55.

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Ed ecco a voi il continuo...


Stiles si voltò a guardarlo di scatto, mentre si fermavano accanto alla Berlina. Gli rivolse un'occhiataccia in cagnesco, mentre lo stomaco gli si stringeva dolorosamente per quell'insulto. Si sentì avvampare, per l'ira e per l'onta. Come si permetteva di parlargli in quel modo? In fondo, non avrebbe dovuto stupirsi se Hale gli dava della puttana, dopo che si era venduto come se lo fosse.

Ethan fece per scendere dal lato del guidatore, per aprirli lo sportello, ma Derek lo fulminò quasi avesse percepito che volesse intervenire in soccorso del più piccolo. "Ci penso io!", latrò il moro, minaccioso, mentre apriva la portiera e vi sbatteva dentro il ragazzino.

"Tu mi stai dando della troia? Lo sai che ero vergine fino una settimana fa!", uggiolò Stiles, ferito, mentre si rannicchiava sul sedile. L'uomo sbatté forte lo sportello, facendo tremare l'intero abitacolo, ma forse era solo il corpo del giovane a tremare violentemente. Fece il giro dell'auto e salì dalla parte opposta.

"Ah beh, una volta assaggiato il cazzo hai imparato presto come si fa!", sputò poi, sprezzante, schioccando la lingua contro il palato. "Allora? Ti sei messo in ghingheri per lui perché è davvero sexy con la divisa?!".

Stiles sussultò, punto sul vivo, sentendo i condotti lacrimali gonfiarsi per la rabbia e per il dolore. Perché si stava comportando in quel modo così perfido con lui? Solo poche ore prima era stato tutto cuori e arcobaleni. E quando l'altro pronunciò quelle ultime parole capì la che furia cieca di Derek derivava dal suo incontro con Parrish, sicuramente aveva capito che c'era qualcosa che legava lui e il vicesceriffo. 

Anche se sembrava che avesse frainteso e credesse che si trattasse di qualcosa di sentimentale. Forse temeva che fosse la puttana di Parrish, ma nel modo sbagliato. Forse non immaginava minimamente che Stiles stesse facendo il doppiogiochista.

Così l'uno sospettava dell'altro. Così l'uno immaginava i segreti dell'altro. E si odiavano per questo, perché non potevano fare a meno di desiderarsi. Di volersi. Di amarsi, forse.

Cercò di schiaffeggiarlo, stizzito e oltraggiato, ma con riflessi fulminei il moro afferrò il suo polso e lo bloccò con il palmo a mezz'aria. Gli occhi dardeggianti dell'altro lo inchiodarono sul sedile, facendolo rimpicciolire.

Ethan assistette al loro alterco con espressione contrita, senza però intervenire. Si limitò a guidare, gli occhi supplici rivolti verso la strada, mentre lo stava riaccompagnando a casa.

"Non ti permettere, ragazzino. Qui sono io che comando", lo ammonì Mr Hale, delineando bene quali fossero i limiti tra loro due. Limiti che entrambi avevano superato quando avevano smesso di fare sesso sotto coercizione e avevano cominciato a scopare come se stessero facendo l'amore. Adesso quei limiti sembravano essere dolorosamente stretti e, senza perdere qualche parte di sé, Stiles non riusciva a entrarci tutto.

"L'ho visto, sei un fottuto psicopatico", lo offese, con un retrogusto amaro che gli inaspriva il palato.

Derek inarcò un sopracciglio, quasi scettico. "Cosa?".

"Sei un cazzo di maniaco del controllo. Decidi il mio lavoro, i miei vestiti e poi riempi i miei cazzo di mobili come se stesse per abbattersi su di noi un fottuto meteorite", sbottò il più piccolo, non riuscendo più a trattenersi, mentre le lacrime riprendevano a sgorgare furiose dai suoi occhi slavati.

"E questo è un problema? Che mi sia preso cura di te?", sibilò l'uomo, con un'inflessione offesa nella voce, scrutandolo contrariato con le palpebre ridotte a due fenditure.

Stilinski si infervorò maggiormente. "Ti sembro un idiota? So badare a me stesso! Non ti stai prendo cura di me, mi stai controllando. Immagino che ci sia anche questo nel contratto, vero? Che sia tu a decidere le componenti e l'orario dei miei pasti! Vero? Di cosa hai paura? Che sia sulla digestione mentre ti succhio l'uccello?!".

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