da questa parte, così potrai toglierti il cappotto", continuò Mr Hale, invitandolo a seguirlo nel corridoio adiacente alla sala buffet. La proposta di Derek sembrava gentile e anomala, Stiles pensava che – in un evento del genere – ci fosse del personale addetto per la raccolta dei cappotti e non pensava che il delegato della Hale Holdings Inc Enterprise si sarebbe prodigato in un compito tanto umile. Magari faceva tutto quanto parte della sua proposta di tregua.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo Stiles seguì Derek e più si addentravano nel corridoio più le persone circostanti cominciavano a diminuire, il cicaleggio rumoroso della sala buffet ora arrivava alle sue orecchie sottoforma di leggero brusio. Con una mossa sicura l'uomo aprì l'ultima porta in fondo al corridoio, lo fece senza esitare, come se fosse un luogo che conosceva a menadito. Entrarono in un'ampia stanza in penombra ed effettivamente si trattava del guardaroba, Stiles ne fu quasi sorpreso: gli sembrava tutto troppo tranquillo, pacato, conosceva Derek e ormai aveva imparato a capire che con lui le cose non erano mai come sembrava.
Con le mani scosse da un leggero tremore fece uscire i bottoni dalle asole del cappotto e se lo lasciò scivolare lungo le braccia, Derek lo afferrò prontamente, in piedi alle sue spalle, e lo aiutò a toglierselo. Poi l'uomo sistemò il cappotto su un gancio lì vicino e gli solleticò il collo con il suo respiro che sapeva di tabacco e mentolo. "Adoro il modo in cui questo smoking esalta il tuo culo", gli sussurrò, con la bocca che quasi sfiorava l'orecchio di Stiles. Al ragazzo si strozzò il respiro in gola. Derek approfittò della sua difficoltà per prendere il sopravvento, il suo istinto dominante si era risvegliato o forse non si era mai sopito del tutto. "Adesso piegati e poggia bene le mani contro il muro. È giunto il momento di scontare la tua punizione per essere stato tanto insolente", sibilò, con tono autoritario, schioccando la lingua contro il palato. E Stiles sussultò, come se quello schiocco si fosse infranto contro la sua pelle. "Cosa...?", provò a biascicare, in difficoltà, con la bocca impastata e il cuore che batteva frenetico.
Derek si schiarì la gola, con un fare impaziente e poi sibilò: "Piegati... non lo ripeterò di nuovo. Fallo ora".
Ma Stiles esitò, il tono della voce di Derek, il significato delle sue parole, la penombra della stanza... tutto sembrava averlo colto alla sprovvista e non riusciva a fare niente se non stare lì impalato a boccheggiare. Era teso, intimorito e anche confuso. Avrebbe dovuto farlo? Avrebbe dovuto eseguire gli ordini di Derek? Consisteva in quello il loro accordo? Quelle domande che vorticavano furiosamente nella sua testa contribuirono a rendere le sue gambe ancora più rigide e instabili.
"Piegati o vattene, e questa volta non disturbarti a tornare!", rantolò Mr Hale, del tutto spazientito, trattenendo a stento un rantolo che gli saliva dal fondo della gola. L'esitazione di Stiles sembrava infastidirlo e molto.

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