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Buon pomeriggio e buon venerdì.

Con questo capitolo concludiamo ufficialmente il dramma e lo strazio, credo che d'ora in poi ci sarà solo gioia e serenità. A meno che la mia mente perversa non partorisca altro dramma... ma ne dubito.

Ringrazio coloro che hanno creduto in me finora e vorrei dare un pizzicotto a chi invece ha dubitato di me. Adesso piango. Perché dovete sapere che nonostante sia un po' perfidella, i drammi e tutti i traumi a cui posso sottoporre i miei personaggi, ci sarà comunque IL LIETO FINE. SEMPRE. IN TUTTE LE MIE STORIE.

Comunque vi voglio bene.

Spero di sorprendervi sempre.

Buona lettura.

Grandi baci,

Himes


106.

C'erano sette figure che accerchiavano il letto su cui era distesa la salma di Stiles. Le lenzuola erano state cambiate, erano bianche e immacolate. Come una corolla di neve attorno a un corpo altrettanto candido. Anche il corpo del ragazzo era stato ripulito. Se ne era occupato Derek personalmente. Aveva deterso le sue ferite e il sangue rappreso tutt'intorno.

Gli aveva infilato un pigiama nuovo, per darsi l'illusione che stesse solamente dormendo. Consapevole, tuttavia, che forse da quel sonno non si sarebbe risvegliato mai.

Il suo pensiero gli arrovellava le viscere in un groviglio indistricabile. La faglia di dolore che gli squarciava il petto e lo stomaco rigurgitò altra sofferenza nel suo sangue. Circolò nel suo organismo come una dialisi di tormento.

Il segno delle sue mascelle brillava livido creando un contrasto osceno con la pelle pallida, cinerea.

Ogni volta che poggiava lo sguardo sull'ombra lasciata dai suoi denti sul collo di Stiles un lama invisibile gli lacerava l'anima e gli annebbiava la vista.

Il dolore era così atroce da fargli mancare il respiro.

Credeva che essendo un umano avrebbe avuto una percezione sommaria delle cose, sfocata, nebbiosa. Invece, riusciva a percepire ogni cosa.

Ogni. Fottuta. Cosa.

Aveva perso il super udito e la super vista, era forte leggermente sopra la media per un uomo qualunque. Ma il suo cuore sembrava aver sviluppato un'empatia tutta nuova, che superava persino i suoi poteri da licantropo.

Gli umani soffrivano così tanto, dunque? Come riuscivano a sopravvivere?

"Dobbiamo seppellirlo", singhiozzò John, affranto, con gli occhi umidi poggiati sul cadavere del figlio. Sembrava guardarlo senza vederlo davvero.

"No", ruggì Derek, autoritario. Si parò davanti al corpo esanime come uno scudo umano.

"Sono passati tre giorni. Comincia a puzzare", sibilò Peter, aspro, roteando gli occhi.

Mr Hale lanciò un'occhiata allarmata al cadavere del suo Compagno, cercando di valutare l'effettivo stato di decomposizione. Se avesse cominciato a marcire non avrebbe più potuto portarlo indietro. Forse avrebbe dovuto immergerlo nel ghiaccio, avrebbe rallentato lo sfaldamento.

Strizzò le palpebre, colpito da una feroce emicrania. Era la prima volta in vita sua che provava il comune mal di testa. Era terribile. Come facevano gli umani a vivere con quelle costanti sofferenze? Come facevano a compiere le comuni azioni quotidiane se erano costantemente tormentati dai malesseri fisici?

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