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Buon pomeriggio e buona domenica!

Premetto che sono in arrivo dei capitoli difficili e che forse mi odierete (è quasi certo) però FIDATEVI di me. Sistemerò tutto. Promesso.

Buona lettura!

Grandi baci,

Himes


103.

Chok! Chok! Chok!

Il rumore era strano. Inquietante. Cercò di modulare il respiro su quel suono costante per infondersi un po' di calma.

Il letto d'acciaio, sotto di lui, era ghiacciato. Come quello delle sale operatorie o... dell'obitorio. Il suo corpo era rigido, teso, intirizzito. Il gelo penetrava nelle sue membra iniettandogli una soluzione strana nel sangue, che sembrava solidificarlo.

Al di sotto del camice ruvido, che sembrava fatto di cartapesta, era completamente nudo.

Rabbrividì.

Contrasse le dita delle mani in uno spasmo involontario.

Il macchinario smise di tuonare impetuoso e una voce robotica si diffuse dagli altoparlanti nella stanza asettica, che puzzava di disinfettante, senza finestre.

"Mr Stilinski, la prego, rimanga immobile. Altrimenti dovremo ripetere l'esame", la voce assunse delle note metalliche quando si scontrò con le pareti d'acciaio della camera.

"M-Mi dispiace ma... il b-braccio non smette di tremare", farfugliò, digrignando i denti per la paura, adesso era anche il suo tono a tremare.

"Faccia uno sforzo, per favore".

Ci provò, davvero, strizzò forte le palpebre e serrò le labbra. Irrigidì le braccia provando a mantenerle immobili sul lettino duro sotto di sé.

Il macchinario si riaccese, le luci che ne contornavano il profilo ripreso a lampeggiare, rosse e verdi come un semaforo impazzito. Il suo cuore singhiozzava seguendo quel ritmo psichedelico.

Chok! Chok! Chok!

Il rumore riprese e il letto si mosse, con uno scossone, avanzò pigramente fino a farlo affondare in quel cunicolo angusto. Gli si mozzò il respiro, sembrava che lo stessero tumulando. Come se fosse già morto.

Appena fu dentro, al buio, con il naso schiacciato contro le pareti della risonanza magnetica, il rumore cessò.

Grump! Granck! Grump! Granck!, rimbombò d'un tratto facendolo sobbalzare, colto alla provvista.

Il rumore era cambiato, adesso c'erano due suoni che si susseguivano costanti. A fasi alterne.

Sbarrò le palpebre e fissò il buio sopra di sé, senza vedere niente. Avvertì la vescica premere e pungere, gli scappava la pipì. Forse si stava pisciando sotto dalla paura.

Cosa stava succedendo? Stava davvero morendo? Cosa si prova a sapere di essere in procinto di morire? Rabbia? Disperazione? Paura?

Era così stordito e disorientato da non riuscire a provare nulla. Tutto appariva distorto, come se ricoperto da una spessa membrana, come se stesse sognando o stesse vivendo tutto intrappolato nell'involucro di qualcun altro.

Gli ultimi giorni erano stati frenetici, intensi, un susseguirsi di raggi, lastre, esami, aghi che lo pungevano ovunque. Non c'era un punto del suo corpo che non era stato bucherellato. Il panico, la paura, il terrore dell'incertezza avevano messo in pausa le loro vite.

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