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Buonsalve e buon inizio settimana! Ho deciso di allungare un po' i capitoli, altrimenti credo che questa storia non finirà mai 🫢 ancora siamo MOLTO lontani dalla fine e credo che supereremo abbondantemente i 100 capitoli 🥹

Ok, la smetto di spaventarvi. Cosa sporche in arrivo nei prossimi capitoli 🆘😻

Derek lo baciò, come aveva intimamente sperato che facesse dal primo momento in cui lo aveva visto entrare nell'ufficio. Continuò a tenergli il mento in una mano, e poi le dita salirono per la faccia del giovane, per allargargli la bocca con i polpastrelli, permettendo alla sua lingua umida di entrarvi.
Mr. Hale lo baciò in modo umido e molto molto sporco, affondando duramente la lingua nella sua bocca, come a volervi imprimere il proprio marchio.
Stiles rispose al bacio con gli occhi chiusi, premendosi contro il corpo dell'altro, con le braccia aggrappate alle sue spalle possenti, con le dita a giocare impazienti con i capelli neri, lì sulla nuca, lì dove erano più corti e più dilettevoli da acchiappare.
Il moro inclinò la testa, dettando un nuovo ritmo, a cui l'altro rimase al passo, con la testa dritta, rigida ed emozionata.
Derek gli succhiò maliziosamente le labbra, e poi intrecciò la lingua alla sua. Con la lingua l'uomo scavava nella bocca del ragazzo, per scoprire canali di piaceri che erano rimasti nascosti sino a quel momento: scavò dietro ai denti, nelle gengive, scavò in ogni parte.
All'improvviso la porta si aprì con un cigolio sommesso, che Stiles non udì nemmeno, e una voce imbarazzata squittì: "Oh scusate, non volevo interrompervi".
"Chiudi la porta e vattene, Mark", ringhiò Derek, eccitato e frustrato per quell'intromissione, senza neanche voltarsi. Stiles socchiuse le palpebre e lanciò un'occhiata frastornata dietro alle spalle di Mr. Hale, appena in tempo per vedere la faccia del ragazzo, ora rossa quanto i suoi capelli, scomparire mentre chiudeva la porta, portandosi via la sua acqua.
Il moro aveva ancora le dita premute contro la sua faccia, le loro labbra si erano separate il tempo necessario per permettergli di parlare, con i polpastrelli tirò e sistemò la pelle attorno alla sua bocca in modo da far aderire maggiormente le loro bocche. Quando Derek interruppe il bacio cominciò a succhiare la saliva che era colata agli angoli della bocca di Stiles, facendolo sospirare di prepotenza.
"Hai una gran voglia di essere scopato, per essere un verginello", sospirò il moro, con la voce resa roca dall'eccitazione, e una sottile vena divertita in sottofondo. Il più piccolo era così frastornato da non riuscire a rispondere, in quel momento riusciva a malapena a pensare.
"Andiamo sul tetto", borbottò Derek, allontanandosi da lui, mentre lo divorava con occhi pieni di desiderio.
Stiles strabuzzò le palpebre e cercò di ritrovare il fiato, spremette i propri polmoni senza alcuna pietà, per ricavare qualche molecola di ossigeno. "Vuoi scoparmi sul tetto?", chiese, con voce incredula, ma c'era anche altro, una cadenza appena maliziosa, che saltò involontariamente fuori dalla sua bocca.
Derek rise e poi finse di rifletterci sopra. "A dire il vero non ci ho mai pensato, ma lo aggiungerò alla lista dei posti dove ho intenzione di scoparti".
Il ragazzo si asciugò la bocca ancora umida di saliva con il dorso di una mano e quel gesto non sfuggì agli occhi dell'uomo, i suoi occhi vibrarono di desiderio, ma si trattenne dall'assalire nuovamente le sue labbra.
Stiles boccheggiò, senza fiato, sotto l'influenza dello sguardo di Derek. La sua gola era arida, adesso avrebbe davvero voluto quell'acqua.
Poi seguì l'uomo, in silenzio, fuori dal suo ufficio. Lungo il corridoio non incontrarono nessuno, raggiunsero l'ascensore e vi entrarono. Derek schiacciò il pulsante che indirizzava all'ultimo piano, e Stiles sentì la pressione aumentare a mano a mano che salivano. Perché stavano andando sul tetto?
"Comunque, per rispondere alla tua domanda di prima", esordì l'uomo, con voce seria. "Non sono sparito, ma sono stato impegnato a pianificare la tua prima volta, sai non mi hai assegnato un compito semplice. Non mi capita tutti i giorni di dover organizzare una prima volta da cinquanta mila dollari", spiegò, con tono pedante.
Stiles si sentì arrossire, rimanendo in silenzio. Non aveva scelto l'opzione più costosa per avidità, era ovvio che desiderasse di perdere la verginità in un contesto da sogno – come tutti – ma si sarebbe accontentato anche di molto meno. Gli sarebbe semplicemente bastato farlo senza che avesse l'impressione di starlo facendo per soldi, non voleva che fosse troppo freddo, meccanico, come un lavoro da sbrigare, e aveva scelto l'alternativa più costosa solo per mettere in difficoltà Derek e per fargli sborsare una quantità spropositata di soldi, era una ripicca, un atteggiamento infantile, ma delle volte aveva bisogno di un po' di leggerezza nelle sue giornate estenuanti. Poi, c'era stata una piccola e remota parte di lui che gli aveva suggerito la proposta più costosa perché, dopo tutto quello che aveva patito in quegli ultimi mesi – per non parlare degli ultimi giorni –, credeva davvero di meritarsi qualcosa di bello. Anche per una volta soltanto.
"E ho dovuto riprogrammare la mia agenda per prendermi due giorni liberi dal lavoro. Non è stato affatto facile, ma so che non torneremo in America prima di lunedì", aggiunse il moro, ridestando il castano dalle sue riflessioni.
"C-Cosa? In che senso non torneremo in America? Stiamo uscendo dall'America?!", strepitò, con una ridicola voce acuta.
Hale, per tutta risposta, gli rivolse un sorrisino soddisfatto. Era compiaciuto di averlo stupito, e ancora non aveva visto nulla di quello che aveva pianificato.
"Ma non ho preso il passaporto! Tu non mi hai detto di prendere il passaporto, dannazione! Aspetta, io non ho un passaporto!", scoppiò Stiles, parlando tutto d'un fiato, in preda al panico: stava per lasciare il paese, per due giorni, insieme a Derek Hale. Anzi, Derek avrebbe lasciato il paese mentre lui sarebbe rimasto bloccato alla dogana dell'aeroporto visto che non aveva mai avuto bisogno di farsi il passaporto, non aveva mai lasciato la California.
Le porte dell'ascensore tintinnarono, segnalando l'arrivo al piano, prima di aprirsi pigramente.
"Non hai bisogno del passaporto, se usi un jet privato", lo rassicurò Hale, con voce compiaciuta, gongolando di fronte al suo sguardo esterrefatto.
Stiles strabuzzò gli occhi, guardando ammirato il jet bianco fermo sul tetto, era come un aereo ma più piccolo, era lungo non più di sei metri. "Non vale!", squittì, indignato, quando lesse sulla fiancata la scritta HALE ENTERPRISES HOLDINGS INC. in rosso, accanto al logo della società. "Non rientra nei cinquantamila dollari se lo possiedi già".
Derek ridacchiò. "Ti assicuro che quando l'ho comprato l'ho pagato ben più di cinquantamila. E poi il carburante per cinque ore di volo costa".
"Cinque ore?!", gracchiò il giovane Stilinski, con voce acuta, cercando di fare mente locale su quanto si stessero allontanando. "Cazzo, non ho portato un cambio. Come farò a stare due giorni fuori?", pigolò, avvilito, dato che l'altro non lo aveva avvisato non era affatto preparato per quella partenza.
"Abbiamo tutto il necessario nella nostra suite", lo rassicurò il maggiore, e in quel momento Stiles si rese conto che neanche lui aveva con sé dei bagagli. Arrossì, per l'imbarazzo e l'eccitazione alla menzione della suite, la loro suite, dove molto probabilmente avrebbe perso la verginità. "Ho pensato a tutto io, sono stati due giorni intensi", aggiunse Derek, lanciandogli un'occhiata piuttosto allusiva. Stiles si imbarazzò maggiormente per il suo atteggiamento sconsiderato di poco prima, e si diede di nuovo mentalmente del coglione per come si era comportato. Rimase in silenzio.
Quando salirono sul jet, Stiles rimase piacevolmente sorpreso. Era tremendamente bello e lussuoso, gli interni erano color grigio perla, c'erano quattro comodi sedili tanto grandi da sembrare poltrone, posti a coppie uno di fronte all'altro, con un tavolino in mezzo; dietro ai sedili si stendevano due lunghe file di divani, dalla seduta in pelle color grigio chiaro, moquette damascata a terra, e un piccolo mobile bar verso la coda, con snack, tramezzini e bevande da consumare durante il viaggio.
"Chiudi la bocca, Stiles, stai sbavando", lo derise l'uomo, mentre lo superava e andava a sedersi sul divano. Il ragazzo sbuffò e lo seguì, poi si guardò attorno e gli sembrò strano che fossero soli, non era mai successo prima che insieme a loro non ci fosse anche Boyd, Ethan o qualche altro lacchè di Mr. Hale.
"Boyd ed Ethan non vengono con noi?", domandò, confuso e curioso, Derek si portava dietro il proprio cane da guardia anche per andarlo a trovare alla tavola calda e ora stavano lasciando il paese senza nessuno a proteggerli. Gli sembrava molto strano.
Il moro scosse la testa, in segno di diniego. "Non abbiamo bisogno di loro. Voglio stare da solo con te", borbottò, con voce sicura. "Hai paura che non riesca a proteggerti? Sta' tranquillo, sono un vero maschio Alpha", lo sbeffeggiò, ammiccando.
Stiles sbuffò e alzò gli occhi al cielo. "In realtà, ho paura perché è proprio da te che devo essere protetto", ribatté, con sarcasmo. Poi gettò un'occhiata a uno degli oblò e si accorse che non erano più sulla terraferma, il jet era decollato senza che neanche se ne rendesse conto. Sussultò.
"Cerca di rilassarti, sarà un viaggio abbastanza lungo", lo rassicurò il moro, in maniera gentile, e il ragazzo seguì il suo consiglio, lasciandosi sprofondare in mezzo ai soffici cuscini del divano.
Gli ultimi due giorni erano stati infernali, l'ansia che lo aveva pervaso per via della scomparsa di Derek lo aveva logorato lentamente, facendolo dormire poco e male. In quel momento sentì tutte le sue membra rilassarsi, le articolazioni sbloccarsi l'una dopo l'altra, spargendo sulla sua pelle una languida sensazione di benessere. Si addormentò in pochi minuti, colpa dell'alta quota, di quei cuscini così morbidi, o della semplice presenza di Derek, capace – paradossalmente – di rassicurarlo.
Si svegliò qualche ora dopo, a causa del suo stomaco ruggente per via della fame. Si tirò su a sedere, stropicciandosi gli occhi. Pochi secondi dopo mise a fuoco la figura di Derek, seduto elegantemente accanto a lui con le gambe accavallate e un laptop sul grembo.
"Ben svegliato, ragazzino", lo salutò, con un mezzo sorriso.
Stiles si imbronciò, a quel nomignolo, lo faceva sentire infantile e lui era già stato fin troppo infantile nelle ultime ore. "Credevo che non ci fosse connessione in alta quota", bofonchiò.
"Wi-Fi privato", rispose l'altro, continuando a premere le dita sui tasti.
"Credevo anche che avessi messo da parte il lavoro, per stare con me", sibilò il castano, infastidito.
Derek ridacchiò, mentre un guizzo attraversava i suoi occhi luminosi. "Hai ragione, ma stavi dormendo e tecnicamente il mio lavoro non ha occupato del tempo che potevamo trascorrere insieme".
"Perché non mi hai svegliato?", frignò, con voce lamentosa.
"Ti voglio ben riposato. Altrimenti non sarai in grado di reggere i miei ritmi, sono piuttosto esigente a letto", ammiccò il moro, con un ghigno malizioso.
Stiles si sentì arrossire furiosamente, per l'imbarazzo e per l'agitazione. Stava per perdere la verginità. E stava per farlo con uno dei dieci uomini più belli e più ricchi d'America, per soldi. Che situazione assurda. Il suo stomaco brontolò ancora, distogliendolo da quei pensieri molesti.
"Che ore sono?", borbottò poco dopo, addentando un tramezzino al tonno.
Derek si sollevò la manica della giacca, lanciando un'occhiata al quadrante del suo Rolex. "A San Francisco sono quasi le 3 p.m. ma a Nassau il fuso orario è tre ore avanti", rispose, con fare pragmatico, lasciandosi sfuggire dove stessero andando.
"Nassau?", sbottò Stiles, sgranando gli occhi. "STIAMO ANDANDO ALLE BAHAMAS?", urlò, eccitato.
"Hai detto cinquantamila, no?".
Il ragazzo trovò la bocca di Derek prima con le labbra che con gli occhi: fu un bacio lento, per permettergli di durare più a lungo.
Pochi secondi dopo una voce meccanica, robotica, pervase la cabina e annunciò l'atterraggio, intimando di spengere tutti i dispositivi elettronici. Poi si dissolse con un ronzio. 

Atterrarono su una pista disegnata sul tetto di un vecchio edificio, eretto in mezzo a dei capannoni industriali. Appena scesero dal jet trovarono un uomo ben piazzato, calvo, vestito di tutto punto, con tanto di giacca e cravatta nonostante ci fossero almeno venticinque gradi, con un grande cartello bianco tra le mani, con su scritto HALE. "Ben arrivati a Nassau, spero che abbiate fatto buon viaggio", li accolse, con un sorriso cordiale.
"Certo, grazie Oscar", lo salutò Derek, confidenziale, dimostrando di conoscerlo.
Stiles assisteva alla scena da spettatore esterno, non riusciva a capacitarsi che stesse succedendo davvero. Cioè, si trovava realmente alle Bahamas? Ne fu certo quando si guardò intorno: la luce rossastra del tramonto li avvolgeva pigramente, disegnando strani giochi di ombre sui loro visi, e in lontananza udiva lo scrosciare dell'oceano e il garrito dei gabbiani.
Lui e Derek seguirono Oscar in un piccolo ascensore di servizio, dopo pochi piani si ritrovarono nel parcheggio interno dell'edificio, dove li aspettava un'elegante macchina scura, simile a quelle che usava Mr. Hale.
"Il nostro hotel non è molto lontano, quindici minuti al massimo", lo avvertì il moro, mentre sedevano entrambi sui sedili posteriori.
Il giovane Stilinski annuì, nervoso, stava sudando. Letteralmente. I finestrini dell'auto erano serrati, e il motore ronzava in attesa che entrasse in circolo l'aria condizionata. Si tolse la giacca di jeans, rimanendo solo con la t-shirt a maniche lunghe, c'era uno sbalzo termico di almeno quindici gradi rispetto a San Francisco.
"In camera abbiamo dei vestiti più appropriati per il clima", borbottò il maggiore, togliendosi la giacca del completo e slacciandosi i primi bottoni della camicia. Stiles lo scrutò avidamente, scandagliando ogni centimetro del suo torace ampio, le spalle larghe, le braccia possenti, i muscoli perfettamente evidenti sotto il sottile strato di stoffa. Quell'uomo stupendo stava davvero per fare sesso con lui?
Derek fraintese la sua espressione corrucciata, cogliendo la luce preoccupata nei suoi occhi. "È normale essere nervosi, la prima volta", lo rassicurò, con voce gentile.
Il castano stirò i muscoli della faccia in un sorriso tirato, e non disse nulla. A quel punto lo avvolse una nuova agitazione, lui non sapeva niente di sesso, a parte la ricca cultura di porno che si erano fatti lui e Scott nei loro pomeriggi in solitaria, mentre sospettava che Derek fosse un amante esperto. Si sentì impacciato e a disagio. Pensò, con orrore, che forse a Derek non sarebbe piaciuto fare sesso con lui. Che non lo avrebbe trovato abbastanza bravo, abbastanza appagante, ma lui era vergine e l'altro lo sapeva. Sapeva a cosa stesse andando incontro. Poi si diede mentalmente dell'idiota, perché non si sarebbe dovuto preoccupare di niente di tutto ciò. Non avrebbe dovuto preoccuparsi se Derek ne fosse uscito appagato o meno, dopotutto lo stava costringendo a farlo, lo stava pagando. Avrebbe dovuto sentirsi indignato, ma proprio non ci riusciva. In fondo, se Hale avesse voluto solo scoparlo, avrebbe potuto farlo tranquillamente sul divano del suo ufficio, senza scomodarsi a portarlo a cinquemila chilometri di distanza, sborsando una barca di soldi per fargli avere una prima volta da sogno.

È ufficiale, invidio Stiles! Andare alle Bahamas con Derek Hale? Lo farei anche senza essere pagata 🤣

Quante stelline per me?

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