.54. rapina.

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Thomas

Abbassai lo sguardo sulle mie mani gonfie e sanguinanti.
Pulsanti e spaccate le mie nocche non facevano altro che far fuoriuscire sangue e la mia mente era annebbiata, non riuscivo a vedere nulla, solo come una grossa nuvola nera di fumo che mi si parava davanti agli occhi privandomi di vedere.
Non lo ho fatto davvero...
La voce acuta di Elly rimbombava nelle mie orecchie facendomi continuare a fissare in cagnesco Cole, steso a terra.
Cosa ho fatto?
Aaron strinse la presa sulle mie spalle per trascinarmi via e si avvicinarono anche Nick e Nathan che iniziarono a parlarmi.
L'ho fatto davvero?
Le spalle imponenti di Aaron mi si piantarono davanti senza lasciarmi più vedere così abbassai lo sguardo.
«Thomas che cazzo!» imprecò seguito dai mori alle sue spalle.
«Ma ti sembra normale?!» disse Nick.
Non seppi come rispondere.
Dopo quello che avevo fatto se ne sarebbe andata via. Ma non poteva andare via anche lei.

Mi svegliai per terra con una coperta di sopra e delle fasce alle mani.
Mi issai sui gomiti per guardare meglio dove mi trovassi.
Ero in salotto, era tutto pulito.
I miei ricordi della sera prima erano troppo vaghi e non riuscivo a ricordare cosa fosse successo dopo quella sigaretta.
Mi alzai dal pavimento dolorante e raggiunsi il divano.
Presi il cellulare e trovai un messaggio da Aaron.
"Ehi homo di Neanderthal, svegliati!"
poi un altro.

"Ohi!! Svegliati! Noi siamo già tutti fuori, vuoi essere ucciso a colpi di pietra da Chuck?"
l'ultimo.

"Cole è venuto anche con la testa spaccata, sbrigati a venire idiota."

Cole! La rapina! Dannazione.
Mi alzai di scatto dal divano mettendomi le mani nei capelli.
Sono fottuto.
Salì le scale di corsa sbottonandomi la camicia della sera prima.
La buttai per terra poi cercai di fare la stessa cosa con i jeans.
Quando rimasi solamente in boxer aprì la porta di camera mia frugando nei cassetti.
Cercai la tuta in ogni singolo angolo della cassettiera ma non la trovai.
Spostai le lenzuola, gli scaffali e poi la trovai incastrata tra una gruccia e l'altra.
Indossai la tuta nera poi però non presi i passamontagna.
Kyleen doveva pagare.
Doveva pagare per tutto.
Presi la pistola riposta nel cassetto, la stessa pistola di quando ero arrivato lì per la prima volta.
Thomas Tyler Murphy ha una paura fottuta.
E deve disfarsene.
"I veri uomini non hanno paura Tyler" la sua voce rimbombava nella mia testa come un fastidioso eco.
"Smettila di piangere, i veri uomini non piangono" smettila papà...
Affondai la testa nel cuscino provando a soffocare un urlo sbattendo i pugni sul materasso.
Poi mi alzai e riposi la pistola nei pantaloni respirando a fatica.

«Si va a rubare...per l'ultima volta» scesi le scale di corsa e mi infilai in macchina.
Alzai lo sguardo verso lo specchietto retrovisore per guardarmi meglio poi misi in moto.
Non riuscivo a pensare a qualcosa che non fosse mio padre.
Quella faccia mi avrebbe perseguitato in ogni sogno, in ogni uomo anziano glielo avrei rivisto.
Mia madre invece doveva semplicemente essere liberata.
Si era rovinata la vita ad entrare in quella dei Murphy.
Un suocero violento, un marito violento, un figlio scappato e che altro?
Una madre rinchiusa alla struttura.
Poi presi il cellulare.
«Ehi siri, chiama "Occhioni"» la voce robotica proveniente dal cellulare disse qualcosa che non capì nemmeno poi avviò la chiamata.
Il cellulare squillava e lei non rispondeva.
«Cazzo!» lei non può venire, io non sono in me.

Ma che ne sa di me...se solo sapesse cosa ho dentro se ne andrebbe come hanno fatto tutti.

Poi una voce dolce e assonnata mi rispose dall'altro capo del cellulare.
«Thomas?» disse facendomi sussultare.
«Selene, Selene tu non...tu non puoi venire ed io...»
«Thomas? Tutto bene? Io sono già qui...che ti prende, stai delirando?»
«Macchè! Tornatene a casa, di corsa» fece una piccola risatina.
«Sono serio»
«Ti aspetto» chiuse la chiamata.

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