113. 🔞

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Arrivoooo, in ritardo ma arrivo. 

Credo che sia la prima volta (in sei mesi, sette?) che aggiorno questa storia dopo una settimana. È davvero troppo 😝 per farmi perdonare capitoletto lungo e un po' smut. Che non guasta mai!

Mi auguro davvero che il capitolo vi piaccia. Ho disseminato qualche piccolo indizio sulle buone intenzioni future di Derek, chissà se qualcuno è in grado di coglierlo.

Adesso basta chiacchiere.

Correte a leggere.

Grandi baci,

Himes


113.

Cosa? Elicottero? Avrebbero volato?

Era trascorso più di un anno da quando lo avevano fatto l'ultima volta. E quella sarebbe stata la prima volta che volava con il suo nuovo corpo. Che percezioni avrebbe avuto? Il suo corpo licantropesco avrebbe sofferto l'alta quota? Ne dubitava. Forse sarebbe stata un'esperienza indimenticabile come tutte le cose che aveva provato nella sua seconda vita. Le percezioni sarebbero state amplificate.

Al ricordo di ciò che era successo l'ultima volta che avevano prese l'elicottero arrossì e il calore formicolò nel bassoventre. Anche se stentava a credere che stavolta Mr Hale lo avrebbe legato e scopato al sedile. Il sedile non avrebbe retto la potenza del suo nuovo corpo.

Gli si arricciarono le dita dei piedi per l'emozione e solo allora si rese conto che era ancora scalzo.

"Ehm. Fammi mettere le scarpe, almeno", bisbigliò, rosso come un peperone e con il cuore che batteva a mille per l'emozione.

L'ingombrante mazzo di rose era ancora in mezzo a loro e doveva far appello a tutto il proprio autocontrollo per non stritolarlo. Si mosse un paio di passi indietro e le rose sembrarono ringraziarlo con un sospirato fruscio di petali.

"Va bene, mai fai in fretta. Ci aspetta un lungo viaggio".

Oh, un lungo viaggio? Sarebbero andati di nuovo a Nassau? Le Bahamas sembravano essere il loro posto speciale.

Il suo corpo fremette d'aspettativa.

"Ci metto un secondo", e letteralmente schizzò nel portone fino al piano di sopra, s'infilò nello spazio lasciato dalla porta socchiusa e nella fretta infilò le sue Converse senza calzini. I licantropi non soffrivano di vesciche ai piedi, vero? Forse l'utilizzo dei calzini era un mero fatto estetico.

Ci badò poco, afferrò il proprio iPhone dal ripiano della cucina e spense tutte le luci. Chiuse la porta e un secondo e ottantasette millesimi dopo era di nuovo fuori. Era stato di parola, più o meno.

Ritornò di sotto, Derek e il mazzo di rose erano accanto alla Camaro. Gli aprì la portiera con un sorriso affettuoso, inarcando un sopracciglio di fronte alla sua scelta di stile. Pigiama azzurro di pile e Converse rosso ciliegia.

"Carino", sogghignò, porgendogli il mazzo di rose, perlomeno quelle si abbinavano al colore delle sue scarpe.

Stiles si infilò svelto nell'auto, mordendosi la lingua per non ribattere qualcosa di acido e rovinare l'atmosfera. Incastrò le gambe sotto il cruscotto basso e attese che il moro chiudesse lo sportello per lui. Che aveva il divieto assoluto di toccare qualunque cosa lì dentro.

Derek ancora non si fidava delle sue capacità di gestione della forza, non nella sua macchina.

Il viaggio in auto fu breve, quando si inoltrarono verso il centro città riconobbe la strada che portava in ufficio. Certo, l'elisuperficie sul tetto dell'edificio.

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