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Note d'Autrice: buonsalve e buon martedì!  Come promesso ecco il nuovo capitolo. Grazie a chi ha stellinato il precedente ❤️

Grandi baci. Himes 


Il resto della serata proseguì in modo piacevole, Derek non si staccò mai un secondo da lui e Parrish rimase a debita distanza. Stiles lo intercettò più di una volta guardarli in modo cagnesco ma non sapeva se il suo sguardo ostile fosse rivolto a lui o a Hale, i loro corpi erano così vicini che era impossibile distinguere a chi dei due si stesse riferendo.
Derek si muoveva nella sala gremita dai maggior esponenti di Beacon Hills e dell'intera California in maniera sciolta e disinibita, perfettamente a suo agio. Parlava educatamente con tutti, non facendo mai sentire nessuno escluso: brindava con i signori, complimentandosi per le loro azioni in borsa, e faceva il baciamano alle signore, facendole letteralmente sciogliere nelle sue mani. Ma nel farlo non smise mai di riempirlo di attenzioni: una carezza sul braccio, una mano che sfiorava la sua, le spalle che si toccavano appena. Con una mano poggiata delicatamente sulla curva della schiena lo guidava da una parte all'altra della sala, il suo tocco era leggero, senza risultare mai invadente. Ad ognuno lo presentava come il suo accompagnatore, elogiandolo come un brillante studente di letteratura inglese e come il figlio dello sceriffo, sorvolando sul fatto che suo padre fosse rintronato in un letto d'ospedale. Molti non lo sapevano, molti altri finsero di non saperlo.

Quando furono da poco passate le 11 p.m. la sala cominciò a svuotarsi, Derek lo guidò di nuovo verso il guardaroba per prendere i loro cappotti. Stiles fu attraverso da un fremito al ricordo di ciò che era accaduto poche ore prima, le sue natiche doloranti pulsarono, al ricordo dello scudiscio della cinghia contro la sua pelle nuda. Quando arrivarono al guardaroba c'era una bellissima ragazza ad attenderli di fronte alla porta, alta, pelle olivastra, lunghi capelli neri acconciati in una morbida treccia e uno scintillante abito da sera a risaltarne la sfigura slanciata. "Come posso aiutarvi, signori?", chiese affabile, sfoderando un sorriso di cortesia. Derek le sorrise di rimando e tirò fuori un ticket dal taschino della sua giacca, la ragazza lo prese e lo esaminò con occhi vispi. "Attendete qui, prego", disse e poi sparì, infilandosi nel guardaroba. Stiles aggrottò le sopracciglia, confuso, ripensò che quando loro erano entrati nel guardaroba non c'era nessuna ragazza. Allora si voltò a guardare Derek e nonostante quello stesse mantenendo un'espressione apparentemente indecifrabile, lo vide piegare un angolo della bocca nell'accenno di un sorriso. Dopo la faccenda degli autobus Stiles non si stupiva più di nulla, se Derek era riuscito a bloccare l'intero trasporto pubblico di una città far sparire una guardarobiera per un'ora doveva essere semplice come uno schiocco di dita. Avrebbe voluto inveirgli contro, ma non appena la ragazza riemerse dal guardaroba con i loro cappotti un nuovo pensiero gli scombussolò il cervello: per tutto il tempo non aveva mai pensato a suo padre, tranne che nel breve accenno con Parrish, si era goduto la sera, si era quasi divertito senza il solito coacervo di preoccupazioni a deprimerlo; e si sentì irrimediabilmente in colpa, come se non si meritasse una serata diversa dalle altre. In fondo, suo padre era catatonico in un letto d'ospedale e lui non aveva diritto di divertirsi, perlomeno così credeva.
Derek indossò il proprio cappotto, lungo e scuro, dal taglio classico, e poi lo aiutò a indossare il suo. Appena Stiles infilò le braccia nelle maniche fu pervaso da una zaffata del suo profumo di suo padre, l'odore del suo dopobarba lo punse nelle narici in maniera dolorosa, i suoi occhi cominciarono a pizzicare ma si impose di non piangere. Per distrarsi si concentrò sul movimento delle mani di Hale, che indugiarono un po' troppo sulle spalle.
Così uscirono insieme dal museo, erano rimasti pochissimi invitati oltre loro, guidandolo verso l'auto scura con la solita mano poggiata nella curva della schiena; nonostante ci fossero strati di vestiti e il pesante cappotto, tra di loro, il ragazzo riusciva a percepire il calore emanato da quella mano. Una strana sensazione gli strinse lo stomaco. Quando furono abbastanza vicini alla Berlina, Boyd scese dal posto del guidatore e gli aprì lo sportello, facendolo entrare per primo; poi fece il giro dell'auto insieme a Derek e fece sedere anche lui, aprendogli lo sportello dall'altro lato.
Per qualche minuto rimasero in silenzio nell'abitacolo, oltre al suono leggero del motore si avvertivano solo i loro respiri, poi Mr.Hale parlò per primo: "Dobbiamo siglare un contratto, per iniziare il nostro accordo. Ci sarà anche il mio avvocato", borbottò, quasi soprappensiero, senza neanche voltarsi a guardarlo. Erano a pochissimi centimetri di distanza; eppure, si ostinava a mantenere lo sguardo fisso davanti a lui. In realtà, le parole di Derek andavano parafrasate come "per iniziare a scoparti".
Cominciò poi a sciorinare, con tutta una serie di paroloni e giri di parole, che avrebbero dovuto stipulare un contratto e poi Stiles avrebbe dovuto firmare anche un accordo di riservatezza, in cui si sarebbe assunto l'obbligo di non riferire nessun particolare a proposito del loro rapporto né alla stampa né a terze parti. Infine, avrebbe dovuto firmare una liberatoria di consenso su qualunque pratica sessuale avessero intrattenuto insieme.
A quel punto il ragazzo non sapeva come reagire, la sua prima reazione fu quella di indignarsi, praticamente Hale lo stava comprando - o meglio, prendendo in affitto - poi pensò che forse quella potesse essere anche una maniera per tutelarsi, insomma... c'erano tanti farabutti in giro e Derek avrebbe potuto anche scoparlo per settimane senza dargli uno spicciolo. In quel caso sarebbe stato letteralmente fottuto.

Giacché lui si era ammutolito, l'altro continuò: "Vieni domani mattina nel mio ufficio, per le 9" e mentre lo diceva, questa volta, si girò verso di lui in attesa della sua risposta.
Stiles si grattò la cima della testa, facendo una smorfia, poi bofonchiò: "Ehm... per essere arrivare a San Francisco mi ci vogliono quasi tre ore di metro".
Derek lo guardò scettico, con un sopracciglio inarcato, come se avesse appena detto un enorme cazzata. "Ovviamente manderò una macchina a prenderti", l'ovvietà con cui lo disse lo fece sentire un emerito idiota. In effetti, era ovvio che la puttana di Derek Hale non avrebbe mai più preso la metro.
"Ethan sarà da te alle 7", aggiunse.
Il ragazzo si limitò ad annuire e lanciando un'occhiata fuori dal finestrino si rese conto che erano appena entrati nel suo isolato, gli era sembrato che il viaggio fosse durato una manciata di minuti, il tempo di quella breve conversazione.
Boyd parcheggiò l'auto nel suo vialetto, lui e Derek si guardarono intensamente negli per dei secondi che parvero interminabili, poi Stiles sussurrò: "Ehm... io vado, allora...", era così nervoso che si morse il labbro inferiore senza rendersene conto, un guizzo attraversò fulmineo gli occhi glauchi dell'altro.
A quelle parole Boyd fece per uscire dall'auto, intenzionato ad aprirgli la portiera, ma Derek lo fermò: "Aspetta, ci penso io", disse, con tono deciso, e scese dall'auto. Stiles rimase piacevolmente sorpreso da quel gesto, non ricordava che Hale gli avesse mai aperto la portiera dell'auto o forse l'aveva fatto in un momento in cui era talmente infuriato con lui da non ricordarsene. Derek gli aprì lo sportello e lo accompagnò per tutto il vialetto, fino alla porta di casa. A quel punto si guardarono negli occhi, l'aria era così tesa da tagliarsi con un coltello.
"Posso darti il bacio della buonanotte o rischio di ricevere un'altra volta un pugno nell'occhio?", gli chiese, languido ma non lascivo, non c'era malizia nella sua voce, piuttosto... sembrava esserci una sottile nota di speranza, ben nascosta.
Stiles avrebbe voluto ribattere che in realtà non gli aveva mai dato un pugno nell'occhio ma solo due bei ceffoni, ma sapeva che avrebbe significato solo girare intorno alla domanda, e non rispondervi direttamente. Così non disse nulla, l'altro interpretò il suo prolungato ed estenuante silenzio come un rifiuto e si voltò di scatto, tetro in volto.
"Buonanotte Stilinski", mormorò, con tono strascicato, scendendo i gradini del vialetto.

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